Spid, identità digitale: si parte ma non tutti sono pronti

Domani il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, e il direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), Antonio Samaritani, daranno il via allo SPID, il Sistema pubblico per l’identità digitale. Ogni cittadino e ogni impresa potranno ottenere un PIN unico per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione italiana. Addio alla miriade di user e password da tenere a mente per interloquire con ministeri, regioni, comuni, scuole, fisco, previdenza sociale, aziende sanitarie, eccetera.

Si comincerà con un piccolo gruppo di amministrazioni centrali e periferiche che hanno partecipato alla fase sperimentale: Agenzia delle Entrate, Inps, Inail e Agenzia per l’Italia Digitale; le regioni Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Marche. Unico comune per ora è quello di Firenze. In tutto saranno offerti 300 servizi, in gran parte già disponibili. Le altre amministrazioni dovranno adeguare le piattaforme informatiche agli standard di sicurezza indicati dall’AgID.

Il Governo vorrebbe dare il PIN unico a dieci milioni di cittadini e imprese entro il 2017. Obiettivo ambizioso, perché significa che ogni Pubblica Amministrazione deve essere in grado di interagire con gli standard indicati dall’AgID. Comunque tutti i portali web della PA dovranno consentire l’accesso ai propri servizi tramite il PIN unico entro 24 mesi. L’identità SPID è costituita da credenziali con caratteristiche differenti in base al livello di sicurezza richiesto per l’accesso. Esisteranno tre livelli di sicurezza, ognuno dei quali corrisponderà a tre diversi livelli di identità SPID. Pubbliche amministrazioni e privati definiranno autonomamente il livello di sicurezza necessario per poter accedere ai propri servizi digitali.

Alla vigilia della conferenza stampa per il lancio dell’iniziativa siamo andati a vedere come si sono attrezzati i tre Gestori accreditati dall’AgID: Poste Italiane, Infocert e TIM Trust Technologies.

Ebbene, solo Poste Italiane sembra essere già pronta con il suo PosteID, già adottato per i servizi offerti dall’azienda. La soluzione di Poste, infatti, è abilitata per lo SPID, come si evince dal logo della pagina dedicata al servizio. Quanto a Infocert, ancora oggi nella pagina dedicata allo SPID c’è soltanto un modulo da compilare per prenotarsi. “Una volta inviata la domanda – c’è scritto – ti risponderemo al più presto all’indirizzo mail inserito”. C’è un annuncio di disponibilità del servizio anche sul sito di TIM Trust Technologies: “TIMid sarà disponibile a breve su Nuvola Store oppure sul nostro Store online. Dopo aver verificato la tua identità, ti invieremo le tue credenziali SPID e da quel momento potrai usarle per entrare nei siti che aderiscono a SPID”.

Sembra strano che a distanza di poche ore dall’avvio dello SPID i gestori non siano pronti. E c’è un’altra perplessità. L’Agenzia per l’Italia digitale ha sempre garantito che per lo SPID non si pagherà nulla, ma sui siti di Infocert e TIM Trust Technologies si precisa che il servizio “è gratuito per i primi 2 anni”. E dopo, quanto costerà l’eventuale rinnovo? Di cifre non c’è traccia. Non è un bell’esordio, almeno dal punto di vista della trasparenza.

fonte La Repubblica

Non solo il fegato soffre di epatite C

L’epatite da virus C non è solo una malattia del fegato. È vero che il virus Hcv aggredisce quest’organo e può provocare una malattia cronica epatica, fibrosi e persino un tumore, l’epatocarcinoma, ma la sua permanenza nell’organismo fa ben altro: crea infiammazione, che compromette altri sistemi e favorisce la comparsa di altre patologie. Ecco perché si dovrebbe parlare di malattia da virus C. Una visione nuova, di cui si è parlato a Boston in occasione della Croi (Conference on retrovirus and opportunistic infections). Spiega Giuliano Rizzardini responsabile della I Divisione di Malattie infettive all’Ospedale Sacco di Milano: «Tre pazienti su quattro, con un’infezione cronica da virus C, possono andare incontro a una serie di complicanze come crioglobulinemia (la presenza di proteine anomale nel sangue che possono provocare danni ai piccoli vasi, ndr), linfomi, diabete, problemi cardiovascolari o danni renali più facilmente rispetto a chi non ce l’ha. Eliminando il prima possibile il virus, si possono anche prevenire o controllare queste situazioni».

Le complicanze al rene

A partire dalle complicanze per il rene: oggi le formulazioni più innovative di farmaci antivirali, come il cosiddetto schema 3D (che comprende tre nuove molecole: ombitasvir, paritaprevir e dasabuvir, associati al ritonavir, che aumenta la risposta del sistema immunitario al virus) possono fare a meno della ribavirina, che presenta una nota tossicità renale (è in corso la modifica del foglietto illustrativo da parte dell’ Fda, l’ente americano per il controllo dei farmaci). E questo è già un vantaggio perché protegge il rene e impedisce la comparsa di anemie. Ma il problema principale è curare precocemente questi malati, proprio per evitare complicanze, e, possibilmente, con combinazioni di farmaci che impediscano lo sviluppo di resistenze da parte del virus.

Farmaci senza effetti collaterali

A tutt’oggi l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha previsto di trattare in Italia, a partire dal gennaio 2015, una prima tranche di 50 mila pazienti, quelli più gravi, con fibrosi del fegato e cirrosi, e persone che hanno subito trapianti (non di fegato, ma di altri organi o di midollo osseo). Ma adesso la comunità scientifica preme, e fa notare come un trattamento precoce, già nelle fasi iniziali della malattia, può rappresentare un vantaggio per il paziente e anche un risparmio economico, sulla lunga distanza, per il Sistema Sanitario Nazionale. Conferma Andrea Gori, infettivologo all’Ospedale San Gerardo di Monza e all’Università Milano Bicocca: «Pazienti con epatite C e con alterazioni degli zuccheri del sangue (anticamera del diabete, ndr), se trattati con farmaci antivirali, mostrano un miglioramento impressionante di tutti i parametri metabolici». E questo è solo un esempio. Oggi esistono farmaci non solo efficaci contro il virus C, ma anche relativamente privi di effetti collaterali (la durata delle terapie varia da 3 a 6 mesi, per una cura completa in oltre il 90 per cento dei casi), che permettono di trattare subito i malati, senza aspettare, come in passato, che la malattia progredisca.

Il problema dei costi

Il problema è quello dei costi, ma anche della performance dei farmaci stessi. «Chi si occupa di spesa sanitaria pubblica — commenta Massimo Andreoni professore di Malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata — deve considerare il prezzo dei nuovi anti-epatite C, ma deve tenere conto anche del peso, in termini economici, delle malattie correlate all’infezione da Hcv». Non solo, ma occorre considerare anche il rischio di trasmissione dell’infezione. «Una persona guarita — precisa Carlo Federico Perno virologo all’Ospedale Spallanzani di Roma — non infetta gli altri». Ultima considerazione come ha sottolineato a Boston Mark Sulkowoski della Johns Hopkins University di Baltimora: «Il trattamento anti-Hcv è complesso perché il virus muta e replica in tempi rapidi. Ecco perché le formulazioni di farmaci devono essere capaci di aggredirlo in più punti contemporaneamente».

fonte Il Corriere della sera

Le notizie arrivano in chat: le news si leggeranno via Messenger

«C’è una notizia per te». Lo squillo di una notifica sulla propria chat a breve potrà annunciare non solo l’arrivo di un messaggio ma anche quello di un articolo da leggere. A tentare questa nuova strada nell’editoria digitale potrebbe essere Messenger, il servizio di messaggistica di proprietà di Facebook. Un percorso già imboccato da Snapchat, chat molto popolare tra i giovanissimi, che ha stretto un accordo di recente con il Wall Street Journal.

L’indiscrezione arriva da Marketing Land e fa parte del piano della società di Mark Zuckerberg di far diventare Messenger, che oramai ha un pacchetto di 800 milioni di utenti, un universo separato dal social network e comprensivo di più opzioni. Secondo il sito, Facebook sarebbe al lavoro su un software che permette agli sviluppatori di creare una “chatbot”, cioè un programma che genera contenuti in automatico, all’interno di Messenger. E i primi a testare questa novità sarebbero proprio gli editori. Il servizio potrebbe funzionare in questo modo: gli utenti ricevono su Messenger la notifica di una notizia in breve, un link rimanda all’articolo completo sul sito della testata giornalistica. Oltre ad un nuovo modo di distribuire le news, la mossa apre nuovi spiragli ai guadagni sulla pubblicità. Il lancio ufficiale delle notizie su Messenger potrebbe avvenire alla prossima conferenza degli sviluppatori del social network (F8) che si terrà a metà aprile.

Lo scorso anno Facebook alla F8 annunciò proprio l’espansione della chat che ora ospita più di 40 applicazioni, permette gli acquisti online, lo scambio di soldi e anche le videochiamate come Skype. Secondo le indiscrezioni, ci sarebbe già una lista di editori pronti ad approfittare dell’iniziativa sin da aprile, tra questi Build. Del resto Facebook, divenuta oramai una gigantesca edicola, ha già una base di accordi stretti con la stampa per il servizio ‘Instant Articles’. È una specie di vetrina digitale che consente agli utenti di leggere gli articoli di una testata, in forma multimediale e interattiva, direttamente all’interno del social network. È attiva anche in Italia e dopo una fase di rodaggio con alcuni grandi gruppi, da metà aprile sarà disponibile per tutti gli editori indipendentemente dalle dimensioni e dalla nazionalità.

L’idea di Facebook di distribuire le notizie via chat, però, non è proprio originale. La sta già percorrendo Snapchat, l’app di messaggi che si auto-cancellano molto popolare tra i giovanissimi. Ad avere un canale di comunicazione privilegiato con i teenager ci sono circa venti realtà editoriali tra cui il Daily Mail e il Wall Street Journal. E anche la Casa Bianca è sbarcata sull’applicazione che conta 100 milioni di utenti attivi al giorno e che ha raggiunto Facebook nella visualizzazione dei video: 8 miliardi visti ogni giorno.

fonte Il Messaggero

In cambio dell’esercizio fisico un Apple Watch a 25 dollari

Un Apple Watch ad appena 25 dollari, circa 23 euro, potrebbe essere un ottimo incentivo per tenersi in forma. Ne è convinta Vitality, una società statunitense, che fornisce servizi legati alla salute, che sta per iniziare un programma in tre aziende in cui gli impiegati possono acquistare il dispositivo al prezzo stracciato a patto di raggiungere per due anni degli obiettivi prefissati di esercizio fisico.

I primi a beneficiare del programma, racconta il Wall Street Journal, saranno gli impiegati di Amgen Inc., una compagnia biotech, di DaVita HealthCare Partners, che fornisce servizi sanitari e quelli della compagnia di assicurazioni Lockton Cos. Chi aderirà al programma pagherà i 25 dollari iniziali e 13,6 dollari al mese se non raggiungerà obiettivi come fare almeno 10mila passi al giorno o totalizzare un certo numero di minuti quotidiani di esercizi di cardiofitness. “Questo è il primo programma che utilizza l’Apple Watch – afferma il Ceo di Vitality Adrian Gore -, e la compagnia farà dei report con i dati aggregati dei partecipanti e informazioni come il tasso di partecipazione e i risultati raggiunti”.

Quello di Vitality non è l’unico programma dedicato al fitness dei dipendenti, per cui secondo il quotidiano le aziende americane hanno speso nel 2015 in media 693 dollari per impiegato. Fitbit, ad esempio, che produce uno dei più braccialetti che registrano l’attività fisica più venduti tra gli indossabili, ha affermato di avere tra i clienti oltre mille compagnie.

fonte La Repubblica

Ibernazione: Scongelato il cervello di un coniglio

I ricercatori dell’azienda californiana 21st Century Medicine sono riusciti per la prima volta a “scongelare” con successo un cervello. Il test è stato eseguito utilizzando il cervello di un coniglio, le cui cellule cerebrali, dopo essere state portate a temperature sotto zero, non hanno riportato danni.

Gli ideatori, Gregory Fahy e Robert McIntyre, hanno spiegato sulla rivista Journal of Cryobiology che questa tecnica riesce a prevenire la disidratazione drenando il sangue e sostituendolo immediatamente con una sostanza che protegge i tessuti dalla formazione di cristalli di ghiaccio.

Ibernare con successo un cervello umano al momento è ancora un utopia per una serie di problemi tecnici come per esempio i danni prodotti dal freddo. Il cervello del coniglio è stato raffreddato a -135 gradi centigradi e poi “scongelato” senza riportare danni proprio perché i ricercatori per evitare la formazione del ghiaccio hanno rimpiazzato parte dell’acqua con una molecola (glutaraldeide) che protegge le cellule dai pericoli del congelamento e ne previene la disidratazione. Inoltre bisogna considerare che andrà riattivato l’organo ibernato e che la molecola utilizzata è tossica.

In tutti i casi si tratta di un importante passo in avanti come dimostra anche il premio che hanno ricevuto di 26mila dollari dalla Brain Preservation Foundation

Negli Stati Uniti stampati in 3D i primi tessuti biologici impiantabili nel corpo umano

Negli Stati Uniti, nel Wake Forest Baptist Medical Center in North Carolina, sono stati stampati in 3D i primi tessuti biologici: un orecchio di bambino, un muscolo e un frammento osseo di mascella.

Resistenti e funzionali anche dopo il trapianto sperimentale nel corpo di un topo, sono stati sviluppati nel laboratorio del pioniere della medicina rigenerativa Anthony Atala grazie ad un’innovativa stampante 3D presentata su Nature Biotechnology.

Per creare questo nuovo sistema di stampa Itop (Integrated Tissue and Organ Printing System) sono stati necessari più di 10 anni ma ora sono in grado di produrre tessuti personalizzati prendendo a modello le immagini ricavate da tac e risonanze magnetiche.

In pratica gli ugelli di questa stampante depositano nello stampo un materiale plastico biodegradabile, necessario per dare forma e robustezza al tessuto fino a completa maturazione, insieme ad uno speciale inchiostro biologico fatto di cellule immerse in una soluzione acquosa. Per consentire la sopravvivenza del tessuto e la vascolarizzazione dello stesso, i ricercatori hanno stampato al suo interno una rete di micro-canali che fanno fluire i nutrienti e l’ossigeno fino a quando il pezzo trapiantato non viene pervaso da un sistema di capillari sanguigni per essere integrato nell’organismo.

I tessuti biologici impiantati con successo sotto pelle nei topi a distanza di mesi non solo erano ancora in buone condizioni, ma perfino hanno iniziato un processo di integrazione con i tessuti vicini, con la formazione di nuovi vasi sanguigni e nervi.

I ricercatori hanno spiegato “La tecnica permette di creare tessuti strutturalmente stabili e delle dimensioni adatte: ora dobbiamo perfezionarla ulteriormente, anche per poter usare una più ampia varietà di cellule” infatti questi risultati sono ancora preliminari e sono solo un primo passo verso la produzione di organi pronti al trapianto.

Detta a Google App con comandi vocali i messaggi WhatsApp

L’App Google permette azioni vocali e la ricerca vocale utilizzando le parole “Ok Google“. Oltre alle opzioni per Android di Calendario, sveglie e promemoria, Indicazioni stradali e viaggi, Curiosità e risposte rapide come Traduzione di parole o frasi, si può sfruttare anche per Comunicare con amici e familiari e nella App per iPhone o iPad anche come Svago per la Ricerca di nuova musica, immagini e film.

Per Comunicare con amici e familiari basta utilizzare il comando “OK Google” per esempio per effettuare una Chiamata ad un amico aggiungendo “Chiama Maria” o “Chiama mamma”, per inviare un SMS “Manda un messaggio a Michela per avvisare che arriverò in ritardo di 10 minuti”, per l’Invio di un’email “Invia un’email a Mario Rossi, oggetto articolo da pubblicare, messaggio cortesemente controllare prima della pubblicazione, punto” ed infine per inviare messaggi via Whatsapp, da oggi è disponibile il comando “invia messaggio Whatsapp a Antonella scrivi sono sotto casa tua scendi”.

Dall’App mobile Google per dispositivi Android è possibile quindi inviare messaggi di chat Whatsapp e di altri servizi di messaggistica istantanea come Telegram, Viber, WeChat e Hangout senza utilizzare la tastiera usando la propria voce e con la possibilità di controllare che non ci siano errori di battitura o del contatto selezionato prima di confermare l’invio. Nel caso in cui non sia disponibile nel proprio dispositivo è necessario aggiornare l’app alla versione più recente visitando la pagina dell’app Google sul Play Store e selezionando Aggiorna.