Arriva Apa, tecnologia made in Italy che purifica l’aria con l’acqua /Video

Abbattere l’inquinamento, purificare l’aria che respiriamo con l’acqua. Grazie ad Apa, Abbattimento polveri atmosferiche (Air Pollution Abatement), tecnologia tutta italiana certificata dalla Commissione Europea come progetto di eccellenza nell’ambito del programma Horizon 2020. Apa è commercializzata, a partire da quest’anno, dalla startup Is Clean Air, controllata da Is Tech. L’azienda – spiega una nota – propone un approccio con impatto ambientale limitato, vicino allo zero: gli impianti Apa, distribuiti nelle aree d’utilizzo, creano delle bolle di aria purificata nello spazio circostante al sistema, per un raggio di aria depurata dagli inquinanti pari a circa 25-28 metri. Si tratta di una tecnologia di depurazione (depolverazione, degassificazione, disodorazione) che, attraverso l’integrazione di tre differenti processi chimico-fisico-meccanici, riesce ad abbattere gran parte degli inquinanti presenti in atmosfera, come Pm, NOx, SOx, CO, O3, CH4, benzene, alcol, acetilene, Gpl, ecc…. Ha costi di manutenzione contenuti, non utilizza filtri e non produce rifiuti speciali. Può essere impiegata tra mura di una fabbrica, negli uffici pubblici, nelle scuole, nelle piazze e nelle strade delle nostre città. Il tutto si basa sull’utilizzo di acqua, senza alcuna sostanza aggiuntiva, con consumi d’energia molto contenuti. Tra gli altri vantaggi: semplicità di produzione, installazione, gestione e manutenzione, dimensioni ridotte e flessibili in base all’ambito di utilizzo e alle prestazioni richieste, modularità, scalabilità e flessibilità d’impiego.

Is Clean Air, società costituita a febbraio 2015 e impegnata in queste settimane nel road show di presentazione del piano industriale ai principali investitori istituzionali, aprirà entro l’estate un impianto produttivo anche a Trento. Il presidente Pietro Calò ha firmato l’intesa per l’insediamento dell’impresa a Rovereto, nell’area tecnologica e produttiva di ‘Progetto Manifattura‘ (di proprietà di Trentino Sviluppo), polo green della Provincia autonoma di Trento. Oltre all’attività di produzione, nell’insediamento di Rovereto saranno svolte le funzioni di R&D evolutiva, di design, di progettazione industriale e di commercializzazione per le azioni di sviluppo operativo sul mercato italiano e sulle aree più interessanti di prossimità (Italia, Nord ed Est Europa).

“Abbiamo avviato un progetto, a Roma, – ha annunciato l’amministratore delegato di Is Tech Giuseppe Spanto – per realizzare la prima scuola ‘clean air’: grazie a un protocollo di intesa firmato da Is Tech e dal Municipio XI di Roma Capitale (a fine gennaio 2016), installeremo nella prima metà di aprile 2016 tre dispositivi Apa Large presso l’istituto scolastico Bagnera, nelle aree esterne della scuola dedicate alle attività ricreative dei bambini. L’intervento, nel suo complesso, mira a sensibilizzare insegnanti, alunni e genitori sull’importanza di respirare aria pulita, e sulla necessità di essere attenti, attivi e propositivi per non subire i danni da smog, oltre che quelli derivanti dal mancato agire che influenzano negativamente pure altri aspetti sociali”.

fonte adnkronos.com

Tumori: Lilt, in 15 anni tasso guarigione dal 40% al 61%

Un grande traguardo è stato raggiunto, in soli 15 anni, nella lotta contro i tumori: il tasso di guaribilità è passato dal 40% al 61% attuale. Un risultato ”enorme”, ha affermato oggi il presidente della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt), Francesco Schittulli, presentando la XV edizione della Settimana nazionale per la prevenzione oncologica, dal 13 al 21 marzo.

”Un risultato – ha spiegato Schittulli – che è stato reso possibile grazie anche alla prevenzione, con la promozione di corretti stili di vita, sana alimentazione, che vede l’olio extravergine di oliva uno dei protagonisti principali, attività sportiva e diagnosi precoce”. Fondamentale è però la Ricerca: ”Nel 2015 – ha ricordato Schittulli – la Lilt ha destinato 950mila euro, ottenuti dal 5 per mille degli italiani, a 13 progetti”. ‘La mia ricetta della salute? La prevenzione! Mangio sano, faccio sport, non fumo e non bevo alcolici‘ è lo slogan della Settimana Nazionale con l’obiettivo di informare la popolazione sull’importanza della prevenzione anche contro i tumori. Fondamentale, afferma la Lilt, è proprio la giusta alimentazione. Solo in Italia, ricorda Schittulli, ”tra 15 anni, il 20% della popolazione maschile e il 15% di quella femminile sarà obesa, ed oggi un bambino su 10 con meno di 5 anni risulta obeso. E’ opportuno, dunque, educare i più giovani su quanto sia fondamentale condurre una vita regolare e mangiare bene. Per questo la Lilt è impegnata nelle scuole, con il ministero dell’Istruzione, con progetti di educazione ai corretti stili di vita”. Ed in questo senso, ricorda la Lega ‘regina della prevenzione’ e’ la Dieta mediterranea, ricca di frutta fresca, di verdura e povera di grassi. Testimonial della campagna di sensibilizzazione è la cantante Anna Tatangelo. Dal 13 al 21 marzo, dunque, nelle principali piazze d’Italia e nelle Sezioni Lilt, con un piccolo contributo si potrà contribuire a rafforzare le attività della Lega e ricevere, oltre ad una bottiglia di olio extra vergine di oliva, un opuscolo ricco di informazioni e con ‘le ricette della salute’ dello Chef stellato Heinz Beck. In tutta Italia, inoltre, gli ambulatori Lilt accoglieranno i cittadini con medici, specialisti e volontari.

fonte Ansa

Facebook avrà più iscritti morti che vivi entro la fine del secolo

Un grande «cimitero virtuale», il più grande. Entro la fine del secolo, su Facebook ci saranno più morti che vivi. Secondo le statistiche, come riporta l’Independent, all’attuale ritmo di crescita il social network più famoso al mondo, nel 2098 conterà miliardi di persone ormai decedute ma ancora con un profilo attivo. A oggi, gli utenti che ogni mese utilizzano il social di Zuckerberg sono 1,5 miliardi, ma cosa succederà quando tutti i proprietari saranno morti? Facebook non cancella gli account anche se appartenenti a persone che ormai non ci sono più, lasciando il compito a parenti e amici del defunto di amministrare il profilo attraverso la funzione «contatto erede».
Il profilo diventa così «commemorativo», un ricordo per chi ancora resta in vita, visibile a tutti.

Il «turning point» del 2098
Hachem Sadikki, un ricercatore della University of Massachusetts, ha calcolato le tempistiche basandosi sul sempre più basso tasso di crescita del social network e ha stabilito che all’attuale ritmo di crescita e se continuerà a esistere, a partire dal 2098 il rapporto vivi/morti su Facebook si invertirà. Così il social network sarà caratterizzato da un enorme numero di account «morti», non eliminabili se non da chi è in possesso della password di accesso. Anche venendo selezionati come contatti erede non è infatti possibile eliminare completamente il profilo del morto. Secondo alcune stime, nel 2016 moriranno circa 970 mila utenti di Facebook: una cifra nettamente superiore ai 390 mila del 2010 e ai 580 mila del 2012, dovuta ovviamente al numero maggiore di utenti attualmente presenti sul portale. Onde evitare una situazione piuttosto spiacevole, è sufficiente che i soggetti desiderosi di entrare a far parte della community virtuale leggano il regolamento interno al sito e ripongano le credenziali al sicuro. Almeno per facilitare il compito agli eredi.

Il «contatto erede»
Facebook ha cercato di aggirare il problema chiedendo agli utenti di nominare un «Legacy contact», una sorta di esecutore online. Una persona scelta per gestire il proprio account se viene reso commemorativo. L’età minima per selezionare un contatto erede è di 18 anni. La nuova funzione arriva dopo 11 anni dalla nascita del noto social network in seguito a numerose polemiche su come Facebook ha gestito gli account degli utenti defunti.

fonte Il Corriere della Sera

Alzheimer, insulina direttamente al cervello con nanoparticelle spray

Un “nanogel” capace di trasportare l’insulina direttamente al cervello e agire così da terapia per l’Alzheimer senza gli effetti collaterali connessi all’assunzione periferica. E’ questa la scoperta fatta dall’Istituto di biomedicina ed immunologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibim-Cnr) di Palermo e pubblicata sulla rivista Biomaterials.

Il nesso tra insulina e Alzheimer. L’attenzione all’insulina nella ricerca sulla malattia neurodegenerativa non è nuova. Analogamente a quanto accade ai diabetici, i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer – conosciuto anche come ‘Diabete di tipo 3’ – sviluppano una resistenza all’insulina cerebrale e dunque una condizione considerata fattore di rischio per lo sviluppo della malattia. L’ormone, indotto come terapia sperimentale, è in grado di migliorare le facoltà cognitive in soggetti con l’Alzheimer, inibendo la neuro-degenerazione.

Un nanogel che arriva al cervello. La ricerca coordinata dall’Ibim-Cnr di Palermo ha permesso di realizzare delle nanoparticelle polimeriche (nanogels) in grado di trasportare l’insulina direttamente al cervello, evitando così gli effetti collaterali delle terapie ordinarie. “La consueta somministrazione periferica di insulina, utilizzata nella terapia diabetica, è un rischio per l’insorgenza e l’aumento d’ipoglicemia e resistenza all’insulina” spiega Marta Di Carlo dell’Ibim-Cnr. “Abbiamo quindi creato dei nanogels capaci di incorporare, proteggere e veicolare l’insulina direttamente al cervello (NG-In)”.

Lo spray nasale. Il team di ricerca, che si è avvalso anche della collaborazione dell’Istituto di biofisica del Cnr (Ibf-Cnr) e di alcuni Dipartimenti dell’Università di Palermo, ha prodotto questo nanosistema per la preparazione di uno spray intranasale. “Questa somministrazione è una strategia alternativa per superare la barriera emato encefalica (Bee) ed arrivare più velocemente al cervello, tramite la mucosa olfattoria e bypassando la periferia, dove potrebbe produrre effetti indesiderati” prosegue la ricercatrice. Secondo gli studiosi, NG-In è un promettente candidato per lo sviluppo di una terapia innovativa per l’Alzheimer.

Gli effetti neuroprotettivi. “I nanogels, piccolissime particelle polimeriche reticolate idrofile, sono stati prodotti attraverso un processo innovativo che fa ricorso alle radiazioni ionizzanti create da un acceleratore di elettroni, comunemente utilizzate per la sterilizzazione industriale di dispositivi biomedicali” spiega ancora Marta Di Carlo. “Gli effetti neuroprotettivi di NG-In sono stati verificati sulla capacità di inibire i diversi meccanismi neurodegenerativi (stress ossidativo, disfunzione mitocondriale, morte cellulare) indotti da Abeta, un peptide coinvolto nell’Alzheimer”.

Il ruolo dell’Igf-I. Un’altra ricerca condotta presso l’Università del Michigan e pubblicata di recente su Stem Cells Translational Medicine potrebbe invece rivoluzionare il modo in cui è trattato l’Alzheimer e persino fermarne l’insorgenza. I ricercatori hanno aumentato di circa 50 volte i livelli del fattore di crescita insulino-simile (IGF-I), una proteina che entra in gioco nei processi di proliferazione, migrazione e differenziazione cellulare. Si è visto che con l’aumento dell’Igf-I in una linea di cellule staminali neuronali queste hanno iniziato a produrre cellule cerebrali che sono risultate resistenti all’Alzheimer e persino in grado di riparare le cellule danneggiate dalla malattia. L’Igf-I blocca anche la perdita delle cellule del cervello e ha effetti anti-infiammatori. Inoltre, livelli ridotti di IGF-I sono associati al declino cognitivo. Al contrario, l’aumento di IGF-I nell’ippocampo (l’area del cervello dalla quale dipendono memoria e apprendimento) impedisce deficit cognitivi.

Trapianto di staminali neuronali. “Il trapianto di cellule staminali neuronali rappresenta un nuovo approccio interessante per il trattamento dell’Alzheimer” ha detto la ricercatrice Eva Feldman che ha guidato i suoi colleghi dei dipartimenti di neurologia e neurochirurgia. “Le cellule staminali neuronali hanno una capacità di auto-rinnovamento a lungo termine, il potenziale di differenziarsi in vari tipi di cellule neuronali e la capacità di fornire una fonte illimitata di cellule per la medicina rigenerativa”. Il trapianto di staminali neuronali si è già dimostrato efficace nel migliorare le funzioni del cervello e quelle motorie dopo l’ictus, il morbo di Parkinson e la SLA. Secondo i ricercatori, questi stessi risultati positivi si possono ottenere anche per l’Alzheimer. In effetti, recenti ricerche indicano che quando le cellule neuronali umane vengono trapiantate nel cervello di topi con Alzheimer, dopo dieci settimane la cognizione degli animali migliora così come il tasso di sopravvivenza dei neuroni e la funzione delle sinapsi.

fonte La Repubblica

Spid, identità digitale: si parte ma non tutti sono pronti

Domani il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, e il direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), Antonio Samaritani, daranno il via allo SPID, il Sistema pubblico per l’identità digitale. Ogni cittadino e ogni impresa potranno ottenere un PIN unico per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione italiana. Addio alla miriade di user e password da tenere a mente per interloquire con ministeri, regioni, comuni, scuole, fisco, previdenza sociale, aziende sanitarie, eccetera.

Si comincerà con un piccolo gruppo di amministrazioni centrali e periferiche che hanno partecipato alla fase sperimentale: Agenzia delle Entrate, Inps, Inail e Agenzia per l’Italia Digitale; le regioni Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche. Unico comune per ora è quello di Firenze. In tutto saranno offerti 300 servizi, in gran parte già disponibili. Le altre amministrazioni dovranno adeguare le piattaforme informatiche agli standard di sicurezza indicati dall’AgID.

Il Governo vorrebbe dare il PIN unico a dieci milioni di cittadini e imprese entro il 2017. Obiettivo ambizioso, perché significa che ogni Pubblica Amministrazione deve essere in grado di interagire con gli standard indicati dall’AgID. Comunque tutti i portali web della PA dovranno consentire l’accesso ai propri servizi tramite il PIN unico entro 24 mesi. L’identità SPID è costituita da credenziali con caratteristiche differenti in base al livello di sicurezza richiesto per l’accesso. Esisteranno tre livelli di sicurezza, ognuno dei quali corrisponderà a tre diversi livelli di identità SPID. Pubbliche amministrazioni e privati definiranno autonomamente il livello di sicurezza necessario per poter accedere ai propri servizi digitali.

Alla vigilia della conferenza stampa per il lancio dell’iniziativa siamo andati a vedere come si sono attrezzati i tre Gestori accreditati dall’AgID: Poste Italiane, Infocert e TIM Trust Technologies.

Ebbene, solo Poste Italiane sembra essere già pronta con il suo PosteID, già adottato per i servizi offerti dall’azienda. La soluzione di Poste, infatti, è abilitata per lo SPID, come si evince dal logo della pagina dedicata al servizio. Quanto a Infocert, ancora oggi nella pagina dedicata allo SPID c’è soltanto un modulo da compilare per prenotarsi. “Una volta inviata la domanda – c’è scritto – ti risponderemo al più presto all’indirizzo mail inserito”. C’è un annuncio di disponibilità del servizio anche sul sito di TIM Trust Technologies: “TIMid sarà disponibile a breve su Nuvola Store oppure sul nostro Store online. Dopo aver verificato la tua identità, ti invieremo le tue credenziali SPID e da quel momento potrai usarle per entrare nei siti che aderiscono a SPID”.

Sembra strano che a distanza di poche ore dall’avvio dello SPID i gestori non siano pronti. E c’è un’altra perplessità. L’Agenzia per l’Italia digitale ha sempre garantito che per lo SPID non si pagherà nulla, ma sui siti di Infocert e TIM Trust Technologies si precisa che il servizio “è gratuito per i primi 2 anni”. E dopo, quanto costerà l’eventuale rinnovo? Di cifre non c’è traccia. Non è un bell’esordio, almeno dal punto di vista della trasparenza.

fonte La Repubblica

Non solo il fegato soffre di epatite C

L’epatite da virus C non è solo una malattia del fegato. È vero che il virus Hcv aggredisce quest’organo e può provocare una malattia cronica epatica, fibrosi e persino un tumore, l’epatocarcinoma, ma la sua permanenza nell’organismo fa ben altro: crea infiammazione, che compromette altri sistemi e favorisce la comparsa di altre patologie. Ecco perché si dovrebbe parlare di malattia da virus C. Una visione nuova, di cui si è parlato a Boston in occasione della Croi (Conference on retrovirus and opportunistic infections). Spiega Giuliano Rizzardini responsabile della I Divisione di Malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano: «Tre pazienti su quattro, con un’infezione cronica da virus C, possono andare incontro a una serie di complicanze come crioglobulinemia (la presenza di proteine anomale nel sangue che possono provocare danni ai piccoli vasi, ndr), linfomi, diabete, problemi cardiovascolari o danni renali più facilmente rispetto a chi non ce l’ha. Eliminando il prima possibile il virus, si possono anche prevenire o controllare queste situazioni».

Le complicanze al rene

A partire dalle complicanze per il rene: oggi le formulazioni più innovative di farmaci antivirali, come il cosiddetto schema 3D (che comprende tre nuove molecole: ombitasvir, paritaprevir e dasabuvir, associati al ritonavir, che aumenta la risposta del sistema immunitario al virus) possono fare a meno della ribavirina, che presenta una nota tossicità renale (è in corso la modifica del foglietto illustrativo da parte dell’ Fda, l’ente americano per il controllo dei farmaci). E questo è già un vantaggio perché protegge il rene e impedisce la comparsa di anemie. Ma il problema principale è curare precocemente questi malati, proprio per evitare complicanze, e, possibilmente, con combinazioni di farmaci che impediscano lo sviluppo di resistenze da parte del virus.

Farmaci senza effetti collaterali

A tutt’oggi l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha previsto di trattare in Italia, a partire dal gennaio 2015, una prima tranche di 50 mila pazienti, quelli più gravi, con fibrosi del fegato e cirrosi, e persone che hanno subito trapianti (non di fegato, ma di altri organi o di midollo osseo). Ma adesso la comunità scientifica preme, e fa notare come un trattamento precoce, già nelle fasi iniziali della malattia, può rappresentare un vantaggio per il paziente e anche un risparmio economico, sulla lunga distanza, per il Sistema Sanitario Nazionale. Conferma Andrea Gori, infettivologo all’Ospedale San Gerardo di Monza e all’Università Milano Bicocca: «Pazienti con epatite C e con alterazioni degli zuccheri del sangue (anticamera del diabete, ndr), se trattati con farmaci antivirali, mostrano un miglioramento impressionante di tutti i parametri metabolici». E questo è solo un esempio. Oggi esistono farmaci non solo efficaci contro il virus C, ma anche relativamente privi di effetti collaterali (la durata delle terapie varia da 3 a 6 mesi, per una cura completa in oltre il 90 per cento dei casi), che permettono di trattare subito i malati, senza aspettare, come in passato, che la malattia progredisca.

Il problema dei costi

Il problema è quello dei costi, ma anche della performance dei farmaci stessi. «Chi si occupa di spesa sanitaria pubblica — commenta Massimo Andreoni professore di Malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata — deve considerare il prezzo dei nuovi anti-epatite C, ma deve tenere conto anche del peso, in termini economici, delle malattie correlate all’infezione da Hcv». Non solo, ma occorre considerare anche il rischio di trasmissione dell’infezione. «Una persona guarita — precisa Carlo Federico Perno virologo all’Ospedale Spallanzani di Roma — non infetta gli altri». Ultima considerazione come ha sottolineato a Boston Mark Sulkowoski della Johns Hopkins University di Baltimora: «Il trattamento anti-Hcv è complesso perché il virus muta e replica in tempi rapidi. Ecco perché le formulazioni di farmaci devono essere capaci di aggredirlo in più punti contemporaneamente».

fonte Il Corriere della sera

Le notizie arrivano in chat: le news si leggeranno via Messenger

«C’è una notizia per te». Lo squillo di una notifica sulla propria chat a breve potrà annunciare non solo l’arrivo di un messaggio ma anche quello di un articolo da leggere. A tentare questa nuova strada nell’editoria digitale potrebbe essere Messenger, il servizio di messaggistica di proprietà di Facebook. Un percorso già imboccato da Snapchat, chat molto popolare tra i giovanissimi, che ha stretto un accordo di recente con il Wall Street Journal.

L’indiscrezione arriva da Marketing Land e fa parte del piano della società di Mark Zuckerberg di far diventare Messenger, che oramai ha un pacchetto di 800 milioni di utenti, un universo separato dal social network e comprensivo di più opzioni. Secondo il sito, Facebook sarebbe al lavoro su un software che permette agli sviluppatori di creare una “chatbot”, cioè un programma che genera contenuti in automatico, all’interno di Messenger. E i primi a testare questa novità sarebbero proprio gli editori. Il servizio potrebbe funzionare in questo modo: gli utenti ricevono su Messenger la notifica di una notizia in breve, un link rimanda all’articolo completo sul sito della testata giornalistica. Oltre ad un nuovo modo di distribuire le news, la mossa apre nuovi spiragli ai guadagni sulla pubblicità. Il lancio ufficiale delle notizie su Messenger potrebbe avvenire alla prossima conferenza degli sviluppatori del social network (F8) che si terrà a metà aprile.

Lo scorso anno Facebook alla F8 annunciò proprio l’espansione della chat che ora ospita più di 40 applicazioni, permette gli acquisti online, lo scambio di soldi e anche le videochiamate come Skype. Secondo le indiscrezioni, ci sarebbe già una lista di editori pronti ad approfittare dell’iniziativa sin da aprile, tra questi Build. Del resto Facebook, divenuta oramai una gigantesca edicola, ha già una base di accordi stretti con la stampa per il servizio ‘Instant Articles’. È una specie di vetrina digitale che consente agli utenti di leggere gli articoli di una testata, in forma multimediale e interattiva, direttamente all’interno del social network. È attiva anche in Italia e dopo una fase di rodaggio con alcuni grandi gruppi, da metà aprile sarà disponibile per tutti gli editori indipendentemente dalle dimensioni e dalla nazionalità.

L’idea di Facebook di distribuire le notizie via chat, però, non è proprio originale. La sta già percorrendo Snapchat, l’app di messaggi che si auto-cancellano molto popolare tra i giovanissimi. Ad avere un canale di comunicazione privilegiato con i teenager ci sono circa venti realtà editoriali tra cui il Daily Mail e il Wall Street Journal. E anche la Casa Bianca è sbarcata sull’applicazione che conta 100 milioni di utenti attivi al giorno e che ha raggiunto Facebook nella visualizzazione dei video: 8 miliardi visti ogni giorno.

fonte Il Messaggero