Tributi. Impugnabilita’ dell’avviso bonario

da Aduc di Anna Jennifer Christiansen

La giurisprudenza affronta nuovamente la controversa questione della rilevanza da attribuire al cosiddetto ”avviso bonario” nella procedura di accertamento tributario. Tale avviso é considerato dal fisco come una comunicazione informale, senza natura impositiva nè effetti sostanziali per il contribuente, e quindi non impugnabile. L’Agenzia delle Entrate è più volte intervenuta chiarendo che gli avvisi bonari non contengono una pretesa tributaria definita, ma un mero invito al contribuente a risolvere in via preventiva le irregolarità rilevate (risoluzione n. 110/E del 22 ottobre 2010).

Esso viene inviato dall’amministrazione finanziaria –spesso per posta ordinaria e senza rispettare particolari formalitá di contenuto– quando, in sede di controllo automatico o di liquidazione dell’imposta dovuta, emergono errori o inesattezze nella dichiarazione dei redditi o nella dichiarazione Iva (artt. 36-bis e 36-ter Dpr. 600/1973 in materia di imposte sui redditi e art. 54-bis, Dpr. 633/1972 in materia di Iva). L’invio di questo avviso ha lo scopo di consentire al contribuente di: – presentare all’amministrazione finanziaria un’istanza di rettifica del controllo automatico o della liquidazione effettuata, corredandola della documentazione necessaria a dimostrare la correttezza di quanto dichiarato; – regolarizzare la propria posizione, pagando quanto richiesto nell’avviso entro il termine di 30 giorni dal ricevimento dello stesso, ed evitando così l’emissione di un successivo avviso di accertamento o di una cartella esattoriale. Potrá in questo caso usufruire di una riduzione della sanzione prevista dall’articolo 13 D.lgs. 471/1997: anziché la sanzione intera, ossia il 30% dell’imposta ancora dovuta, pagherà rispettivamente il 10% di tale imposta in caso di ricezione di avviso conseguente a controllo automatico, ed il 20% in caso di avviso conseguente controllo formale finalizzato alla liquidazione.
Tale impostazione del fisco viene adesso, come già era avvenuto in passato, smentita dalla Corte di Cassazione, che l’11 maggio scorso (con sentenza n. 7344/2012) sancisce invece la diretta impugnabilità dell’avviso in questione, poiché, a suo avviso, esso porta ”comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria”. Vi sarebbe pertanto interesse del destinatario a ricorrere alla Commissione Tributaria già contro la pretesa preventiva contenuta nell’avviso, per chiarire subito la propria posizione senza dover necessariamente attendere un avviso di accertamento o una cartella esattoriale, che come abbiamo visto sono sanzionate più gravemente. La Corte continua però dicendo che, in caso di successiva emissione di una cartella esattoriale, essa sostituirà integralmente la precedente pretesa del fisco, facendo pertanto venire meno l’interesse del ricorrente ad ottenere la pronuncia richiesta.
E’ evidente come questa sentenza sia suscettibile di creare nei contribuenti una notevole confusione sull’opportunità di attivarsi, in caso di ricevimento di futuri avvisi bonari. Questo ove l’Agenzia delle Entrate continui ad emetterli secondo l’attuale prassi applicativa, ossia: – senza osservare le formalità (relative sia al contenuto che alle modalità di notifica) imposte per gli atti propriamente impositivi, e – chiedendo fin da subito una somma determinata, anzichè richiedere al contribuente soltanto la produzione di un’integrazione documentale (in questo secondo caso mancherebbe la ”precisa pretesa impositiva”, e non sarebbe possibile ricorrere). L’impugnabilità dell’avviso di irregolarità comporta insomma un’elevata probabilità di moltiplicazione dei ricorsi, con conseguente rischio di intasamento del sistema di giustizia tributaria e della gestione dei preventivi reclami obbligatori nelle controversie di valore inferiore ai 20.000 euro.
Un’altra recente sentenza, questa della Commissione Tributaria Regionale Puglia, esclude inoltre che il problema possa risolversi alla fonte, omettendo del tutto la spedizione dell’avviso bonario nel caso in cui il contribuente replichi, con istanza di rettifica in autotutela, all’invito di chiarimento ricevuto dal fisco. La sentenza è la n. 9/10/12 e sancisce l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di comunicare al contribuente la definitiva rideterminazione delle somme controverse, prima di poter procedere con l’iscrizione a ruolo per la riscossione.
Attendiamo pertanto le prossime direttive dell’Agenzia delle Entrate, sperando che possano chiarire la situazione, onde evitare una valanga di ricorsi presentati in via meramente prudenziale (per il timore di vedersi altrimenti respingere per inammissibilità il successivo ricorso contro la cartella), ma poi destinati ad estinguersi ogni qualvolta segua un atto propriamente impositivo che sostituisce l’avviso.

IL CODACONS INVITA LE PICCOLE E MICRO IMPRESE A NON PAGARE LE TASSE NELLA MISURA DEI CREDITI CHE VANTANO NEI CONFRONTI DELLA P.A. INSERENDO NELLA PROSSIMA DENUNCIA DEI REDDITI L’ARTICOLO 1241 DEL CODICE CIVILE

da Codacons

La compensazione tra crediti e debiti fiscali deve essere automatica, senza lungaggini burocratiche e passaggi inutili, e senza l’onere della certificazione a carico delle imprese. Lo affermano oggi Codacons e Comitas (associazione delle piccole e micro imprese) commentando il prossimo decreto sui crediti della P.A. annunciato dal vice-ministro all’Economia Vittorio Grilli. Il processo di compensazione deve essere più snello e veloce, al fine di sostenere le imprese in difficoltà – proseguono le due associazioni – Grilli deve dare in tal senso precise indicazioni al Fisco, consentendo di inserire nella denuncia dei redditi di giugno la compensazione tra crediti e debiti attraverso la possibilità di allegare alla dichiarazione le richieste di pagamento ancora inevase.

Codacons e Comitas invitano poi le piccole e micro imprese ad una azione di autotutela e a non pagare le tasse nella misura dei crediti che vantano nei confronti della P.A., inserendo nella prossima denuncia dei redditi l’art. 1241 del Codice Civile che recita testualmente: “Estinzione per compensazione: Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti”. Intanto, sulla scia dell’ondata di suicidi che si sta registrando nel nostro paese, le due organizzazioni hanno depositato questa mattina un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, in cui si chiede di aprire una indagine nei confronti del Ministero dell’economia per i reati di appropriazione indebita e istigazione al suicidio. “Lo Stato vanta crediti verso le imprese per una somma che arriva a sfiorare i 100 miliardi di euro – spiegano Codacons e Comitas – Trattenendo queste somme e non avendo finora varato la compensazione tra crediti e debiti fiscali, il Governo si rende complice dei suicidi, poiché alimenta le difficoltà finanziarie degli imprenditori, ai quali attraverso l’Agenzia delle entrate intima di saldare immediatamente i propri debiti. Proprio in relazione a tale inadempimento abbiamo presentato oggi un esposto alla Procura della Repubblica di Roma, chiedendo di procedere contro il Ministero dell’economia, per istigazione al suicidio e appropriazione indebita”. Da oggi inoltre, attraverso il blog www.carlorienzi.it, chi vanta crediti nei confronti della P.A. potrà chiedere di costituirsi parte civile nei confronti dell’esecutivo, al fine di ottenere il denaro spettante comprensivo di interessi.

Clausole vessatorie abusive: nullità valida per chiunque. Corte Giustizia

Grazie ad una sentenza della Corte di Giustizia europea, ogni consumatore puo’ trarre beneficio dalla nullita’ di una clausola dopo un ricorso collettivo promosso da un’autorita’  a tutela dei consumatori. Si tratta di una sentenza sollecitata dall’autorita’ ungherese per la tutela dei consumatori contro l’operatore telefonico Invitel.

Quest’ultimo si era arrogato, senza spiegare nei particolari, il diritto di fatturare a posteriori i costi applicati per le fatture pagate tramite vaglia postale.

L’Autorita’ ungherese l’ha valutata come clausola abusiva ed aveva chiesto ai giudici l’intervento per il rimborso ai clienti di quanto indebitamente percepito. Il tribunale di Pest si e’ rivolto alla Corte Ue per chiedere se questa estensione a chiunque fosse legittima, e i giudici di Lussemburgo gli hanno dato ragione.

”Troppi suicidi”, avvocato rinuncia a difendere Equitalia

da il salvagente.it

Rinuncia a lavorare per Equitalia. E rinuncia a riscuotere il suo onorario per le cause già patrocinate. E’ la decisione di un avvocato napoletano fino a ieri consulente dell’agenzia di riscossione dello Stato, che ha scritto una lettera aperta al Mattino.L’autore della missiva si chiama Gennaro De Falco, napoletano di 55 anni, ex componente del pool di avvocati che assistono la società pubblica deputata alla riscossione dei tributi, per il 51 per cento in mano all’Agenzia delle Entrate e per il 49 per cento in quelle dell’Inps.

“Corresponsabile dei suicidi”

“Conoscevo Diego Peduto, l’immobiliarista napoletano che si è suicidato dopo aver ricevuto una cartella di Equitalia”, scrive. “L’ho incontrato per la prima volta nel ’95 quando gli diedi incarico di vendere la mia casa. Aveva figli della stessa età dei miei e la sua agenzia era nel mio quartiere vicino al mio studio. Insomma, le nostre vite scorrevano quasi parallele”. “Questo suicidio di cui a torto o ragione mi sento corresponsabile mi ha convinto a non accettare più incarichi di difesa di Equitalia. Sto pensando di devolvere alla sua famiglia la quota dei miei onorari quando mi verranno corrisposti”.

“Meccanismo diabolico che uccide le famiglie”

Il j’accuse nei confronti dell’agenzia è duro e diretto: “In queste condizioni non mi sento di andare avanti, in Italia in questi anni si è messo in moto un meccanismo diabolico che sta distruggendo famiglie, persone ed imprese” scrive il legale. Poi conclude: “Non so se questa mia decisione servirà a qualcosa ma almeno alleggerirà la mia coscienza, forse aiuterà a restituire un minimo di dignità agli avvocati ed a far riflettere tutti sulla sostenibilità sociale ed etica della gestione di questa crisi”. Secondo federconsumatori sono 19 le persone, dall’inizio del 2012, che si sono tolte la vita a causa di problemi con il Fisco.

La sfilata delle vedove a Bologna

Venerdì 4 maggio, a Bologna, per parlare di loro è stata organizzata la “sfilata” delle vedove bianche, le mogli di quanti, in questi anni, si sono suicidati per ragioni di questo tipo.

Tutti gli aumenti sulla casa, rata per rata

di Luigi Lovecchio fonte: sole24ore.it

Dall’Imu alla riduzione delle agevolazioni per alcuni settori immobiliari, passando per l’imposizione degli immobili esteri sino a giungere, da ultimo, all’incremento della tassazione sui fabbricati locati. L’imposizione sulla casa è indubbiamente un elemento portante delle ultime manovre. Anche per le risorse necessarie alla riforma del lavoro si è fatto ricorso a un inasprimento della tassazione sugli immobili (la riduzione della deduzione epr gli immobili locati a canone libero). Emerge un quadro di interventi non sempre equilibrati e spesso poco sistematici.

L’Imu è un’imposta che nasce “squilibrata”, poiché avvantaggia le case sfitte rispetto a quelle locate: queste ultime, il prelievo patrimoniale aggravato rispetto alla vecchia Ici si aggiunge, e non si sostituisce, alle imposte sui redditi. Medesima situazione per immobili d’impresa e le unità appartenenti ai soggetti Ires: il più elevato tributo locale si somma alle imposte sui redditi. È vero che la disciplina Imu prevede la possibilità di ridurre l’aliquota sino al 4 per mille, ma è appunto una facoltà, ostacolata dalla quota di imposta erariale. Il 3,8 per mille dell’Imu, infatti, va allo Stato, nei confronti del quale non valgono le riduzioni decise a livello locale. Con gli ultimi emendamenti apportati in sede di conversione del decreto legge sulle semplificazioni fiscali (16/12), si è soppressa la quota statale solo per gli immobili comunali siti nel territorio dello stesso comune e per le unità degli Iacp. L’Imu, inoltre, ha comportato un incremento di tassazione per i fabbricati rurali, prima esenti dall’Ici. Le correzioni appena approvate dalla Camera hanno attenuato questo effetto, ripristinando l’esonero per i fabbricati strumentali situati in comuni montani o parzialmente montani. Anche gli immobili d’interesse storico-artistico sono stati colpiti dalle manovre: a fronte della riduzione a metà dell’imponibile Imu, infatti, hanno perso buona parte delle agevolazioni Irpef. I proprietari dovranno pertanto dichiarare, già da quest’anno, la rendita catastale effettiva e non quella più bassa vigente per le abitazioni situate nella medesima zona censuaria. Inoltre, in caso di locazione, dovrà essere assoggettato a imposizione il canone pattuito, con l’unico vantaggio di fruire di un abbattimento portato al 25%, invece che quello oggi vigente, pari al 15% del canone stesso. C’è poi l’imposta sugli immobili posseduti all’estero (Ivie), introdotta a fine 2011 con effetto retroattivo dall’inizio dell’anno. Non è ancora chiaro come debba essere determinato l’imponibile per gli immobili ubicati in Paesi dello Spazio economico europeo (See): si fa riferimento all’imponibile delle imposte patrimoniali o sui trasferimenti vigenti nel Paese di ubicazione. Né si comprende se le modifiche apportate con il Dl sulle semplificazioni fiscali abbiano effetto dal 2012 o dal 2011. Per le unità site in Paesi non See, si assume invece il costo di acquisto o, in mancanza, il valore di mercato. A ogni buon conto, il prelievo è pari allo 0,76% dell’imponibile e il versamento va effettuato con la medesima tempistica dell’Irpef. Per il primo anno (2011), l’intero importo dovuto dovrebbe essere corrisposto entro il termine per il saldo Irpef 2011. L’ultima sorpresa è nel Ddl lavoro. Per tutti i fabbricati locati l’abbattimento di imponibile è ridotto dal 15% al 5% del canone, a partire dal 2013. Ciò aumenterà indubbiamente la convenienza della cedolare secca (si veda «Il Sole 24 Ore» di venerdì 6 aprile), nella quale le riduzioni non hanno alcun ruolo. Non vanno infine dimenticati due aggravi relativi a tutti i contribuenti Irpef e quindi, indirettamente, anche ai proprietari di immobili. Il primo è l’aumento dell’aliquota base dell’addizionale regionale all’Irpef, dallo 0,9% all’1,23%, operante già dal 2011. Il secondo è lo sblocco delle addizionali comunali all’Irpef 2012, che potranno arrivare allo 0,8 per cento.

Tassa di concessione governativa per cellulari ancora in vigore

da Investire Oggi

Chi ha vissuto l’epoca del debutto dei cellulari sul mercato italiano e internazionale ricorderà probabilmente che, all’acquisto di ogni ricarica, si pagava un’imposta odiosa, proporzionale all’importo della ricarica stessa, dovuta come l’equivalente della tassa di concessione governativa. Questa quota fissa di una tariffa a due parti è stata eliminata e ora, se si ricaricano 10 euro, sono effettivamente tutte di traffico telefonico, senza che venga aggiunto l’odioso contributo di ricarica.

Grazie alle convenienti offerte all inclusive di abbonamento proposte dagli operatori telefonici (nate per chi ha partita iva e poi estese anche agli utenti privati) peraltro molti clienti hanno abbandonato il sistema di ricarica optando per l’abbonamento mensile. Ebbene per gli abbonamenti la tassa di concessione governativa è ancora in vigore.

Per gli abbonamenti ancora in vigore

L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 9/E  è peraltro intervenuta sul punto rispondendo a un interpello inoltrato dall’Agenzia interregionale per il fiume Po e chiarendo che il Codice delle comunicazioni (d.lgs. 259/2003), che ha abrogato l’art. 318, non ha però intaccato l’obbligo di pagamento della tassa di concessione governativa per la telefonia mobile dovuto «per la licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio pubblico terrestre di telecomunicazioni (art. 318 DPR n. 156/1973 […]) per ogni mese di utenza» così come prevede l’art.21 della tariffa annessa al DPR n. 641/1972.

Ora si chiama Documento sostitutivo

Nonostante l’abrogazione dell’articolo de qua infatti resta salva la ratio che giustifica l’applicazione del tributo, ossia il rilascio del documento che attesta la condizione di abbonato dell’utente. Poco importa quindi se la «licenza» si chiami ora «documento sostitutivo», posto che la funzionalità è la stessa.

Non sono esenti dal tributo neppure le amministrazioni pubbliche non statali come peraltro già stabilito dalla risoluzione 55/2005 (anche se in merito vanno segnalate diversi ricorsi vinti da parte di Comuni italiani che hanno ottenuto il rimborso del tributo entro il termine di prescrizione di 3 anni a partire dalla domanda fissato dall’ art. 13 DPR n. 641 del 26/10/1972).

Denaro contante e nuove norme. Scheda pratica dell’Aduc

da Aduc – di Rita Sabelli

Tra le varie riforme del Governo Monti c’e’ la cosiddetta “stretta sui contanti”, una normativa che ha modificato il tetto oltre il quale e’ vietato utilizzare i contanti nei pagamenti tra un soggetto e l’altro, con obiettivo di combattere “il nero” e il riciclaggio del denaro sporco.
Sul punto si e’ detto molto e non sempre correttamente, tanto che per molti l’esatta portata della modifica non e’ assolutamente chiara.
Nelle prime fasi, soprattutto, le interpretazioni scorrette erano diffuse, anche agli sportelli bancari. Alcune persone si sono viste ostacolare, se non rifiutare, prelievi di somme superiori a 1.000 euro, con richiesta talvolta di fornire giustificativi per iscritto.
E’ bene quindi fare chiarezza sulla portata del provvedimento e sui suoi programmati sviluppi futuri.

 

Ecco i capitoli della scheda pratica:
LA NUOVA SOGLIA DI 1.000 EURO: cosa cambia per pagamenti
Pagamenti in contante
Pagamenti con assegno
Pagamenti con libretti al portatore
Conseguenze in caso di violazione
LA NUOVA SOGLIA DI 1.000 EURO, cosa cambia per stipendi e pensioni
Il conto corrente-base
LA NUOVA SOGLIA DI 1.000 EURO e i prelievi allo sportello
RIFERIMENTI NORMATIVI E LINK UTILI

Qui la scheda completa