Medicina: nuova scoperta italiana nella diagnosi prenatale

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Dopo la pubblicazione sulla rivista “Journal of Prenatal Medicine”, è stata presentata a Roma la “NGPD Next Generation Prenatal Diagnosis”, ultima frontiera degli esami di villocentesi e amniocentesi genomica, in grado di aumentare dal 7% al 80% la attuale percentuale di diagnosi delle malattie genetiche.

Ne sono autori i ricercatori italiani della SIDIP – Italian College of Fetal Maternal Medicine, autorevoli esperti nello studio del DNA fetale, che del nuovo metodo diagnostico hanno illustrato la assoluta rivoluzionarietà.

“Mentre un tempo le normali amniocentesi e villocentesi erano in grado di analizzare solo il numero dei 46 cromosomi, oggi è possibile studiarne l’intima struttura” – ha dichiarato il dott. Claudio Giorlandino, ginecologo e segretario generale SIDIP. “Si possono così escludere, oltre alle anomalie cromosomiche più comuni, anche le più rare e gravissime patologie genetiche, dalle cardiopatie congenite alle malattie cerebrali, ai nanismi, alle forme di autismo conosciute, ai ritardi mentali sindromici e alle centinaia di altre sorprese che ogni giorno si scoprono dopo la nascita” – ha concluso.

Operando direttamente sul DNA fetale, l’esame si avvale di una tecnica già in uso per la diagnosi di una malattia genetica per volta, estendendo la verifica simultanea a centinaia di altre patologie.

“Abbiamo provato ad applicare la NGS Next Generation Sequencing alla diagnosi prenatale in utero ed è stata una scoperta eccezionale, senza precedenti”, – ha spiegato il dott. Alvaro Mesoraca, biologo e ricercatore SIDIP – . “Abbiamo messo a punto un software validato CE che identifica le patologie selezionate da diagnosticare sul feto. La Ngpd prevede lo studio di circa 300 geni che sono alla base della maggior parte delle malattie genetiche rilevabili in utero: patologie cardiovascolari, scheletriche, malformative, neurologiche”.

E ridotto è anche il rischio di abortività, compreso tra lo 0,1% e lo 0,2%, come ha illustrato il dott. Pietro Cignini, ginecologo e consigliere Sidip. “A dimostrazione della assoluta sicurezza della metodica,” – ha dichiarato il medico -, “lavori scientifici di alta evidenza clinica hanno stabilito come la percentuale di aborto tra chi esegue l’amniocentesi o la villocentesi e chi non vi si sottopone non sia diversa”.

Il pericolo eugenetico sembra scongiurato: la ricerca, infatti, punta essenzialmente all’immediatezza della diagnosi con cure intrauterine, non all’artificio di un nascituro perfetto su esecuzione di volontà genitoriali.

“Si mira alla diagnosi delle sole malattie note e non si analizzano i geni legati a malattie ad insorgenza tardiva o che danno solo probabilità di avere una patologia” , ha dichiarato il dott. Claudio Giorlandino, precisando inoltre che “il file con tutte le informazioni genetiche, una volta utilizzato, viene distrutto proprio per evitare un utilizzo non etico di questi dati sensibili e ‘pericolosi” ‘.   

Allo stato, l’esame, effettuabile dall’undicesima alla sedicesima settimana di gestazione, è accessibile in cinque centri privati a Roma, Milano, Bari, Catania e Umbertide (PG) e seguito, nell’ipotesi di rilevazioni a carico del feto, da un colloquio con il genetista per la valutazione delle successive procedure.

Fonti: rainews24, il sole24ore

5 novembre 2014

Petula Brafa

Lavoro: il lungo cammino verso la parità di genere (e retribuzione)

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Il traguardo verso il superamento delle disuguaglianze lavorative tra uomo e donna potrebbe essere dislocato al 2095, con ripercussioni non solo sulla giustizia sociale, ma anche sulla crescita economica.

Questi gli esiti ancora poco rassicuranti del Gender Gap 2014, il rapporto del World Economic Forum, – di cui è fondatore e presidente Klaus Schwab – , per la rilevazione dell’indice di disparità di genere nella partecipazione alla forza lavoro, nella remunerazione a parità di carriera, nella presenza nella classe dirigente e nella rappresentanza legislativa.

Sui 142 Paesi in esame, hanno superato per oltre l’80% le differenze lavorative solo 14 Stati, tra i quali la Norvegia, gli USA, la Danimarca, l’Islanda, il Burundi, il Malawi, la Moldavia; mentre si è classificata 114a l’Italia, con solo il 57% della disparità recuperata ed una posizione in caduta dalle precedenti rilevazioni del 2013, quando era 97a su 136 nazioni.

E, del resto, le statistiche nazionali confermano la contenuta partecipazione delle connazionali alla vita economica ed al mercato del lavoro, tanto per la contrazione occupazionale quanto per l’incrementabile sostegno alla maternità, che, – in assenza di strutture fuori dall’assistenza familiare – , induce all’abbandono lavorativo.

Il recente rapporto di Bankitalia, infatti, ha rilevato che una madre su cinque, – tanto più sotto i 24 anni e con bassa istruzione – , lascia il proprio impiego ad un anno e mezzo dalla nascita dei figli e che il tasso di occupazione femminile è inversamente proporzionale al numero dei bambini.

Tuttavia segnali positivi provengono dalla politica, designata ad interpretare in norme le istanze della società e recentemente aperta alla maggiore inclusione femminile, come ne attesta l’aumento in Parlamento ed al Governo, con guadagno di posizioni dalla 44a del 2013 alla 37a del 2014 e con l’auspicio, dichiarato dal Presidente Schwab, di adeguate risposte da donne a donne.

4 novembre 2014

Petula Brafa

GENITORI E … FELICI: QUANDO L’ETA’ FA LA DIFFERENZA

famiglia

Se ad oggi il differimento dell’età genitoriale, nei Paesi occidentali, è stato ascritto all’evoluzione sociale, in via direttamente proporzionale alla tardività della realizzazione lavorativa ed alle preoccupanti valutazioni economiche correlate, diversamente un nuovo studio scientifico ha evidenziato il migliore rapporto tra la scelta procreativa consapevole, la maturità anagrafica e la percezione di felicità.

“Happiness: Before and After the Kids” (http://www.demogr.mpg.de/papers/working/wp-2012-013.pdf) è, infatti, la ricerca dei due studiosi Mikko Myrskyla della London School of Economics e Rachel Margolis della Canada’s Western University, condotta unitamente al German Institute for Economic Research e finalizzata a comparare l’andamento della felicità individuale e di coppia, scegliendo a parametro la nascita di un figlio in relazione all’età genitoriale.

Sulla base dei raffronti tra i soggetti esaminati, – selezionati in Inghilterra ed in Germania e sottoposti ad osservazione nell’arco temporale di ben otto anni – , è stato verificato che “l’età giusta per diventare genitori è quella compresa tra i 35 e i 49 anni”: in particolare, –  ha spiegato la dott.ssa Margolis – , “più si va avanti con l’età, più la nascita di un bambino aumenta il benessere dei genitori”.

Nel rapporto, inoltre, si legge che “coloro che hanno bambini in età più avanzata e hanno un’alta disponibilità economica rispondono più positivamente alla nascita di un bambino rispetto alle coppie più giovani e con un livello d’istruzione inferiore” e che “i bambini fanno la felicità di mamma e papà, (…) ma soprattutto nelle coppie che aspettano a dare alla luce un figlio”.

Diversamente, “chi ha figli tra i 23 e i 34 anni vede scemare l’entusiasmo dopo uno o due anni dall’arrivo del bebè, chi ha un bambino tra i 18 e i 22 anni, invece, vede diminuire la propria felicità non appena diventa genitore”.

Inoltre, nelle coppie d’età compresa tra i 35 ed i 49 anni, “la sensazione di benessere e di pienezza è al massimo livello dopo la nascita del primo bambino e raddoppia dopo la nascita del secondo”, pur rimanendo suscettibile alle problematiche demografiche, all’eventuale avvento di un terzo figlio.

Gli studiosi, infatti, hanno puntualizzato che, in tal caso, la scelta consapevole non può ignorare il contesto economico d’accoglienza del nuovo nascituro, tanto più in quanto trascende la ‘novità’ dell’esperienza e prescinde la naturale profusione dell’amore genitoriale, indubbiamente trasversale a ciascuno dei tre campioni anagrafici.

Fonte: Huffington Post

29 ottobre 2014

Petula Brafa

Essere o avere? Alla ricerca della felicità

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In quale misura la crisi economica e la flessione degli acquisti di beni di consumo incidono sulla felicità individuale percepita? Un budget ridotto ci indurrà a scegliere tra il possesso di un oggetto od un’esperienza?

Questi i quesiti che hanno ispirato la ricerca di Thomas Gilovich e Matt Killigsworth, i cui esiti sono stati recentemente pubblicati negli Stati Uniti dalla rivista “Psychological Science”.

Dalle rilevazioni condotte da Gilovich, professore di psicologia dell’Università di Harvard e dal 2003 studioso degli stati umani in rapporto agli “acquisti esperienziali”, è emerso che vivere un’esperienza, – una vacanza, un viaggio, una mostra, uno spettacolo – , induca ad una felicità più intensa dell’emozione suscitata dal possedere un oggetto benché a lungo desiderato.

La ragione essenziale della gratificazione, infatti, non investirebbe direttamente né il desiderio del bene, preliminare e preparatorio al suo raggiungimento, né la sua detenzione, superata dalla persistenza della precedente o di una nuova richiesta di soddisfazione.

Diversamente, la felicità individuale si esplicherebbe non solo nella consumazione dell’esperienza in sé, ma soprattutto nella sua rinnovazione ed estensione per tutto il tempo della nostra esistenza, ovvero nella sua suscettibilità ad essere rivissuta nella memoria personale.

In breve, lo studio ha evidenziato la traslazione della scelta dal modello “essere/avere” alla individuazione della migliore destinazione di spesa, in termini di appagamento individuale ed anche di riflesso collettivo, dal momento che è stato dimostrato che i soggetti privilegianti gli acquisti esperienziali sono anche i più propensi a svolgere attività sociali.

Infine, a differenza del bene di consumo, l’esperienza gode dell’attribuzione della nostra più privata predilezione: se infatti la comparazione con altri oggetti quand’anche superiori potrà farci dubitare della soddisfazione procurata da quello ormai posseduto, la consapevolezza di quanto vissuto ne porrà al riparo il ricordo da ogni vano confronto.

(Fonte: La Stampa)

Petula Brafa

Prevenire è vivere: Al Via la Campagna LILT “Nastro Rosa 2014”

header_nuovologoAnche nel 2014, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori dedicherà il mese di ottobre alla campagna “Nastro Rosa” per la prevenzione del cancro al seno.

Sul territorio nazionale, la LILT metterà a disposizione i propri 397 ambulatori, per visite senologiche e controlli diagnostici gratuiti, rivolgendosi alle donne,  alle affette da patologie mastotumorali e coinvolgendone anche le famiglie, nel segno della condivisione del cammino terapico verso la guarigione.

La manifestazione, alla sua XXII edizione in Italia, si candida a partecipare al calendario di eventi tematici previsti in ambito mondiale, in nome della sensibilizzazione allo screening ed alla cura.

Alla campagna 2014 aderiranno ben settanta Paesi, testimoniando la propria partecipazione colorando di rosa, la notte del 1° ottobre, i rispettivi monumenti, dalle Cascate del Niagara all’Empire State Building a New York, dall’Opera House di Sidney alla Torre di Tokyo, dal Ponte di Nan Pu a Shangai all’Arena di Amsterdam.

Vestiranno in rosa anche il Campidoglio a Roma, la Tower Unicredit e le vie del Quadrilatero della moda a Milano, i cui negozi, – in particolare il brand Estèe Lauder – , devolveranno una percentuale delle vendite in favore della LILT.

Mediata dalle tinte del glamour e dall’attrice testimonial Nicoletta Romanoff, l’iniziativa punta a ricordare con rinnovata urgenza l’importanza dei controlli periodici e della diagnosi precoce, tanto più efficace alla luce delle recenti statistiche di incidenza e diffusione nella popolazione femminile più giovane.

In Italia ci sono circa 46.000 nuovi casi all’anno di tumore mammario”, – ha dichiarato il Presidente della LILT dott. Francesco Schittulli, senologo e chirurgo oncologo – , “con un aumento di incidenza del 14% negli ultimi sei anni. Per le donne tra i 25 e i 44 anni, però, l’incremento è stato ben più alto, del 30% circa. Oggi, grazie a nuove tecnologie diagnostiche di imaging sempre più sofisticate, insieme alla risonanza magnetica mammaria, possiamo individuare lesioni millimetriche in fase iniziale, quando il grado di malignità e l’indice di aggressività del tumore sono bassi e il processo di metastatizzazione quasi nullo. Scoprendo un carcinoma sotto un centimetro la probabilità di guarigione sale al 90% e questo consente anche interventi conservativi, che non provocano danni estetici”.

Tutte le informazioni utili per l’accesso ai servizi clinici saranno rese disponibili ai siti www.lilt.it, www.nastrorosa.it ed al numero verde 800.998877.

Petula Brafa