Mutui e bollette: aumenta il numero delle famiglie in difficoltà

L’Unione Nazionale delle Imprese a Tutela del Credito (Unirec) insieme a Il Sole 24 ORE hanno analizzato la situazione del debito contratto dalle famiglie italiane che presentano difficoltà con il pagamento delle bollette e delle rate di mutui e prestiti.

Per l’anno 2014 l’ammontare del non pagato, risultato della somma dei costi delle utenze domestiche ed i finanziamenti da rimborsare, era pari a 56,2 miliardi di euro che rappresenta un aumento del 16% rispetto al 2013 e che corrisponde al quadruplo rispetto a quanto registrato nel 2007.

Nel 2014 alle società di recupero crediti sono state affidate 40,6 milioni di pratiche ma non per tutte si ha avuto un esito positivo. Le famiglie sono in difficoltà con le spese quotidiane e i debiti contratti e solo nel 17,2% dei casi riescono a chiudere le pratiche di recupero. Le previsioni per il 2015 parlano di un debito per rate e bollette che arriverà a 60 miliardi e 44 milioni di pratiche di recupero credito.

L’88% delle pratiche di recupero credito riguardano le famiglie e solo il 12% le imprese. Le rate di mutui e prestiti rappresentano il 72% del non saldato con un valore medio di 2.000 euro. Molti casi inoltre sono molto vecchi e per essi non si può neanche chiedere la rateizzazione e andrebbe eseguito il pagamento in un’unica soluzione. A livello territoriale vi sono regioni con dati positivi come la virtuosa Friuli Venezia Giulia con un tasso del 28,5% mentre le prime quattro regioni attanagliate dal recupero crediti sono Sicilia, Campania, Lombardia e Lazio.

Nel 2015 lieve calo dei costi per mantenere una casa

Nel 2014 secondo i dati Istat il mercato immobiliare è tornato a crescere per la prima volta dopo sette anni consecutivi di cali. Gli acquisti di unità immobiliari, pari a 594.431 unità, sono cresciuti dell’1,6% rispetto al 2013 ad eccezione delle Isole dove si è registrato un calo dell’1%.

Questo dato va pero’ analizzato sulla base di quanto osservato dal Censis dato che la crisi economica nel 2013 ha fatto registrare volumi di vendita del mercato immobiliare pari a quelli del 1984.

Elementi che hanno inciso negativamente, secondo il Censis, sono state le tasse sulla casa (Imu, Tari e Tasi) e la diminuzione del reddito disponibile delle famiglie del 9,8% dal 2008. Va inoltre considerato che oltre ai costi sostenuti per la proprietà dell’immobile bisogna affrontare anche le spese per il mantenimento e le utenze come le spese condominali e le bollette per la fornitura di energia elettrica, gas e acqua. L’Osservatorio Nazionale della Federconsumatori e l’Adusbef hanno stimato che nel 2015 per un appartamento di 90 metri quadrati situato in una zona semi-centrale di una grande area metropolitana il costo da sostenere mensilmente in caso di affitto sarebbe di 1.693,45 euro (una riduzione di 32,69 euro rispetto al 2014) mentre per una casa di proprietà il costo di mantenimento sarebbe di 1.151,20 euro al mese (una riduzione di 25,19 euro rispetto al 2014).

Le diminuzioni sono la conseguenza della riduzione dei costi per luce e gas, mutui meno onerosi (ribasso dei tassi d’interesse nel 2015 con un costo medio di 595 euro mensili contro i 618 euro del 2014) e alla riduzione degli affitti (1.212 euro al mese per il 2015 contro i 1.242 dello scorso anno). I cali pero’ saranno in parte compensati dai contemporanei rincari della fornitura del servizio idrico (+3% su base annua), delle spese condominiali (+4%) e della Tari che aumenterà del 6% rispetto al 2014.

Il Fondo di Prevenzione Usura per aiutare le famiglie in sovraindebitamento

di Umberto Buzzoni

Cresce il rischio di sovraindebitamento per le famiglie italiane che non sono più in grado di coprire con le loro entrate mensili tutte le spese necessarie per il sostentamento del nucleo familiare (vitto, fitto, rata del mutuo, bollette, spese sanitarie, etc.) e di conseguenza cresce anche il pericolo di rivolgersi ad usurai. Per far fronte ad una situazione di sovraindebitamento si può richiedere l’accesso al Fondo di Prevenzione Usura.

Nel 1997 è stato istituito presso il Ministero del Tesoro, oggi Ministero dell’Economia e Finanze, il “Fondo per la prevenzione del fenomeno usura” che per il 70% eroga contributi a favore di fondi speciali chiamati “Confidi” e per il 30% a favore delle fondazioni ed associazioni iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero del Tesoro. Queste entità possono prestare garanzie alle banche ed agli intermediari finanziari per favorire l’erogazione di finanziamenti a persone che, pur essendo meritevoli in base ai criteri fissati nei relativi statuti, incontrano difficoltà d’accesso al credito. La Prefettura tiene l’elenco provinciale dei Confidi, Fondazioni e Associazioni a cui ci si può rivolgere.

I criteri per accedere al fondo definiti dal Ministero del Tesoro:
– effettivo stato di bisogno del richiedente e serietà della ragione dell’indebitamento;
– capacità di rimborso del finanziamento concesso in base al reddito o alla situazione patrimoniale
– entità dell’importo complessivo debitorio a carico del richiedente che deve rientrare entro i limiti di garanzia (Euro 25.800 circa)

Dopo aver presentato la domanda verrà valutata l’intera situazione debitoria e reddituale dei richiedenti a rischio d’usura. Una commissione presieduta da un Presidente e da una serie di esperti delibera la concessione o la mancata concessione della garanzia utile per l’attivazione del finanziamento.

Pietro Giordano, Presidente nazionale dell’Adiconsum, ha dichiarato che in 17 anni di operatività del Fondo di prevenzione usura sono state acquisite 3.100 richieste, di cui quasi mille e duecento sono state poi avviate in istruttoria bancaria per la concessione di prestiti garantiti per oltre 15 milioni di euro complessivi.

Rent to buy: Per diventare proprietari di casa con il contratto d’affitto

di Umberto Buzzoni

Rent to buy è una tipologia di contratto che fa da collegamento tra locazione e compravendita in quanto permette, a chi vuole comprare un immobile ma ha ridotte disponibilità in contanti, di usufruire immediatamente dello stesso pagando un canone che in parte viene considerato come acconto sul prezzo di acquisto.

Grazie all’introduzione in autunno con il decreto Sblocca Italia i cittadini potranno comprare casa anche in un momento di difficoltà di accesso al credito come questo e allo stesso tempo i costruttori potranno smaltire l’invenduto.

Il contratto-tipo è stato messo a punto dal Consiglio Nazionale del Notariato che ha pubblicato anche una guida di approfondimento. Secondo quanto previsto dal contratto l’acquirente al termine non è obbligato all’acquisto mentre il venditore è vincolato a cedere l’immobile in questione al costo definito e scontato della parte dei canoni d’affitto versati come acconto sul prezzo finale “bloccato”.

Dopo la stipula del contratto il futuro acquirente acquisisce immediatamente il diritto di usufruire dell’immobile a fronte del pagamento dell’affitto che è lievemente più alto rispetto a quello di mercato proprio perché include una parte destinata all’acquisto.

Poniamo per esempio che si intende acquistare un appartamento fissando un prezzo di 100 mila euro e definendo un canone di affitto di 600 euro per cinque anni. La metà dell’affitto viene considerata come acconto che verrebbe poi scalato dal prezzo di vendita quindi nell’esempio in esame il conduttore dovrebbe pagare 82 mila euro per effetto della riduzione di 18 mila euro (300 euro al mese per i cinque anni).

Oltre a questo primo vantaggio finanziario l’acquirente ottiene anche uno “storico creditizio“, utile in caso si debba chiedere un mutuo, poiché potrà dimostrare alla Banca di aver versato per 5 anni un importo mensile simile alla rata del mutuo richiesto. L’affitto pagato seppur un po’ più alto rispetto a quello di mercato in realtà comporta un importo inferiore del mutuo.

Per legge per il Rent to Buy è prevista la trascrizione nei registri immobiliari che equivale ad una vera e propria prenotazione di acquisto vincolante per le parti infatti il proprietario non potrà vendere ad altre persone o concedere altre ipoteche mentre se il conduttore non procede all’acquisto perde la quota versata come acconto considerata come risarcimento per il venditore per la mancata vendita.

Mutui ‘usurari’? Come fare la verifica del proprio mutuo. Aduc mette a disposizione un servizio on-line

usuraComunicato Aduc

Dopo il servizio della trasmissione tv ‘Le Iene‘, andato in onda qualche giorno fa, siamo stati subissati di richieste di verifica dei mutui per capire se è possibile chiedere indietro gli interessi pagati alla banca. Nel servizio si fa riferimento alla sentenza n. 350 del 9 gennaio 2013 della Suprema Corte di Cassazione in materia di mutui e in tema di interessi. Questa sentenza, sulla base della normativa vigente in materia, spiega che in tema di usura il momento rilevante è quello nel quale gli interessi sono promessi o comunque convenuti, a qualsiasi titolo; non solo, ma arriva anche ad affermare che, se contrattualmente viene pattuito un interesse di mora che supera il tasso usuraio in quel momento in vigore, vale il disposto di cui al secondo comma dell’art. 1815 cod. civ., che afferma: “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”. La tesi è di grandissima rilevanza, e possiamo solo immaginarne le conseguenze sul piano giuridico ed economico se dovesse essere confermata. Si tratta di numeri importanti. Le banche conoscevano da tempo questo rischio e sono corse ai ripari introducendo delle clausole di salvaguardia nei contratti di mutuo del seguente tenore: “gli interessi di mora sono determinati nella misura annua pari al tasso applicato al mutuo, maggiorato di … punti percentuali, fermo restando che la misura di tali interessi, nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, non potrà mai essere superiore al limite fissato ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge 7/3/1996, n. 108, dovendosi intendere, in caso di teorico superamento di detto limite, che la loro misura sia pari al limite medesimo”. Sulla base della nostra esperienza, abbiamo riscontrato questo genere di clausole già dal 2005, mentre per i mutui stipulati precedentemente, è molto alta la probabilità di trovare tassi di mora alla stipula superiori al tasso soglia, anche se questa possibilità non è esclusa per i mutui più recenti. E’ necessario analizzarli caso per caso.
Questo può bastare ad avere diritto al rimborso degli interessi pagati? A nostro avviso occorre molta prudenza e distinguere fra la pattuizione di un tasso di mora superiore al tasso soglia e l’effettiva applicazione di tassi contrattualmente previsti in caso di mora superiori al tasso soglia usura fin dall’origine.
Nel primo caso si tratta di prendere atto che non solo il tasso d’interesse, ma anche il tasso di mora all’atto della stipula deve essere sempre e comunque sotto il tasso soglia. Qui è necessario ed auspicabile un intervento interpretativo delle autorità competenti che, a nostro avviso, non tarderà ad arrivare qualora i tribunali venissero inondati di cause su questo argomento. Naturalmente chi ha tempo e denaro può procedere per i tre gradi di giudizio, con tutto ciò che ne consegue (avvocato, perizie, ctu, ctp). Noi riteniamo molto rischiosa l’idea di intraprendere un’azione legale in questi casi, perché una sentenza di Cassazione pur essendo importante non fa legge, e bisogna vedere se e come verrà eventualmente confermata questa prima interpretazione.
Nel secondo caso, cioè quanto i tassi mora sono stati effettivamente applicati, è chiaro che questa sentenza dà un elemento di maggiore forza al mutuatario inadempiente che si trova in gravi difficoltà ed è aggredito dalla banca.
Come fare la verifica
Fare una verifica approssimativa del superamento del tasso soglia è relativamente semplice e non serve spendere soldi con i vari “avvoltoi” che spesso si presentano in queste occasioni. Si tratta di leggere con attenzione il contratto di mutuo ed il capitolato delle condizioni generali. In primo luogo bisogna verificare che non vi siano clausole simili a quelle che abbiamo sopra riportato con la quale la banca limita in ogni caso il tasso massimo a quello soglia.
Se non vi sono clausole di quel tipo è sufficiente fare la somma fra il tasso previsto contrattualmente al momento della stipula del contratto ed il tasso di mora confrontando il tasso così ottenuto con quello di soglia pubblicato sul sito della Banca d’Italia (1) per il periodo corrispondente alla stipula del mutuo.
Per velocizzare e facilitare questa verifica abbiamo creato un semplicissimo foglio di calcolo nel quale si devono inserire i tre dati:
1) Tipo di tasso (Fisso o Variabile, per i tassi misti abbiamo riportato le istruzioni della Banca d’Italia secondo le quali debbano essere considerati fissi oppure variabili),
2) la data di sottoscrizione,
3) ed il tasso comprensivo del tasso di mora.
Il foglio di calcolo andrà a scegliere il tasso di soglia corretto e lo confronterà con il tasso inserito indicando se vi è superamento o meno. All’interno del foglio di calcolo che alleghiamo si trovano anche tutte le serie storiche dei tassi soglia per tutti i tipi di finanziamento.
Facciamo un esempio. Ipotizziamo un mutuo a tasso fisso stipulato ad Agosto del 2003 al tasso del 5%. Il mutuo prevede che in caso di mora si applichi una maggiorazione al suddetto tasso del 2%. I tassi soglia pubblicati dalla banca d’Italia per il periodo 1 Luglio 2003 – 30 Settembre 2003 prevedono per i mutui ipotecari il tasso soglia del 6,8%. Quindi, in questo caso ipotetico, se non vi fossero clausole di salvaguardia il mutuo ricadrebbe nella casistica della sentenza di cassazione di cui ci occupiamo. Da qui a dire che si possa riavere gli interessi indietro il passo è molto lungo. Certamente se il contraente fosse in difficoltà economiche e non avesse pagato alcune rate e la banca attaccasse legalmente il proprietario dell’immobile, quest’ultimo avrebbe in questa sentenza un buon strumento di difesa.
Non sempre è così semplice. Per fare una verifica professionale bisognerebbe valutare una serie di altri fattori. Come sempre, Aduc è a disposizione di chi fosse in difficoltà con il pagamento del proprio mutuo (ricordiamo che questa sentenza vale per tutti i finanziamenti, quindi lo stesso principio, con tassi diversi, vale anche per tutti i finanziamenti) volesse verificare il proprio caso ma non riesce a farlo attraverso gli strumenti che abbiamo messo a disposizione in questo articolo. Potete farlo attraverso il servizio SOS ONLINE inviando la copia dell’atto di mutuo e il capitolato delle condizioni generali. Come sempre il servizio è gratuito, ma non possiamo garantire che a tutti i casi verrà data risposta. Dipenderà dal numero di quelli che ci verranno sottoposti.

Qui il foglio di calcolo per la verifica se il mutuo e’ usurario

(1) In realtà, le cose sono un po’ più complesse se si desidera avere un risultato preciso è necessario considerare anche le altre spese collegate al mutuo, ma qui vogliamo avere un risultato di massima ed è sufficiente fare la semplice somma.

Mutui sempre più cari: dove costano meno

di Gino Pagliuca
fonte: corriere.it

Ai minimi storici c’è il costo del denaro. Ma, purtroppo, anche la possibilità di ottenere dalla propria banca un prestito per comprare casa. Il mercato dei mutui presenta aspetti paradossali: il tasso di riferimento della Bce è all’1% e la banca centrale mercoledì scorso ha finanziato gli istituti italiani a questo tasso per ben 139 miliardi di euro. Ma ben pochi saranno usati per finanziarie imprese e famiglie, se si ripete quanto successo con la prima tranche di aiuti.

Ai minimi

L’Euribor, il parametro che indica il costo delle transazioni interbancarie a breve termine, e che costituisce il riferimento per i finanziamenti variabili, è ancora più basso. La durata mensile, infatti, è attorno allo 0,6% e quella trimestrale veleggia all’1%. Inoltre le quotazioni al Liffe, il mercato dei derivati di Londra, dei future sull’Euribor scommettono su un ulteriore calo di quasi tre decimi di punto, fino allo 0,71%, entro dicembre 2012 per l’indice benchmark, quello trimestrale. Anche il parametro dei tassi fissi, l’Eurirs, è ai livelli più bassi dell’ ultimo decennio, e si è posizionato sotto il 3%. In queste condizioni fino a un anno fa i tassi variabili sarebbero costati in media il 2,5% e i fissi meno del 4,5%. Oggi servono circa due punti di più, ma soprattutto cara grazia se si ottiene il prestito.

La media dei tassi offerti dal panel di banche presenti sul sito Mutui Online, infatti, è del 4,5% per i prestiti variabili e del 6,2% per i fissi, con oscillazioni davvero notevoli da banca a banca: ci sono variabili che superano il 5% e fissi oltre il 7%. Avviare un finanziamento indicizzato a 20 anni per 100mila euro comporta una spesa iniziale di 633 euro mentre per un fisso ne occorrono 728. A 30 anni gli importi scendono rispettivamente a 506 e 612 euro. Un anno fa un tasso variabile sarebbe costato 530 euro a 20 anni (103 in meno rispetto a oggi) e 395 a 30 anni euro (-111 su oggi). Con il tasso fisso il costo sarebbe stato inferiore di 68 euro per il ventennale e di 82 euro per il trentennale.

I possibili rischi

La differenza a favore del variabile sulla carta è appetibile ma in realtà bisogna tenere conto che una volta lasciata alle spalle la crisi, la rata indicizzata sarà destinata a salire e senza un’adeguata copertura reddituale potrebbe risultare molto pericolosa. Per fare un solo esempio, se tra due anni l’Euribor tornasse al suo valore «fisiologico» del 3% un mutuo variabile a 20 anni acceso alle condizioni di oggi andrebbe al 6,5%, e la rata ventennale aumenterebbe di 156 euro, passando a 789 euro. Il trentennale toccherebbe 668 euro, con un incremento di 163 euro. Così la convenienza rispetto al fisso sarebbe del tutto vanificata.

La stangata

L’aumento attuale dei tassi dei mutui è l’effetto del forte incremento degli spread richiesti dalle banche; l’analisi dei fogli di trasparenza pubblicati dalle banche compiuta daCorrierEconomia evidenzia un ulteriore aumento di un punto rispetto a quanto chiesto lo scorso ottobre, con punte di incrementi anche superiori ai 200 centesimi.

La tabella indica i costi massimi. È vero che le banche possono applicare condizioni migliori ai quei clienti, pochi, che ritengano appetibili, ma è altrettanto innegabile che gli spread indicati rappresentino un segnale preciso. E’ di questa opinione Roberto Anedda, vicepresidente di Mutui Online. «Scrivere nero su bianco che ci si riserva di applicare una maggiorazione sui parametri del 4 o del 5% è come dire: non siamo interessati a fare mutui».

In questo quadro possiamo segnalare almeno una voce fuori dal coro: è quella di Cariparma che ha sì aumentato gli spread dichiarati nei fogli di trasparenza, ma ha anche innalzato a 2,5 miliardi di euro il plafond destinato nel 2012 ai mutui e soprattutto ha abbassato lievemente lo spread per i clienti considerati solvibili. Un fenomeno, quest’ultimo, che, secondo Stefano Rossini, amministratore delegato di mutui Supermarket, starebbe riguardando anche altri istituti.

Meno domande

Il disinteresse sui mutui parrebbe anche ricambiato dalla clientela potenziale: i dati delle richieste di mutui registrano, secondo le analisi della centrale rischi Crif, percentuali negative di entità sconfortante: da ottobre il tasso tendenziale viaggia oltre il -40% e il 2011 si è chiuso a -19%. Una riprova viene dalla lettura dei dati della Banca d’Italia: nel 2011 lo stock dei mutui alle famiglie è aumentato di soli 15,6 miliardi di euro rispetto alla fine del 2010, mentre l’anno precedente il saldo era stato di oltre 72 miliardi di euro.

Va però sottolineato che i dati delle erogazioni e delle richieste non distinguono tra mutui nuovi e surroghe; negli ultimi mesi la rottamazione dei vecchi mutui è di fatto sparita dal mercato perché con gli spread attuali è praticamente impossibile trovare un prestito più conveniente di quello che si ha già in corso: la surroga è solo una soluzione estrema per chi ha bisogno di allungare il debito e non riesce a rinegoziare con la propria banca.

 

Mutui in corso: lo spread non si tocca!

da Casa del Consumatore

Alcune banche hanno inviato e stanno inviando alla clientela delle lettere con cui informano, ai sensi dell’art. 118 del TUB (ossia la legge n. 385 del 1993, il cd. Testo Unico Bancario), che lo spread del loro mutuo verrà modificato unilateralmente, ovviamente in aumento.
Ma è lecito?

Come si sa, esistono due grandi categorie di mutui, con alcune varianti: da un lato quelli a tasso fisso e dall’altro quelli a tasso variabile.
Nel primo caso la banca ed il cliente fissano un tasso, che è destinato a rimanere immutabile per tutta la durata del mutuo.
Nel secondo caso le parti decidono invece di lasciare che il tasso possa variare, prendendo un tasso di riferimento da applicare mese per mese (di solito si tratta dell’Euribor a tre mesi).
In entrambi i casi al tasso così determinato (in misura fissa o variabile) deve aggiungersi una ulteriore percentuale, chiamata spread, che in sostanza è il guadagno che la banca si riserva per l’operazione. Lo spread viene deciso all’inizio del mutuo e non dovrebbe poter cambiare.

 

Oggi però, si sa, gli spread sono lievitati rispetto a qualche anno fa (cinque anni fa si potevano spuntare spread anche inferiori all’1%, una percentuale oggi impensabile) e qualche banca ha pensato di “aggiornarli”, richiamando una articolo che però nulla ha a che fare con i mutui.

Si tratta dell’art. 118 citato, intitolato appunto “modifica unilaterale delle condizioni di contratto”, che però si può applicare solo ai contratti a tempo indeterminato (tipico esempio il contratto di conto corrente) e solo a condizione che il cliente abbia approvato una specifica clausola e che ci siano comunque giustificati motivi della banca.

Lo stesso articolo 118 prevede peraltro, va detto, la sua applicabilità anche ad altri contratti di “durata”, ma non a clausole che abbiano ad oggetto i tassi di interesse. Duinque anche in questo caso è salvo lo spread.

Insomma, se avete ricevuto una comunicazione di variazione dello spread del vostro mutuo, contatatte la banca e contestate questa modifica.
Se non vi danno retta (o non vi restituiscono somme indebitamente addebitate a seguito della modifica), contattateci: vi aiuteremo a far valere i vostri diritti!