Vini taroccati o contraffatti: un giro d’affari di 10 milioni di euro

vinoMilioni di litri di vino di bassissima qualità, per un giro d’affari pari almeno a dieci milioni di euro. Nella truffa scoperta dai Nas di Milano, su delega della Procura di Vigevano, è coinvolta anche una ditta di trasporti di Pisogne e tra i 13 finiti in manette è finito anche un bresciano.
I dettagli dell’operazione saranno forniti domani a Vigevano, dagli investigatori, durante una conferenza stampa, ma alcune prime informazioni sull’operazione sono già trapelate. L’accusa per i tredici è quella di associazione per delinquere finalizzata alla frode, adulterazione di vino Doc e Igt, alla ricettazione di prodotti enologici e all’evasione fiscale, sia in Italia sia in Gran Bretagna.§
La truffa sarebbe partita dalle province di Pavia, Bergamo e Novara coinvolgendo una ditta di Gravellona Lomellina (Pavia), una di Bagnatica (Bg) e anche una di Londra. Le bottiglie di vino adulterato o addirittura «fasulle» venivano commercializzate proprio sul mercato inglese e sarebbero state, in otto mesi, almeno tre milioni e mezzo. Oltre alle tre società che fornivano il vino, nei guai sono finite anche due ditte di trasporto : una di Alba in provincia di Cuneo e una di Pisogne nella nostra provincia.

Fonte:www.giornaledibrescia.it

ecco la road map anti-sprechi. Oltre 4 miliardi di tagli entro giugno

da Repubblica.it

Attivazione di contratti per la fornitura di energia elettrica e gas, non richiesti, quasi estorti ai consumatori attraverso pratiche al limite del raggiro e della truffa. Che in un anno hanno prodotto una crescita delle attivazioni del 48%. Un fenomeno reale quanto triste, contro cui proprio un anno fa si era scagliato, appena insediato, il presidente dell’Autorità per l’Energia, Guido Bortoni, definendolo una “patologia”, un “fenomeno odioso”, frutto di “malafede e fraudolenza”.

Un anno dopo, l’Autorità ha deciso di passare al contrattacco, dopo aver monitorato il mercato e varato una specifica consultazione, varando una delibera che entrerà in vigore il primo giugno introducendo nuovi strumenti per combattere il fenomeno, dalla lista neri degli scorretti a nuovi obblighi di verifica in capo alle aziende.La decisione dell’Autorità è stata presa in seguito all’aumento, soprattutto negli ultimi mesi, di segnalazioni e reclami all’organismo di controllo da parte di famiglie, uffici e associazioni: nel periodo dicembre 2009-novembre 2011 i reclami sono stati quasi 5mila (4.779), ma con una tendenza chiaramente al rialzo. Nei primi 11 mesi del 2010 le segnalazioni sono state 1.804, mentre nei primi 11 mesi del 2011 sono salite a 2.684, con un incremento del 48%. La maggioranza dei reclami riguarda il mercato elettrico (60%), seguito da quello del dual fuel (21%) e dal gas (19%). Va poi considerato che i reclami arrivati all’Autorità sono circa un decimo di quelli che vengono inviati alle aziende. I casi più frequenti di contratti non richiesti riguardano contestazioni relative a firme ottenute dagli agenti commerciali con comportamenti “aggressivi” o “omissivi” (informazioni non date o errate), ma ci sono anche casi di firme false, di mancato rispetto del diritto di ripensamento, promesse impossibili da mantenere. Irregolarità che l’Autorità spera di contrastare con le nuove misure. Innanzi tutto, sono previsti obblighi di verifica a carico dei venditori: in pratica, le società di vendita dovranno controllare uno per uno i contratti siglati, telefonando al cliente o inviandogli un’apposita lettera, per acquisire la conferma dell’effettiva volontà di aderire all’offerta. Con questa procedura, quindi, saranno i venditori a dover “provare” l’assenso al contratto. L’Autorità conta molto anche sul monitoraggio e soprattutto su quella che viene definita la “sfida reputazionale”. Ovvero, il deterrente della “black list”, in cui nessuno degli operatori del mercato, si immagina, vorrebbe finire.

Auto usate, boom di acquisti targato crisi: +70% in due anni. Ma la truffa è dietro l’angolo: «Far valere la garanzia di conformità»

da Adico

P.G., socio Adico, compra una Mercedes a meno di 25.000 euro per poi pagarne 11.000 di riparazioni: scopre che era un taxi. Garofolini: «Da noi le informazioni sui vostri diritti» Chi sceglie di acquistare un’auto usata, invece di una nuova, lo fa per risparmiare. E oggi sono sempre di più le persone che lo fanno: secondo Adico la crescita dal 2010 a oggi è di oltre il 70%. Ma se il veicolo dopo pochi giorni comincia a mostrare magagne accuratamente nascoste dal venditore – privato o concessionaria che sia – ecco che iniziano i problemi. E le spese. Ma c’è uno strumento per difendersi da queste brutte sorprese, e si chiama garanzia di conformità del bene.

Peccato non lo sapesse P.G., mestrino di 47 anni, che lo scorso anno ha acquistato una Mercedes classe E usata da un concessionario. Un vero affare stando al prezzo (circa 25.000 euro per una vettura con e alle lodi intessute dal venditore. Ma che si è rivelata quanto meno una fregatura, visto che pochi mesi dopo l’auto ha iniziato ad avere molti problemi e l’acquirente si è trovato davanti alla necessità di sborsare oltre 10.000 euro per le riparazioni, scoprendo solo in quel momento, e dopo diverse perizie, che la macchina era stata usata niente meno che come taxi. E che aveva all’attivo oltre 250mila chilometri.

P.G. si è rivolto all’ufficio legale di Adico Associazione Difesa Consumatori per sapere se poteva in qualche modo rivalersi su chi gli ha venduto l’autovettura, e qui ha scoperto che esistono precise condizioni di garanzia, e quindi diritti, anche quando si compra un’auto usata. E siccome prevenire è sempre meglio che curare, l’invito di Adico è uno solo: «Conoscere i propri diritti è essenziale per non incappare in brutte sorprese, quindi consigliamo ai cittadini di informarsi bene prima di acquistare un’auto usata – spiega il presidente Carlo Garofolini – in questo periodo di crisi il numero di persone che scelgono un’auto usata è in costante crescita e Adico mette a disposizione i propri esperti per dare consulenze sia prima che dopo la compravendita, nel caso in cui la vettura avesse dei problemi e si dovesse procedere con un reclamo o addirittura con la rescissione del contratto». Quella che il consumatore deve saper far valere è la garanzia di conformità del bene rispetto al contratto: il venditore deve garantire che l’auto (o altro bene usato) che sta per vendere è conforme alla descrizione che ne ha fatto nel contratto – e ancora prima nella fase di pubblicizzazione, illustrazione del prodotto e di trattativa, verbale o scritta che sia – in particolare senza vizi materiali e giuridici e che possiede le qualità essenziali della categoria dell’auto acquistata o quelle promesse dal venditore (sia che esso sia privato sia che sia un rivenditore commerciale). Tale garanzia è poi irrinunciabile, ai sensi del codice del consumo, e quindi eventuali clausole che la limitassero, se non sono state oggetto di specifica trattativa individuale, potrebbero essere sottoposte al vaglio di un giudice e quindi dichiarabili vessatorie.

Ma come si fa ad avvalersi della garanzia di conformità? Innanzitutto, si deve pretendere dal venditore la consegna di un certificato di conformità del veicolo, che non deve mai avere durata inferiore a 12 mesi e di norma ha una durata di 24 mesi, nel quale si mette nero su bianco il diritto dell’acquirente di avvalersi del diritto di rescindere il contratto in caso di non conformità del veicolo, con richiamo alle sue caratteristiche e ai documenti forniti in merito. Se si riscontrano difetti di conformità nell’auto acquistata, il consumatore li deve denunciare a chi gli ha venduto il veicolo (il soggetto con cui ha concluso il contratto), quindi al concessionario o al privato, entro 60 giorni dal momento in cui vengono scoperti. In questi casi l’onere della prova è del venditore: spetta cioè a lui provare che il difetto o danno non è tale o che è dovuto all’uso dell’auto da parte dell’acquirente. E ai fini della garanzia valgono anche le informazioni date in fase di illustrazione del prodotto e trattativa. In particolare, se il consumatore dichiara al venditore di cercare una particolare caratteristica nell’auto e il venditore gli garantisce che il veicolo la possiede, nel caso in cui questo non risultasse veritiero il consumatore ha il diritto di rescindere dal contratto. Ma c’è di più: anche quello che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi sulle caratteristiche del veicolo fa parte del contratto. Questo al netto del diritto-dovere di chi vende l’auto usata di rendere noti all’acquirente i vizi in essere e quelli potenziali del veicolo, in modo che il consumatore sia informato e preparato in merito a possibili nuove spese che potrebbe dover sostenere. In particolare chi vende deve fornire tutte le informazioni e se possibile documentazione sugli equipaggiamenti, il loro valore, il chilometraggio effettivo percorsi, le scadenze di manutenzione e revisione con l’indicazione elle parti, eventuali interventi importanti effettuati sul veicolo, il numero effettivo dei proprietari precedenti, l’origine del veicolo (ad esempio se è stato utilizzato per noleggio o come taxi, se era un’auto aziendale ecc.). Naturalmente deve essere fornito il libretto d’uso e manutenzione del veicolo e il libretto dei tagliandi, in originale o in fotocopia. Ma quali sono i casi più comuni di non conformità del veicolo? Da una parte ci sono le irregolarità documentali (mancata consegna di documenti, revisione scaduta, tagliando non effettuato), le modifiche effettuate alle componenti elettriche o meccaniche del veicolo e non dichiarate, livello di usura di parti meccaniche superiore a quanto dichiarato (ad esempio il venditore rassicura sull’ottima tenuta dei freni e invece poco dopo l’acquisto si rende necessaria la sostituzione delle pasticche o dei dischi), cambio delle marce difficoltoso, tappezzeria o carrozzeria in cattivo stato in aree non immediatamente visibili. «Va da sé che quando si ha a che fare con un venditore professionale si deve prestare ancora maggior attenzione – conclude il presidente di Adico Garofolini – perché spesso vengono utilizzati metodi subdoli per chiudere l’affare a proprio vantaggio: bisogna quindi prestare la massima attenzione a ciò che si firma, anzi sempre meglio farsi dare prima copia di tutto, farselo spiegare nei dettagli dal venditore e da una terza persona e ricordandogli che ogni clausola firmata può essere sottoposta al vaglio del giudice se il consumatore prova che non è stata oggetto di specifica trattativa individuale».

FRODI: IMPIANTI BENZINA MANOMESSI, TRUFFATI AUTOMOBILISTI

da Codacons

IL CODACONS CHIEDE CONTROLLI A TAPPETO IN TUTTA ITALIA
IL GOVERNO MODIFICHI IL DECRETO 18 GENNAIO 2011, N. 32

Ogni volta che la Guardia di Finanza effettua controlli a tappeto nelle stazioni di servizio si trovano distributori di carburanti taroccati che erogano molto meno rispetto a quanto indicato sulla colonnina. Questa volta è stata la Gdf di Padova a scoprire la frode. Ma la pratica illegale di barare sul quantitativo di litri immessi nel serbatoio è più diffusa di quanto si possa credere e riguarda tutta Italia. Per questo il Codacons chiede che la Guardia di Finanza prosegua nei controlli, intensificandoli.

Inoltre l’associazione di consumatori chiede al Governo Monti la modifica del Decreto n. 32 del 18 gennaio 2011, un autentico colpo di spugna voluto dal Governo Berlusconi che ha innalzato la tolleranza per i controlli metrologici casuali di addirittura il 50%, abbassando così la tutela degli automobilisti da queste frodi. Come se non bastassero i 5 aumenti delle accise voluti nel 2011, l’aumento dell’iva ed il prezzo industriale alle stelle. Così, mentre prima dell’entrata in vigore del decreto la tolleranza era lo 0,5%, ora è salita allo 0,75%. In pratica su un pieno di 50 litri, considerando il prezzo di 2 euro al litro, il decreto consente di fregare al consumatore 0,375 litri, equivalenti a 75 centesimi, contro i precedenti 0,25 litri, corrispondenti a 50 centesimi. Considerato che un piccolo distributore eroga almeno 1 milione di litri di carburanti, si tratta di una frode che consente di guadagnare minimo 15.000 euro in un anno. Per un grande distributore che può erogare 6 milioni di litri di carburante si tratta di 90.000 euro sottratti alle tasche degli automobilisti italiani, che, truffa a parte, sono già i più tartassati d’Europa.

NON APRITE LA MAIL “NOTIFICA DI RIMBORSI FISCALI”: È FALSA!

da Adiconsum

L’Agenzia delle Entrate in una nota avverte che la mail con il logo delle Agenzie delle Entrate e con all’oggetto la dicitura “Notifica di rimborsi fiscali” è FALSA! Si tratta di un vera e propria truffa ai danni dei contribuenti, un tentativo di “phishing” per ottenere illecitamente dati personali. Infatti Il testo della mail invita a scaricare e compilare un modulo per richiedere un rimborso, riportando anche tutti i dati della carta di credito.

Il consiglio è di ELIMINARE LA MAIL E DI NON APRIRE L’ALLEGATO, perché potenzialmente pericoloso.

L’Agenzia delle Entrate ricorda che per chiedere un rimborso l’iter da seguire è il seguente:

  • andare sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it – cosa devi fare – richiedere – rimborsi. Il rimborso verrà poi accreditato sul conto corrente.

In nessun caso l’Agenzia delle Entrate richiede informazioni sulle carte di credito!

Truffe lavoro – L’inchiesta UNC

da Unione Nazionale Consumatori

Nel mondo degli inganni e dei raggiri, le truffe in danno di chi cerca lavoro sono tra le più spregevoli perché fanno leva sulle speranze di chi sta cercando un’occupazione con il solo intento di “spillare” dei soldi al malcapitato di turno.

Proprio per analizzare i raggiri più frequenti e le tecniche più utilizzate dai truffatori, la nostra Unione ha di recente realizzato un’inchiesta da cui emerge che i truffatori scelgono principalmente i giovani come vittime predilette: desiderosi di accedere al mondo del lavoro, sono infatti inclini a trascurare quelli che invece rappresentano dei veri e propri campanelli di allarme. Complice la crisi, dobbiamo aggiungere che stanno aumentando i casi di raggiri anche in danno di persone appartenenti ad altre fasce di età, magari padri di famiglia che hanno da poco perso il lavoro e sono in cerca di nuova occupazione.

Ecco i casi di truffa più frequenti:

 

  • Al provino segue la richiesta di un corso di formazione a pagamentocon la promessa di una finta assunzione
  • Realizzazione di un costoso book fotografico
  • Iscrizione a un clubche nasconde meccanismi di vendita piramidali
  • Lavoro a domicilio con lauti guadagni
  • Installazione distributori di gadget, caramelle
  • Offerta di lavoro via mail come intermediario finanziario

Ed ecco come difendersi:

  • Diffidiamo di chi ha fretta di farci concludere l’ “affare” e di chi ci chiede somme di denaro per iniziare l’attività
  • Leggiamo sempre il contratto dall’inizio alla fine 
  • Pretendiamo copia scritta del contratto, timbrata e firmata dal datore di lavoro
  • Verifichiamo se l’azienda è iscritta alla Camera di Commercio
  • Non firmiamo mai documenti in bianco
  • Facciamo una ricerca su Internet in cerca di notizie circa l’esperienza di altri
  • In caso di problemi reclamiamo sempre per iscritto

Ricordiamo inoltre che, in caso di problemi, è possibile rivolgersi alle Forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza) e alle Associazioni dei consumatori.

Forse per il pudore nel confidare che si è avuta la necessità di trovare un lavoro, forse per la vergogna di dire che si ha abboccato all’amo, abbiamo modo di credere che il numero (relativamente modesto) di segnalazioni possa nascondere la reale portata del fenomeno. Anche perché raccontare la propria esperienza negativa può servire a tutelare altri dal cadere in un simile inganno.

Potranno essere segnalati casi all’indirizzo info@consumatori.it, indicando nell’oggetto “TRUFFE LAVORO”.