F24 cartaceo, addio: oltre i 1000 euro, obbligo di invio telematico

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In prossimità della scadenza TASI al 16 ottobre, i contribuenti italiani si confronteranno con le novità introdotte sul fronte delle modalità di pagamento.

Dal 1° ottobre, infatti, – come già i titolari di partita IVA – , anche i privati saranno obbligati all’invio telematico del modello F24 per gli importi superiori a mille euro, a saldo zero e per i crediti in compensazione con saldo finale maggiore di zero.

Al relativo versamento, si potrà provvedere attraverso i servizi on line dell’Agenzia delle Entrate e dell’Amministrazione finanziaria, con delega all’intermediario (nei casi di saldo zero) e tramite home banking.

Benché inaugurato dal proposito di ridurre i costi a carico dell’Erario, l’adempimento telematico, tuttavia, rischia di imbastire un ordito di difficoltà pratiche, non solo per le complessità dei regolamenti comunali in capo al calcolo della TASI, – ricadente su tutti gli immobili, inclusi quanti ad oggi esenti da ICI e IMU in virtù delle detrazioni fisse – , ma soprattutto per l’eventuale imperizia degli inesperti, dei più anziani e dei resistenti alla pur necessaria alfabetizzazione digitale.

Per istruire la migliore prassi, l’Agenzia delle Entrate ha pertanto diffuso la Circolare n.27/E (http://www.agenziaentrate.gov.it), indicando le procedure telematiche ed i casi di ammissione al persistente utilizzo cartaceo.

Sarà ancora consentito avvalersi degli sportelli bancari e postali per gli importi pari o inferiori a mille euro; per i modelli precompilati dall’Ente impositore per somme anche superiori, purché in assenza di crediti in compensazione; per i ratei in corso di tributi, contributi ed altre entrate fino al 31 dicembre, anche per cifre superiori a mille euro, per crediti in compensazione e per saldo zero; per gli aventi diritto ad agevolazioni fiscali nella forma di crediti di imposta, fruibili in compensazione solo presso gli agenti di riscossione; per le imposte in capo ai protestati ed ai cattivi pagatori privi di conto corrente, che, – a fronte dell’obbligo telematico e della mancata disponibilità di canali abilitati, potranno ricorrere ad un intermediario o, in ultima istanza, al modello cartaceo.

Petula Brafa

Allarme dei consumatori sul 2014: “In arrivo stangata da 1.394 euro”

Mülltonnen und Geld vor weißem Hintergrundda Repubblica.it

Dalla stangata di fine anno a quella di gennaio. L’allarme sull’aumento di prezzi e tariffe per il 2014 arriva da Federconsumatori-Adusbef secondo cui i rincari in arrivo costeranno 1.394 euro a famiglia “malgrado – si legge in una nota – la perdurante forte contrazione dei consumi delle famiglie che ancora caratterizza il mercato. Le motivazioni di tali aumenti non sono solo legate alle solite volontà speculative ma anche a nodi irrisolti della nostra struttura economica, in tema di competitività e di oppressione burocratica, nonchè dei servizi pubblici che scaricano sprechi, inefficienze e clientelismo sui prezzi e sulle tariffe”.

Tra le cause degli aumenti, le associazioni dei consumatori sottolineano “una ossessiva pressione fiscale (soprattutto su casa e caseggiati) che colpisce due volte le famiglie e cioè sia direttamente per i beni e i servizi (oltretutto scadenti) che utilizzano e sia per gli aumenti a imprese, commercio e intermediazione, artigiani e professionisti”. Le uniche note in controtendenza potrebbero riguardare i nuovi meccanismi di calcolo che spingerebbero a una riduzione delle tariffe di luce e gas.

Nel complesso, secondo le associazioni, si tratta di “aumenti insostenibili che determineranno nuove e pesantissime ricadute sulle condizioni di vita delle famiglie e sull’intera economia, che dovrà continuare a fare i conti con una profonda e prolungata crisi dei consumi”.

Equitalia: in arrivo migliaia di fermi auto

equitaliada TGCOM24

Parte in questi giorni una raffica di fermi amministrativi sulle auto di miglia di contribuenti.

Mentre la maggioranza degli italiani si stava organizzando per staccare dal lavoro e trascorrere un bel ferragosto, gli sportelli di Equitalia, tra il 12 e 13 agosto, imbustavano e spedivano preavvisi di fermo amministrativo dell’auto di migliaia di contribuenti.
I preavvisi sono stati recapitati tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, assegnando un termine di trenta giorni per pagare con l’avviso che, in caso contrario, Equitalia provvederà all’iscrizione del fermo amministrativo sull’auto o moto dei malcapitati contribuenti.
A comunicarlo è dirittosemplice.it, che sta ricevendo proprio in questi giorni continue richieste di verifica (che il sito offre gratuitamente) di questi preavvisi.

Come fare per evitare di subire il fermo della propria auto?
Tutti coloro che hanno ricevuto un preavviso di fermo amministrativo (oppure anche un semplice sollecito di pagamento) da Equitalia, devono, per prima cosa, analizzare nel dettaglio le cartelle di pagamento e tutte le singole voci addebitate per verificare se le somme richieste sono effettivamente dovute oppure no.
Una volta effettuata la verifica dei vari addebiti ed individuate eventuali contestazioni da sollevare (es. precedenti provvedimenti di sgravio e/o sentenze di annullamento, multe e/o tributi già pagati, somme prescritte, ecc.), in base alla c.d. Legge di Stabilità è possibile richiedere ad Equitalia la sospensione del fermo amministrativo e, comunque, di tutte le procedure esecutive, oltre che lo sgravio delle cartelle che non sono da pagare.
Naturalmente, le contestazioni e le relative richieste di annullamento e sgravio devono essere adeguatamente motivate, allegando tutta la documentazione utile a supporto.

Quali sono le tempistiche per contestare le cartelle?
Le contestazioni vanno sollevate entro 90 giorni da quando si è ricevuto il preavviso di fermo amministrativo o qualunque altra notifica da Equitalia. Per esempio: chi ha ricevuto il preavviso di fermo nel periodo di ferragosto, avrà tempo fino a metà novembre!

Una volta inviate le proprie contestazioni e richiesto l’annullamento delle cartelle esattoriali, cosa succede?
L’agente della riscossione ed i vari enti creditori, entro 220 giorni dal ricevimento di ciascuna richiesta, sono tenuti ad effettuare le verifiche del caso ed a fornire a ciascun richiedente una risposta motivata di accoglimento o rigetto delle richieste di sgravio. Altrimenti, si verificherà un vero e proprio sgravio automatico delle somme contestate.

Tasse locali: in un anno incremento del 5%

manganello_tasseda Repubblica.it

Regionali, comuni e province puntano sui contribuenti, per far quadrare i conti dei bilanci. In un anno le imposte delle amministrazioni sono aumentate di 9,2 miliardi, arrivando a un totale di 182,9 mld (+5%). E dire che sembrava iniziato un trend positivo, di riduzione delle tasse locali, partito nel 2008 e proseguito l’anno successivo. Ma già nel 2010 l’imposizione è tornata a salire e l’anno successivo la tendenza è stata confermata con ulteriori incrementi.
Proprio nel periodo della crisi, quando cresce il numero delle famiglie in difficoltà, gli enti hanno deciso alzare l’asticella delle entrate fiscali, con incrementi annuali che superano anche il 10%. I dati, contenuti nelle tabelle dell’Istat ed elaborati dall’Adnkronos, mostrano che rispetto a 10 anni prima le entrate fiscali, tra imposte dirette e indirette, sono aumentate di 44,5 mld (+32,2%).
Tornando al confronto annuale, secondo i dati più aggiornati dell’istituto di statistica, le imposte comunali dal 2010 al 2011 sono cresciute di 4,8 mld arrivando a 100,8 mld (+5%). Seguono a breve distanza le regioni, che hanno portato il gettito complessivo a 77,5 mld con un incremento di 4 mld (+5,4%). Mentre le province hanno aumentato gli incassi di quasi mezzo miliardo, arrivando a 4,7 mld (+11,1%).

Confrontando le entrate fiscali del 2001 con quelle del 2011 emerge che l’aumento è stato pari a 23,9 miliardi per i comuni (+31,1%); mentre per le regioni il gettito risulta di 19,3 miliardi in più (+33,1%). Ma sono le province le strutture che in 10 anni sono riusciti a ottenere i risultati più elevati, con un gettito che è aumentato del 41,3% (+1,4 mld). Nonostante l’aumento del peso fiscale le entrate complessive degli enti locali e territoriali si riducono, a causa del taglio dei trasferimenti.

Così cresce la quota fiscale sul totale delle risorse a disposizione di comuni e regioni, passando rispettivamente dal 39,7% del 2010 al 42,3% del 2011 e dal 44,9% al 48,2%. Tornando indietro di altri 10 anni si scopre che nel 1991 le entrate fiscali ammontavano a solo il 14,2% del totale per i comuni e al 15,2% per le regioni. La differenza è da attribuire soprattutto al livello di imposizione molto più contenuto: i comuni si limitavano a una tassazione totale di 15,5 mld mentre le regioni si fermavano a 10,1 mld. Le tasse, da allora, sono aumentate del 548,8% nel caso degli enti locali e del 665,7% nel caso degli enti territoriali.

Tributi. Impugnabilita’ dell’avviso bonario

da Aduc di Anna Jennifer Christiansen

La giurisprudenza affronta nuovamente la controversa questione della rilevanza da attribuire al cosiddetto ”avviso bonario” nella procedura di accertamento tributario. Tale avviso é considerato dal fisco come una comunicazione informale, senza natura impositiva nè effetti sostanziali per il contribuente, e quindi non impugnabile. L’Agenzia delle Entrate è più volte intervenuta chiarendo che gli avvisi bonari non contengono una pretesa tributaria definita, ma un mero invito al contribuente a risolvere in via preventiva le irregolarità rilevate (risoluzione n. 110/E del 22 ottobre 2010).

Esso viene inviato dall’amministrazione finanziaria –spesso per posta ordinaria e senza rispettare particolari formalitá di contenuto– quando, in sede di controllo automatico o di liquidazione dell’imposta dovuta, emergono errori o inesattezze nella dichiarazione dei redditi o nella dichiarazione Iva (artt. 36-bis e 36-ter Dpr. 600/1973 in materia di imposte sui redditi e art. 54-bis, Dpr. 633/1972 in materia di Iva). L’invio di questo avviso ha lo scopo di consentire al contribuente di: – presentare all’amministrazione finanziaria un’istanza di rettifica del controllo automatico o della liquidazione effettuata, corredandola della documentazione necessaria a dimostrare la correttezza di quanto dichiarato; – regolarizzare la propria posizione, pagando quanto richiesto nell’avviso entro il termine di 30 giorni dal ricevimento dello stesso, ed evitando così l’emissione di un successivo avviso di accertamento o di una cartella esattoriale. Potrá in questo caso usufruire di una riduzione della sanzione prevista dall’articolo 13 D.lgs. 471/1997: anziché la sanzione intera, ossia il 30% dell’imposta ancora dovuta, pagherà rispettivamente il 10% di tale imposta in caso di ricezione di avviso conseguente a controllo automatico, ed il 20% in caso di avviso conseguente controllo formale finalizzato alla liquidazione.
Tale impostazione del fisco viene adesso, come già era avvenuto in passato, smentita dalla Corte di Cassazione, che l’11 maggio scorso (con sentenza n. 7344/2012) sancisce invece la diretta impugnabilità dell’avviso in questione, poiché, a suo avviso, esso porta ”comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria”. Vi sarebbe pertanto interesse del destinatario a ricorrere alla Commissione Tributaria già contro la pretesa preventiva contenuta nell’avviso, per chiarire subito la propria posizione senza dover necessariamente attendere un avviso di accertamento o una cartella esattoriale, che come abbiamo visto sono sanzionate più gravemente. La Corte continua però dicendo che, in caso di successiva emissione di una cartella esattoriale, essa sostituirà integralmente la precedente pretesa del fisco, facendo pertanto venire meno l’interesse del ricorrente ad ottenere la pronuncia richiesta.
E’ evidente come questa sentenza sia suscettibile di creare nei contribuenti una notevole confusione sull’opportunità di attivarsi, in caso di ricevimento di futuri avvisi bonari. Questo ove l’Agenzia delle Entrate continui ad emetterli secondo l’attuale prassi applicativa, ossia: – senza osservare le formalità (relative sia al contenuto che alle modalità di notifica) imposte per gli atti propriamente impositivi, e – chiedendo fin da subito una somma determinata, anzichè richiedere al contribuente soltanto la produzione di un’integrazione documentale (in questo secondo caso mancherebbe la ”precisa pretesa impositiva”, e non sarebbe possibile ricorrere). L’impugnabilità dell’avviso di irregolarità comporta insomma un’elevata probabilità di moltiplicazione dei ricorsi, con conseguente rischio di intasamento del sistema di giustizia tributaria e della gestione dei preventivi reclami obbligatori nelle controversie di valore inferiore ai 20.000 euro.
Un’altra recente sentenza, questa della Commissione Tributaria Regionale Puglia, esclude inoltre che il problema possa risolversi alla fonte, omettendo del tutto la spedizione dell’avviso bonario nel caso in cui il contribuente replichi, con istanza di rettifica in autotutela, all’invito di chiarimento ricevuto dal fisco. La sentenza è la n. 9/10/12 e sancisce l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di comunicare al contribuente la definitiva rideterminazione delle somme controverse, prima di poter procedere con l’iscrizione a ruolo per la riscossione.
Attendiamo pertanto le prossime direttive dell’Agenzia delle Entrate, sperando che possano chiarire la situazione, onde evitare una valanga di ricorsi presentati in via meramente prudenziale (per il timore di vedersi altrimenti respingere per inammissibilità il successivo ricorso contro la cartella), ma poi destinati ad estinguersi ogni qualvolta segua un atto propriamente impositivo che sostituisce l’avviso.

”Troppi suicidi”, avvocato rinuncia a difendere Equitalia

da il salvagente.it

Rinuncia a lavorare per Equitalia. E rinuncia a riscuotere il suo onorario per le cause già patrocinate. E’ la decisione di un avvocato napoletano fino a ieri consulente dell’agenzia di riscossione dello Stato, che ha scritto una lettera aperta al Mattino.L’autore della missiva si chiama Gennaro De Falco, napoletano di 55 anni, ex componente del pool di avvocati che assistono la società pubblica deputata alla riscossione dei tributi, per il 51 per cento in mano all’Agenzia delle Entrate e per il 49 per cento in quelle dell’Inps.

“Corresponsabile dei suicidi”

“Conoscevo Diego Peduto, l’immobiliarista napoletano che si è suicidato dopo aver ricevuto una cartella di Equitalia”, scrive. “L’ho incontrato per la prima volta nel ’95 quando gli diedi incarico di vendere la mia casa. Aveva figli della stessa età dei miei e la sua agenzia era nel mio quartiere vicino al mio studio. Insomma, le nostre vite scorrevano quasi parallele”. “Questo suicidio di cui a torto o ragione mi sento corresponsabile mi ha convinto a non accettare più incarichi di difesa di Equitalia. Sto pensando di devolvere alla sua famiglia la quota dei miei onorari quando mi verranno corrisposti”.

“Meccanismo diabolico che uccide le famiglie”

Il j’accuse nei confronti dell’agenzia è duro e diretto: “In queste condizioni non mi sento di andare avanti, in Italia in questi anni si è messo in moto un meccanismo diabolico che sta distruggendo famiglie, persone ed imprese” scrive il legale. Poi conclude: “Non so se questa mia decisione servirà a qualcosa ma almeno alleggerirà la mia coscienza, forse aiuterà a restituire un minimo di dignità agli avvocati ed a far riflettere tutti sulla sostenibilità sociale ed etica della gestione di questa crisi”. Secondo federconsumatori sono 19 le persone, dall’inizio del 2012, che si sono tolte la vita a causa di problemi con il Fisco.

La sfilata delle vedove a Bologna

Venerdì 4 maggio, a Bologna, per parlare di loro è stata organizzata la “sfilata” delle vedove bianche, le mogli di quanti, in questi anni, si sono suicidati per ragioni di questo tipo.

Tutti gli aumenti sulla casa, rata per rata

di Luigi Lovecchio fonte: sole24ore.it

Dall’Imu alla riduzione delle agevolazioni per alcuni settori immobiliari, passando per l’imposizione degli immobili esteri sino a giungere, da ultimo, all’incremento della tassazione sui fabbricati locati. L’imposizione sulla casa è indubbiamente un elemento portante delle ultime manovre. Anche per le risorse necessarie alla riforma del lavoro si è fatto ricorso a un inasprimento della tassazione sugli immobili (la riduzione della deduzione epr gli immobili locati a canone libero). Emerge un quadro di interventi non sempre equilibrati e spesso poco sistematici.

L’Imu è un’imposta che nasce “squilibrata”, poiché avvantaggia le case sfitte rispetto a quelle locate: queste ultime, il prelievo patrimoniale aggravato rispetto alla vecchia Ici si aggiunge, e non si sostituisce, alle imposte sui redditi. Medesima situazione per immobili d’impresa e le unità appartenenti ai soggetti Ires: il più elevato tributo locale si somma alle imposte sui redditi. È vero che la disciplina Imu prevede la possibilità di ridurre l’aliquota sino al 4 per mille, ma è appunto una facoltà, ostacolata dalla quota di imposta erariale. Il 3,8 per mille dell’Imu, infatti, va allo Stato, nei confronti del quale non valgono le riduzioni decise a livello locale. Con gli ultimi emendamenti apportati in sede di conversione del decreto legge sulle semplificazioni fiscali (16/12), si è soppressa la quota statale solo per gli immobili comunali siti nel territorio dello stesso comune e per le unità degli Iacp. L’Imu, inoltre, ha comportato un incremento di tassazione per i fabbricati rurali, prima esenti dall’Ici. Le correzioni appena approvate dalla Camera hanno attenuato questo effetto, ripristinando l’esonero per i fabbricati strumentali situati in comuni montani o parzialmente montani. Anche gli immobili d’interesse storico-artistico sono stati colpiti dalle manovre: a fronte della riduzione a metà dell’imponibile Imu, infatti, hanno perso buona parte delle agevolazioni Irpef. I proprietari dovranno pertanto dichiarare, già da quest’anno, la rendita catastale effettiva e non quella più bassa vigente per le abitazioni situate nella medesima zona censuaria. Inoltre, in caso di locazione, dovrà essere assoggettato a imposizione il canone pattuito, con l’unico vantaggio di fruire di un abbattimento portato al 25%, invece che quello oggi vigente, pari al 15% del canone stesso. C’è poi l’imposta sugli immobili posseduti all’estero (Ivie), introdotta a fine 2011 con effetto retroattivo dall’inizio dell’anno. Non è ancora chiaro come debba essere determinato l’imponibile per gli immobili ubicati in Paesi dello Spazio economico europeo (See): si fa riferimento all’imponibile delle imposte patrimoniali o sui trasferimenti vigenti nel Paese di ubicazione. Né si comprende se le modifiche apportate con il Dl sulle semplificazioni fiscali abbiano effetto dal 2012 o dal 2011. Per le unità site in Paesi non See, si assume invece il costo di acquisto o, in mancanza, il valore di mercato. A ogni buon conto, il prelievo è pari allo 0,76% dell’imponibile e il versamento va effettuato con la medesima tempistica dell’Irpef. Per il primo anno (2011), l’intero importo dovuto dovrebbe essere corrisposto entro il termine per il saldo Irpef 2011. L’ultima sorpresa è nel Ddl lavoro. Per tutti i fabbricati locati l’abbattimento di imponibile è ridotto dal 15% al 5% del canone, a partire dal 2013. Ciò aumenterà indubbiamente la convenienza della cedolare secca (si veda «Il Sole 24 Ore» di venerdì 6 aprile), nella quale le riduzioni non hanno alcun ruolo. Non vanno infine dimenticati due aggravi relativi a tutti i contribuenti Irpef e quindi, indirettamente, anche ai proprietari di immobili. Il primo è l’aumento dell’aliquota base dell’addizionale regionale all’Irpef, dallo 0,9% all’1,23%, operante già dal 2011. Il secondo è lo sblocco delle addizionali comunali all’Irpef 2012, che potranno arrivare allo 0,8 per cento.