Il Principe nel castello chiede la violinista in sposa

AVEZZANO. Come nelle favole, un momento romantico dal sapore cavalleresco ha sorpreso tutti la sera di sabato 27 aprile, al castello Orsini di Avezzano (AQ), al termine del concerto del gruppo “Chimera Ensemble”, l’evento conclusivo delle celebrazioni annuali alla Patrona di Avezzano, Maria Ss. di Pietraquaria. Preceduto  da un gonfalone con lo stemma di famiglia, retto dal cugino, ing. Maurizio De Rugeriis, il presidente del Comitato festeggiamenti, arch. Raffaello Di Domenico, è salito sul palco e parlando al microfono si è rivolto alla fidanzata, l’insegnante Tamara Manganaro, violinista delle Chimera Ensemble. Dopo un breve riepilogo sulla storia d’amore che coinvolge entrambi, il presidente Di Domenico ha recitato la seguente formula: “Amore, Principe lo sono per Diritto, perché la nonna di mio padre era figlia di un Re. Da quando sei entrata nella mia vita ho capito subito che eri quella giusta ma ho preferito attendere cinque lunghi anni, ora ritengo che non ci sia più nulla da aspettare. Quando ero bambino promisi a me stesso che il Principe si sarebbe rivelato al momento dell’anello, lo avrebbe fatto in pubblico, in presenza dello stemma e solo davanti a quella giusta. Ho mantenuto la promessa! Perciò…” quindi si è inginocchiato ed ha presentato l’anello alla fidanzata, chiedendola in sposa. Ricevuto il si, tra le lacrime della futura consorte confusa dalla gioia, le ha infilato l’anello al dito. Quindi, da musicista esperto, ha imbracciato la propria chitarra, dedicando alla promessa  sposa il brano “You raise me up” di Josh Groban, accompagnato dalle insegnanti Valentina Di Marco al pianoforte e Beatrice Ciofani al violino, con cui segretamente aveva preparato il pezzo. Al termine gli auguri dei presenti, festanti per i futuri sposi. La notizia, per il coraggio, la disinvoltura ed il gesto da nobile d’altri tempi del futuro sposo, ha avuto una eco straordinaria ed è finita sulle pagine dei quotidiani nazionali. La Redazione de Il Consumatore esprime i più sinceri e affettuosi Auguri a Raffaello e Tamara per il loro prossimo matrimonio.

Conferenza di venerdì 18 marzo 2016 “La Professione Tecnica oggi in Italia, confronti con altri paesi d’Europa”

La FEDERAZIONE TECNICI, riservata ad Architetti, Ingegneri, Geologi e Geometri liberi professionisti, organizza in Avezzano una conferenza presso il Municipio, per discutere della professione Tecnica. Lo scopo dell’incontro è di svolgere un lavoro analitico, di sviluppo e propositivo nella normativa delle professioni tecniche, per giungere a un pacchetto di proposte concrete, poi sottoscritte a livello nazionale, da consegnare ai colleghi presenti in Parlamento.

Desideriamo migliorare la situazione attuale, con l’obiettivo di giungere a un sistema normativo che riconosca più diritti, più tutele e più dignità ai liberi professionisti Tecnici. Come abitudine, nei nostri dibattiti figura sempre un invitato appartenente a un’altra categoria professionale. Ospite in questo incontro sarà l’avv. Leonardo Casciere, il quale ci illustrerà le problematiche professionali, comuni alle nostre, vissute quotidianamente dai legali italiani.

Ordine del giorno:
• Relazione dell’arch. Raffaello Di Domenico: “La professione tecnica in Italia e nel resto d’Europa”
• Intervento dell’arch. Massimo Germani
• Intervento dell’ing. Belisario Fantini
• Intervento dell’avv. Leonardo Casciere: “La professione legale oggi in italia e la Cassa Forense”
• Interventi vari

L’incontro avrà luogo VENERDI 18 MARZO dalle ore 16,30 alle 19,00, presso la sala conferenze del Municipio di Avezzano, in piazza della Repubblica. Gli Architetti, Ingegneri, Geometri e Geologi del territorio sono invitati a partecipare.

Arch. Raffaello Di Domenico
Coordinatore FEDERAZIONE TECNICI

Gruppo Facebook Federazione Tecnici

L’incontro di Azione Tecnici per il ripristino del tariffario professionale e la tutela della professione tecnica

Venerdì 5 febbraio si è svolto presso il Municipio di Avezzano l’incontro di AZIONE TECNICI sullo stato attuale in cui versa la professione tecnica, per discuterne tra colleghi e fare proposte e lanciare idee per un rilancio del settore nel nostro Paese. Il dibattito è stato intenso, anche se l’affluenza è stata di un numero limitato di partecipanti.

Verso le 17:00 sono state illustrate le motivazioni che hanno spinto il sottoscritto a creare il gruppo facebook di AZIONE TECNICI che conta oltre mille membri, con conseguente uscita dal mondo virtuale, per un incontro reale tra professionisti.

Gruppo Facebook AZIONE TECNICI
Per il ripristino del tariffario professionale e tutela della professione tecnica.
Architetti · Ingegneri · Geologo · Sindacato · Geometra

I punti trattati sono stati i seguenti:
– il POS, uno strumento superato di pagamento, è sufficiente un account Paypal per essere pagati dal cliente con carta di credito
– Dieci anni senza il minimo tariffario, proposte per il ripristino del Tariffario
– Rapporti tra progettista e committente, quali modifiche da proporre per la Deontologia
– Consegna del lavoro tecnico al committente anche se non onora la parcella, idee per una revisione delle norme vigenti
Attestato di Prestazione Energetica online, attendibilità del documento e considerazioni obiettive in merito
– Per un pacchetto di proposte per il restyling delle professioni tecniche, si è proposto nel prossimo incontro di fare un confronto, illustrando come nei paesi europei le figure dei professionisti tecnici operano e i tariffari che li riguardano.

Dalla platea alcuni colleghi hanno chiesto di svolgere un incontro di AZIONE TECNICI ogni mese in Municipio, pertanto il prossimo incontro avverrà nella metà di marzo 2016.

Raffaello Di Domenico

WhatsApp in tilt a Capodanno e l’azienda si scusa pubblicamente

Il giorno di capodanno WhatsApp è andato in tilt, non funzionava, si bloccava, non permetteva ne inviare ne ricevere messaggi, mentre milioni di utenti volevano inviare auguri ad amici e parenti.

A partire dalle ore 17:12 WhatsApp ha iniziato a manifestare problemi nell’invio e ricezione dei messaggi in tutto il mondo, segnalando in molti casi, una presunta assenza di connessione dati e costringendo l’azienda, che ricordiamo essere di proprietà di Facebook, ad ammettere su Twitter l’esistenza del problema sul servizio, ripristinato parzialmente alle ore 18 circa, ma con ricadute e blocchi continui, fino alle 23:20 circa, momento nel quale tutto è tornato alla normalità, consentendo fortunatamente a noi italiani, di poter inviare gli auguri per il 2016 con un messaggio gratuito.

Purtroppo però non tutti sono stati fortunati come noi europei ed in molte parti del pianeta, le tante ore nella quali WhatsApp non è stato operativo, hanno coinciso proprio con la mezzanotte, impedendo così l’utilizzo del servizio proprio in uno degli eventi dell’anno nel quale sarebbe stato utilizzato dai milioni di utenti sparsi nel mondo, costringendo diverse persone a cercare rapidamente una soluzione alternativa.

Il grave problema di ieri ha inoltre costretto il portavoce ufficiale di WhatsApp a rilasciare un comunicato ufficiale nel quale, scusandosi con tutti gli utenti per il disservizio, ha chiarito che il blocco è stato causato proprio dall’alto numero di messaggi inviati da tutto il mondo per il capodanno e che hanno causato il tilt di diversi server dell’infrastruttura di WhatsApp.

Il problema ora sembrerebbe fortunatamente rientrato del tutto e se in diversi Paesi è stato necessario trovare soluzioni alternative, almeno tutti noi abbiamo potuto utilizzare WhatsApp per inviare gli auguri per il 2016, con la speranza che il nuovo anno porti il servizio di messaggistica istantaneo più popolare del pianeta a migliorare ulteriormente la propria infrastruttura e non ricadere nell’errore.

di Umberto Buzzoni

Il paziente odontoiatrico

Dott. Roberto Antoni

Svolgo la professione di Odontostomatologo da più di venti anni e nel corso della mia attività lavorativa ho visitato e visto molti pazienti, alcuni con terapie odontoiatriche e piani di trattamento alquanto dubbi, altri, con terapie eseguite correttamente, con buona capacità e perizia tecnica da parte del medico che le aveva eseguite, unite ad una adeguata motivazione del paziente, che hanno permesso di mantenere, nel tempo, il lavoro svolto dal professionista.   Ognuna di queste situazioni, porta nel suo background, il rapporto tra medico e paziente e la ottimale realtà che si  e venuta ad instaurare , che nel tempo ti gratificano e ti rendono soddisfatto di svolgere il tuo lavoro professionale. Proprio su una di queste circostanze desidero porre la mia riflessione, che mi ha riportato indietro nel tempo, ai miei primi approcci con la terapia chirurgica implantare.

Nel mese di luglio 2007, la mia segretaria riceve la telefonata di una paziente, che richiedeva di essere sottoposta ad una visita di controllo prima di partire per le vacanze estive. Dopo una breve conversazione l’addetta agli appuntamenti si rendeva conto che la paziente, sulla quale era stata eseguita una terapia chirurgica implantare e successiva riabilitazione protesica, non veniva alla nostra osservazione da più di quattro anni. Essendo a conoscenza del tipo di screening da me richiesto per questo tipo di trattamenti, la segretaria consigliava alla paziente di eseguire una semplice ortopantomografia e presentarsi a visita a distanza di quindici giorni con l’esame strumentale richiesto.

Il giorno stabilito per l’appuntamento, la paziente si presentava alla mia osservazione con gli esami strumentali richiesti. Dopo una prima visita della cavità orale, che evidenziava la presenza di 12 elementi protesi superiori da 17 a 25 e 7 elementi protesici inferiori da 35 a 37 e da 43 a 46, una modica gengivite marginale con presenza di placca batterica pur non essendo presente sanguinamento al sondaggio.

La vera sorpresa è stata la visione dell’ortopantomografia, la quale evidenziava, che le corone presenti sugli elementi 13-14-16, 23-25 e 43-44-45-46, poggiavano su impianti endossei ed un più attento esame rilevava essere tutti impianti Straumann applicati in epoche diverse, che non presentavano alcun segno di riassorbimento osseo marcato, compatibilmente con l’età della paziente, che è di 72 anni. (foto 6).

   Si procedeva ad eseguire una terapia parodontale con ablazione del tartaro, levigatura e curettage considerando che la presenza di impianti endossei richiedeva alcune cautele nell’eseguire il piano di trattamento stabilito. Si invitava la paziente a mantenere una buona igiene orale con una terapia domiciliare di mantenimento ed a presentarsi ad una nuova visita a distanza di quindici giorni al fine di controllare se la terapia eseguita presso lo studio e quella indicata alla paziente da effettuare presso la propria abitazione erano andate a buon fine. Il successivo controllo,un buono stato di igiene della cavità orale e degli elementi dentali, si congedava la paziente augurandogli una buona vacanza ed invitandola a ritornare a controllo a distanza di tre mesi.

   Preso da una forte curiosità sono andato a ricercare nel il mio archivio, la cartella clinica della paziente per risalire a tutti gli interventi eseguiti e soprattutto, vedere in quale anno erano stati applicati i primi impianti. Nella lettura della storia clinica della paziente, riscontravo che quest’ultima si era presentata alla mia osservazione nell’aprile del 1993, per eseguire una riabilitazione protesica mediante impianti.

Dopo la raccolta anmestica della paziente, che non presentava controindicazioni generali, ne locali all’esecuzione degli impianti, furono prese le impronte dell’arcata superiore ed inferiore per lo studio del caso. Poiché mancavano gli elementi dentali 23-24-25-26-45-46, fu proposto alla paziente di applicare due impianti in zona 45-46 e tre impianti in zona 23-25-26, quest’ultimo con un intervento sul seno mascellare. La paziente accettò il piano di trattamento proposto, con l’eccezione dell’intervento in zona 26, per motivi personali, pur dandogli tutte le informazioni del caso.

Nel Maggio 1993 furono applicati, in due sedute chirurgiche differenti, per scelta della paziente, gli impianti.

Nella prima seduta, sotto la guida di una dima chirurgica, furono inseriti due impianti della Straumann, in zona 23- 25, del diametro di 4,1 mm e della lunghezza di 10 mm. Il primo, in zona 23, era un impianto cilindro-cavo con una angolazione di 15 gradi (non esistevano allora i monconi angolati), mentre il secondo era una vite cava standard. A distanza di due settimane, furono inseriti, sempre seguendo lo stesso protocollo chirurgico, gli altri due impianti Straumann del tipo vite cava del diametro di 4,1 mm e della lunghezza di 10 mm., nella zona 45-46.

La protesi sugli impianti, fu applicata a distanza di sei mesi, poiché, allora, la scuola consigliava l’applicazione di elementi protesi su impianti a distanza di tre mesi per quelli inferiori e sei mesi i superiori. Per il confezionamento degli elementi protesi, che avvenne nel novembre 1993, si optò per una serie di progettazioni tecniche. Per l’impianto in zona 23 fu realizzata, in laboratorio una mesostruttura avvitata all’impianto, mentre sul quello in zona 25 fu inserito un moncone di 6 gradi, rifinito nella cavità orale. Inferiormente si preferì eseguire una protesi con fissaggio transocclusale. Per le impronte di precisione, prese con materiali siliconici, furono utilizzati i componenti protesici allora a disposizione.

La protesi fu portata a termine nel dicembre 1993, con piena soddisfazione della paziente che tornò ai successivi controlli periodici, dapprima mensili e successivamente trimestrali per i due anni successivi all’inserimento degli impianti.

Da questa data, la paziente è ritornata nel mio studio, nel dicembre 2000, per farsi sostituire degli elementi protesi su denti naturali. La visione della orto panoramica evidenziò delle alterazioni a carico degli elementi dentali 13-14-16-43-44, tali da consigliarne l’estrazione.

Il piano di trattamento proposto all’epoca, fu quello di estrarre i denti non recuperabili e sostituire gli stessi con impianti a distanza di tre mesi. Per tale motivo nell’aprile del 2001, furono applicati 2 impianti all’arcata inferiore in zona 43-44 del tipo vite piena con un diametro standard, nell’arcata superiore furono inseriti due impianti standard in zona 13-14, mentre in corrispondenza della 16 fu applicato un impianto wide neck (WN) con concomitante grande rialzo del seno mascellare di destra.

Le successive protesi in oro ceramica e porcellana furono confezionate a distanza di quattro mesi. Fu consigliato alla paziente di sostituire anche le precedenti protesi fatte otto anni prima. A questo punto il problema era come integrare i precedenti impianti, che non presentavano alcun problema di sostegno con quelli attuali. Il nuovo ponte 23-24-25 fu preparato utilizzando i monconi su impianti preparati all’epoca per la parte inferiore si pensò di rimuovere le vecchie corone 45-46 con fissaggio transocclusale, applicare su questi impianti, una mesostruttura, mentre su quelli in zona 43-44 furono avvitati due monconi solidi dell’altezza di 4 mm. . Le impronte furono rilevate con materiale in silicone previa preparazione in laboratorio di transfert in resina epossidica per gli impianti 23-25-45-46, come già era stato fatto per la protesi 23-25, mentre per i restanti impianti furono utilizzati i transfert standard e confezionata successivamente una protesi unica in metallo ceramica da 43 a 46. La parte superiore di destra non presentò alcun problema tecnico fu semplicemente inserito un moncone solido angolato a 15 gradi sull’impianto WN e due monconi solidi alti 5.5 mm sugli impianti in corrispondenza del 13 e 14, successiva impronta in silicone e confezionamento di una protesi metallo ceramica 13 16. La riabilitazione protesi completa, con corone in metallo ceramica, previo montaggio in articolare, venne integralmente portata a termine nel novembre 2001, integrando gli impianti Straumann di vecchia generazione con quelli di nuova concezione, evidenziando come questa metodica implantare possa essere utilizzata con estrema facilità per la riabilitazione protesica, grazie al tipo di concezione continuativa fatta dalla casa.

La paziente ritornò ai controlli preposti per circa tre anni, poi nonostante i nostri solleciti a tornata solo recentemente e a parte la semplice gengivite per la quale sono state utilizzate le indicazioni terapeutiche del caso, gli impianti erano in perfetta salute (foto 7-8-9). La visione di questo caso mi fatto ritornare indietro nel tempo, quando nel 1988, ho iniziato ad interessarmi di implantologia; quando gli implantologi venivano annoverati come i dentisti della “terza dentizione”.

Sentenza storica, Abbanoa non può staccare l’acqua ai morosi

acqua 2da Cagliaripad

Abbanoa non può staccare l’acqua per obbligare gli utenti morosi a pagare quanto richiesto. Lo ha stabilito – secondo quanto riporta oggi il quotidiano L’Unione Sarda – il Tribunale di Cagliari, che ha dato ragione ad una donna di Maracalagonis che si era vista sigillare i rubinetti di casa per un presunto debito di quasi 7000 euro.

   Se ciò fosse consentito ad Abbanoa – scrive il quotidiano sardo – il fatto che operi in regime di monopolio costringerebbe i clienti a piegarsi alle sue richieste anche qualora fossero palesemente infondate. Dunque si toglierebbe loro la possibilità di vedere riconosciute le proprie ragioni in un’aula di giustizia.

   E’ il principio affermato dal Tribunale civile di Cagliari nel decreto con cui, lo scorso 31 marzo, ha accolto il ricorso dell’utente di Maracalagonis, ordinando ad Abbanoa l’immediato ripristino della fornitura idrica. In attesa di pronunciarsi sul merito – riporta L’Unione Sarda – cioè di chiarire se l’utente debba davvero tutti quei soldi richiesti, il giudice Mario Farina ha accolto in via cautelare la richiesta di sospensiva presentata dai legali dell’associazione Casa dei diritti. La causa è fissata per martedì 15 aprile.

Nel pomeriggio la replica. Nessun blocco agli slacci delle utenze che non pagano l’acqua da anni. Lo precisa, in una nota, Abbanoa, spiegando che l’ordinanza del Tribunale di Cagliari è unicamente relativa ad un ricorso d’urgenza di una cliente di Maracalagonis e non ha alcun ricaduta su altri procedimenti.

   “Prima ancora di entrare nel merito della vicenda (l’udienza è fissata per martedì 15) – precisa Abbanoa – il giudice ha disposto il temporaneo riallaccio: sottolinea come gli slacci debbano essere eseguiti soltanto dopo aver rispettato determinate procedure a tutela del cliente stesso. Questione che Abbanoa dimostrerà abbondantemente di aver eseguito (il provvedimento d’urgenza è stato adottato “inaudita altera parte” quindi prima del confronto con la controparte e cioè Abbanoa).

Dal 2008 a oggi l’utente in questione ha avuto ben sette procedure di messa in mora regolarmente concluse. Il debito è andato aumentando a causa del mancato pagamento delle fatture dal 2007 in poi che complessivamente sono state 16. Alla cliente sono stati concessi piani di rientro che però non ha mai rispettato. Nel rispetto della stragrande maggioranza dei clienti che regolarmente pagano il servizio erogato, lo slaccio è un atto dovuto di fronte a utenze gravemente morose da diversi anni. Siamo certi che quando il Tribunale entrerà nel merito della vicenda saranno riconosciute le nostre ragioni”.

   “Come tutti i gestori di servizi e di reti, non solo idriche – conclude la nota di Abbanoa – tutta la giurisprudenza nazionale dà legittimità agli slacci quando esistono alcuni presupposti: una morosità conclamata, procedure rispettate (in questo caso numerosi solleciti, raccomandate con ricevute di ritorno firmate dalla cliente e persino un telegramma), assenza di contestazioni che non siano pretestuose”.

Frosinone, il giudice: «Acea non può staccare l’acqua ai morosi. Regolamento mai approvato»

acqua

Di Umberto Buzzoni – direttore IL CONSUMATORE

A Marino, in provincia di Roma, nel quartiere Cava dei Selci, l’Acea ha staccato l’acqua ad un utente moroso che non avrebbe pagato bollette che, a dire dell’utente, sono da capogiro.

Poteva farlo?

Ecco un articolo del quotidiano LA PROVINCIA in cui si tratta l’argomento e si fa riferimento ad una sentenza del Tribunale di Frosinone che fa riferimento proprio ad un analogo episodio riferito all’ACEA.

da La Provincia.it

Il regolamento del servizio idrico non è stato mai approvato secondo le procedure previste dal contratto di convenzione per cui il gestore idrico Acea Ato5 Spa non può invocarlo per staccare l’acqua agli utenti morosi. Questo il principio che è alla base dell’ordinanza emessa dal giudice del Tribunale di Frosinone il quale ha accolto il ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile avanzato da un cittadino di Ceccano a cui il gestore ha chiuso l’acqua in seguito al mancato pagamento di diverse fatture.
L’utente, infatti, anche attraverso il Coordinamento per l’Acqua pubblica guidato da Severio Lutrario (attraverso il coordinamento di Ceccano guidato da Domenico Aversa), ha da tempo contestato le bollette idriche ricevute con ricorsi e reclami inviati al gestore nei quali lamentava il conteggio in fattura di tutta una serie di voci ritenute non dovute o illegittime (dall’impegno minimo, alla remunerazione del capitale, ecc.) Per questi motivi l’utente ha sempre pagato solo la parte di bolletta ritenuta corretta. L’Acea ha respinto ogni reclamo o ricorso avanzato dall’utente fino a giungere a intimargli il pagamento delle rimanenti somme dovute e passando quindi alla riduzione del flusso idrico prima e alla chiusura del contatore poi.
L’utente si è rivolto allora, tramite gli avvocati del coordinamento Acqua pubblica, Massimiliano Fiorini e Daniela Di Sora, al Tribunale di Frosinone contestando l’operato di Acea e chiedendo al giudice di ordinare l’immediato riallaccio della fornitura idrica. I due legali, infatti, hanno sostenuto tutta una serie di ragioni a supporto delle irregolarità indicate in bolletta dall’utente ma soprattutto hanno messo in dubbio la vigenza del regolamento invocato da Acea Ato5 per ridurre prima e sospendere poi l’erogazione dell’acqua a chi non paga le bollette. Il regolamento idrico, infatti, non è stato mai approvato dall’Ato5 e il testo a cui il gestore farebbe riferimento sarebbe solo una ‘bozza’ predisposta da Acea ma mai varata dall’Autorità d’ambito. La norma invocata dal gestore, insomma, non avrebbe alcun valore. Il giudice, sentite le argomentazioni dell’utente, ha quindi accolto le ragioni del ricorso ed emesso il provvedimento cautelare con cui ordina all’Acea Ato5 di riallacciare immediatamente la fornitura idrica sospesa. Il giudice ha anche condannato il gestore al pagamento delle spese legali.
«Al momento non sappiamo ancora nulla di questa decisione del Tribunale – ha spiegato ieri sera il presidente dei Acea Ato5 Ranieri Mamalchi -. Se la vicenda è in questi termini faremo sicuramente ricorso. Nell’erogazione di qualsiasi servizio (acqua, luce, gas, ecc.) se non si pagano le bollette ci sono procedure l’interruzione del servizio stesso. Se non si pagano le bollette dell’acqua ci sono prima una serie di solleciti e poi la riduzione e quindi, restando ancora morosi, il distacco».
Va detto, però, che lo stesso regolamento del servizio idrico presente sul sito dell’AceaAto5 Spa viene indicato come una ‘bozza’ che deve essere ancora sottoposta all’Autorità d’ambito.
Ci sono inoltre altri ricorsi pendenti ex art. 700 c.p.c. davanti al tribunale che dovrebbero giungere a breve a decisione. Sta di fatto che l’orientamento fin qui emerso minaccia di diventare dirompente nella lotta tra i comitati per l’acqua pubblica e l’interesse del gestore a incassare le somme dovute per il servizio erogato.