In cambio dell’esercizio fisico un Apple Watch a 25 dollari

Un Apple Watch ad appena 25 dollari, circa 23 euro, potrebbe essere un ottimo incentivo per tenersi in forma. Ne è convinta Vitality, una società statunitense, che fornisce servizi legati alla salute, che sta per iniziare un programma in tre aziende in cui gli impiegati possono acquistare il dispositivo al prezzo stracciato a patto di raggiungere per due anni degli obiettivi prefissati di esercizio fisico.

I primi a beneficiare del programma, racconta il Wall Street Journal, saranno gli impiegati di Amgen Inc., una compagnia biotech, di DaVita HealthCare Partners, che fornisce servizi sanitari e quelli della compagnia di assicurazioni Lockton Cos. Chi aderirà al programma pagherà i 25 dollari iniziali e 13,6 dollari al mese se non raggiungerà obiettivi come fare almeno 10mila passi al giorno o totalizzare un certo numero di minuti quotidiani di esercizi di cardiofitness. “Questo è il primo programma che utilizza l’Apple Watch – afferma il Ceo di Vitality Adrian Gore -, e la compagnia farà dei report con i dati aggregati dei partecipanti e informazioni come il tasso di partecipazione e i risultati raggiunti”.

Quello di Vitality non è l’unico programma dedicato al fitness dei dipendenti, per cui secondo il quotidiano le aziende americane hanno speso nel 2015 in media 693 dollari per impiegato. Fitbit, ad esempio, che produce uno dei più braccialetti che registrano l’attività fisica più venduti tra gli indossabili, ha affermato di avere tra i clienti oltre mille compagnie.

fonte La Repubblica

Salute: imparare un nuovo sport a 50 anni rafforza il cervello

Non solo cruciverba o sudoku per tenere ‘in forma’ il cervello a 50 anni. Anche imparare un nuovo sport, affrontare la sfida di prime lezioni o allenamenti intensi può rafforzare le capacità cognitive e aiutare a mantenere in salute la memoria e l’apprendimento. E’ la teoria sostenuta dal John Krakauer, docente di neurologia e direttore del Center for the Study of Motor Learning and Brain Repair della Johns Hopkins University di Baltimora. “L’esercizio fisico regolare – spiega Krakauer al ‘New York Times’ – come ho spesso scritto, è in grado di influenzare positivamente non solo i muscoli ma anche il cervello”.

“Ci sono studi su animali che dimostrano che tenere in allenamento le capacità cognitive e fare attività fisica – ricorda Krakauer – aumenta il numero di nuove cellule cerebrali in alcune aree che sono parte integrante della memoria e del pensiero. L’impatto dell’apprendimento su una delle porzioni più primordiali del cervello è stato sorprendentemente sottovalutato dalla scienza – aggiunge il neurologo – Alcuni recenti studi neurologici hanno dimostrato che l’apprendimento di una nuova abilità fisica in età adulta, come ad esempio la giocoleria, porta ad un aumento del volume di materia grigia in alcune parti del cervello legate al controllo del movimento”.

fonte Panorama

Meningite, dal ministero della Salute invito alla prudenza per chi va in Toscana

Attenzione ai luoghi affollati, come le discoteche, per chi viaggia occasionalmente in Toscana. Mentre chi va abitualmente nella regione dovrebbe pensare alla vaccinazione contro il meningococco C. Il consiglio è del ministero della Salute, che oggi ha emanato una circolare per fare il punto sull’emergenza meningite che sta colpendo la Toscana. Nel 2016, sono stati 12 i casi segnalati con 4 vittime mentre nel 2015 sono stati 31, ricorda il ministero, con 6 decessi (in confronto ai 2 del 2014 e ai 3 del 2013).

Numeri che hanno portato le autorità regionali a varare un programma di vaccinazione straordinario, per cui per i medici di base c’è l’obiettivo della copertura del 75% dei propri assistiti tra gli 11 e i 20 anni e del 50% di tutti gli assistiti, da raggiungere possibilmente entro la fine di aprile. Secondo la circolare al momento non sono stati segnalati aumenti dei casi in altre regioni, mentre in Toscana l’area interessata è quella che comprende il territorio di Firenze, Pistoia, Prato, Empoli.

“In considerazione della situazione epidemiologica attuale, non si ritiene opportuno fornire indicazioni particolari a coloro che si recano per viaggi occasionali (lavoro o turismo) nelle aree maggiormente interessate dall’aumento dei casi (Azienda USL Toscana Centro) – si legge nella circolare del ministero -. Tuttavia, si ricorda che la frequentazione di locali molto affollati per alcune ore (per esempio discoteche), l’uso di alcol e la abitudine al fumo, durante i periodi con un aumento dei casi di malattia invasiva da meningococco, potrebbe aumentare il rischio di contagio attraverso il contatto ravvicinato con potenziali portatori.

Per soggetti che si recano per lunghi e continuativi periodi in Toscana (esempio, lavoratori e studenti fuori sede che mantengono la residenza nella Regione di origine) – aggiunge il documento
– è appropriato che la Regione di residenza metta a disposizione la vaccinazione per questi soggetti con le stesse modalità previste in Toscana”.

L’incubo meningite non riguarda soltanto l’Italia. In Gran Bretagna una petizione per estendere la vaccinazione contro il meningococco B, partita dalla mamma di una bimba di tre anni colpita dalla malattia, è stata però rifiutata dal governo, con la giustificazione della mancanza di fondi.

fonte La Repubblica

“La Buona Scuola”, ultimissimi giorni per la consultazione on line

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C’è ancora tempo fino a sabato 15 per partecipare alla consultazione pubblica su https://labuonascuola.gov.it, l’iniziativa promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero per l’Istruzione ed inaugurata lo scorso 15 ottobre, al fine di avviare un importante programma di riforme nel mondo della scuola.

Il progetto prende il nome da “La Buona Scuola”, il rapporto on line contenente una serie di proposte per ogni ordine e grado di istruzione scolastica, articolate in capitoli programmatici e volte ad affrontare le principali questioni pendenti nell’ambito dell’organizzazione dell’insegnamento, delle relative premesse e finalità, nonché del ruolo di ciascuno dei soggetti coinvolti.

Attraverso la registrazione e la consultazione del materiale sottoposto, – il questionario telematico, l’esame dei risultati dei dibattiti sul territorio ed il confronto nei forum per sezione – , sarà possibile partecipare con osservazioni e suggerimenti alle proposte in corso, in materia di assunzioni e superamento del precariato docente, percorsi di formazione e carriera, autonomia e abbattimento della burocrazia, revisione ed attualizzazione dei programmi di studio, agevolazione del rapporto tra scuola e lavoro, risorse pubbliche ed apertura ad investimenti privati.

All’esito della consultazione, i risultati raccolti saranno esaminati e contribuiranno all’elaborazione di un disegno di legge, poi sottoposto all’esame del Parlamento, mentre le Linee Guida predisposte dal Governo, integrate con le proposte di tutto il mondo della scuola, nel gennaio 2015 saranno concretizzate in decreto legge, con entrata in vigore comunque successiva all’anno scolastico 2015/2016.

Al 7 novembre, il sistema ha registrato ben 900.00 accessi, 100.000 partecipanti on line, 1200 dibattiti, 2500 proposte, 6000 commenti ed oltre 33.000 voti nelle stanze pubbliche della sezione “Costruiamo insieme la buona scuola”.

Parallelamente al cantiere digitale, “La Buona Scuola” ha attivato anche un tour nazionale attraverso eventi lungo l’intera penisola organizzati nel calendario disponibile al’indirizzo https://labuonascuola.gov.it/area/m/32/?_gmln_m=m4111 ed aperti alla partecipazione di Regioni, uffici scolastici, associazioni, fondazioni e privati.

Fonte: www.labuonascuola.gov.it

13 novembre 2014

Petula Brafa

Disabilità e Scuola: la protesta delle famiglie

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Si è svolta ieri 5 novembre la manifestazione in piazza Montecitorio a Roma organizzata dall’Associazione Onlus “Tutti a Scuola” (http://www.tuttiascuola.org/), operativa da oltre dieci anni nel settore dell’infanzia e costituita da genitori che  “in un paese normale … non dovrebbero essere costretti a rivolgersi alla Magistratura per garantire ai propri figli disabili un tempo scuola di qualità”.

L’iniziativa, – inserita nel ciclo delle agitazioni avviate martedì 4 dal raduno del “Comitato 16 novembre”, che raccoglie i malati di SLA e le rispettive famiglie, dinanzi al Ministero dell’Economia, e protesa verso la dimostrazione dei dipendenti pubblici, sotto l’egida delle maggiori sigle sindacali, attesa per sabato 8 – , ha contestato i tagli del governo nelle politiche scolastiche, a danno dei bambini e dei ragazzi affetti da disabilità.

Per visualizzare la gravità della situazione vissuta dagli interessati e dalle famiglie, i manifestanti hanno apposto una ghigliottina in piazza, a simbolo dirompente del grave problema sociale evidentemente sottovalutato dal governo.

 “Siamo qui perché la politica non conosce i disabili, anzi li condanna a morte quando fa finta di non vederli. Fa finta, come con l’ultima manovra di stabilità, di spostare le risorse verso qualcuno”, – ha dichiarato Toni Nocchetti, Presidente della Onlus “Tutti a scuola“. “Il finanziamento al fondo nazionale delle politiche sociali è assolutamente “ridicolo”, come l’ha definito il sottosegretario all’Istruzione del Pd Faraone, il finanziamento al fondo della non autosufficienza. Delle mance i disabili non sanno che farsene” – ha concluso.

Per sollecitare l’attenzione dell’opinione pubblica, l’Associazione ha inaugurato una campagna di sensibilizzazione unitamente a Il Fatto Quotidiano, pubblicando lettere e testimonianze provenienti da tutto il territorio nazionale.

“Sono lettere che raccontano di una scuola che muore intorno agli alunni più fragili” – ha spiegato il Presidente, lamentando il silenzio delle istituzioni.“Avevamo chiesto di incontrare il ministro Giannini, al quale vorremmo consegnare le lettere e provare a far comprendere al presidente del Consiglio che un Paese si governa insieme e soprattutto partendo dai più deboli,” – ha concluso – ,“ma probabilmente questa è una corda che suona stonata”.

Fonte: il Fatto Quotidiano, Tutti a scuola

6 novembre 2014

Petula Brafa

Medicina: nuova scoperta italiana nella diagnosi prenatale

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Dopo la pubblicazione sulla rivista “Journal of Prenatal Medicine”, è stata presentata a Roma la “NGPD Next Generation Prenatal Diagnosis”, ultima frontiera degli esami di villocentesi e amniocentesi genomica, in grado di aumentare dal 7% al 80% la attuale percentuale di diagnosi delle malattie genetiche.

Ne sono autori i ricercatori italiani della SIDIP – Italian College of Fetal Maternal Medicine, autorevoli esperti nello studio del DNA fetale, che del nuovo metodo diagnostico hanno illustrato la assoluta rivoluzionarietà.

“Mentre un tempo le normali amniocentesi e villocentesi erano in grado di analizzare solo il numero dei 46 cromosomi, oggi è possibile studiarne l’intima struttura” – ha dichiarato il dott. Claudio Giorlandino, ginecologo e segretario generale SIDIP. “Si possono così escludere, oltre alle anomalie cromosomiche più comuni, anche le più rare e gravissime patologie genetiche, dalle cardiopatie congenite alle malattie cerebrali, ai nanismi, alle forme di autismo conosciute, ai ritardi mentali sindromici e alle centinaia di altre sorprese che ogni giorno si scoprono dopo la nascita” – ha concluso.

Operando direttamente sul DNA fetale, l’esame si avvale di una tecnica già in uso per la diagnosi di una malattia genetica per volta, estendendo la verifica simultanea a centinaia di altre patologie.

“Abbiamo provato ad applicare la NGS Next Generation Sequencing alla diagnosi prenatale in utero ed è stata una scoperta eccezionale, senza precedenti”, – ha spiegato il dott. Alvaro Mesoraca, biologo e ricercatore SIDIP – . “Abbiamo messo a punto un software validato CE che identifica le patologie selezionate da diagnosticare sul feto. La Ngpd prevede lo studio di circa 300 geni che sono alla base della maggior parte delle malattie genetiche rilevabili in utero: patologie cardiovascolari, scheletriche, malformative, neurologiche”.

E ridotto è anche il rischio di abortività, compreso tra lo 0,1% e lo 0,2%, come ha illustrato il dott. Pietro Cignini, ginecologo e consigliere Sidip. “A dimostrazione della assoluta sicurezza della metodica,” – ha dichiarato il medico -, “lavori scientifici di alta evidenza clinica hanno stabilito come la percentuale di aborto tra chi esegue l’amniocentesi o la villocentesi e chi non vi si sottopone non sia diversa”.

Il pericolo eugenetico sembra scongiurato: la ricerca, infatti, punta essenzialmente all’immediatezza della diagnosi con cure intrauterine, non all’artificio di un nascituro perfetto su esecuzione di volontà genitoriali.

“Si mira alla diagnosi delle sole malattie note e non si analizzano i geni legati a malattie ad insorgenza tardiva o che danno solo probabilità di avere una patologia” , ha dichiarato il dott. Claudio Giorlandino, precisando inoltre che “il file con tutte le informazioni genetiche, una volta utilizzato, viene distrutto proprio per evitare un utilizzo non etico di questi dati sensibili e ‘pericolosi” ‘.   

Allo stato, l’esame, effettuabile dall’undicesima alla sedicesima settimana di gestazione, è accessibile in cinque centri privati a Roma, Milano, Bari, Catania e Umbertide (PG) e seguito, nell’ipotesi di rilevazioni a carico del feto, da un colloquio con il genetista per la valutazione delle successive procedure.

Fonti: rainews24, il sole24ore

5 novembre 2014

Petula Brafa

Lavoro: il lungo cammino verso la parità di genere (e retribuzione)

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Il traguardo verso il superamento delle disuguaglianze lavorative tra uomo e donna potrebbe essere dislocato al 2095, con ripercussioni non solo sulla giustizia sociale, ma anche sulla crescita economica.

Questi gli esiti ancora poco rassicuranti del Gender Gap 2014, il rapporto del World Economic Forum, – di cui è fondatore e presidente Klaus Schwab – , per la rilevazione dell’indice di disparità di genere nella partecipazione alla forza lavoro, nella remunerazione a parità di carriera, nella presenza nella classe dirigente e nella rappresentanza legislativa.

Sui 142 Paesi in esame, hanno superato per oltre l’80% le differenze lavorative solo 14 Stati, tra i quali la Norvegia, gli USA, la Danimarca, l’Islanda, il Burundi, il Malawi, la Moldavia; mentre si è classificata 114a l’Italia, con solo il 57% della disparità recuperata ed una posizione in caduta dalle precedenti rilevazioni del 2013, quando era 97a su 136 nazioni.

E, del resto, le statistiche nazionali confermano la contenuta partecipazione delle connazionali alla vita economica ed al mercato del lavoro, tanto per la contrazione occupazionale quanto per l’incrementabile sostegno alla maternità, che, – in assenza di strutture fuori dall’assistenza familiare – , induce all’abbandono lavorativo.

Il recente rapporto di Bankitalia, infatti, ha rilevato che una madre su cinque, – tanto più sotto i 24 anni e con bassa istruzione – , lascia il proprio impiego ad un anno e mezzo dalla nascita dei figli e che il tasso di occupazione femminile è inversamente proporzionale al numero dei bambini.

Tuttavia segnali positivi provengono dalla politica, designata ad interpretare in norme le istanze della società e recentemente aperta alla maggiore inclusione femminile, come ne attesta l’aumento in Parlamento ed al Governo, con guadagno di posizioni dalla 44a del 2013 alla 37a del 2014 e con l’auspicio, dichiarato dal Presidente Schwab, di adeguate risposte da donne a donne.

4 novembre 2014

Petula Brafa