ZANZARE: Come difendersi

Occorre sfatare una leggenda metropolitana: le zanzare preferiscono il sangue dolce. Tale credenza e’ priva di logica perche’ per succhiare il sangue piu’ “dolce” le zanzare devono comunque pungere la persona; e’ invece l’odore della pelle e la sua temperatura che le attirano ed e’ per questo motivo che esistono in commercio prodotti repellenti da spalmare sul corpo. Un tempo le zanzare pungevano prevalentemente di sera, oggi con la presenza della fastidiosissima zanzara tigre, gli attacchi si svolgono anche di giorno, tanto che alcuni Comuni hanno avviato operazioni di bonifica del territorio. Il metodo piu’ antico per difendersi dalle zanzare e’ quello della… zanzariera. Alle finestre o sopra il letto, la zanzariera offre da millenni la sua naturale ed efficace protezione contro gli insetti fastidiosi e nocivi. Sono, comunque, disponibili insetticidi in diverse modalita’ d’uso: spray, spirali e diffusori. Sono efficaci con l’avvertenza di tenersi lontani dai luoghi dove vengono irrorati  e di collocare i propagatori vicino a porte e finestre e non accanto al  letto o al divano. L’uso di tenere piante aromatiche (basilico, citronella, geranio, lavanda, ecc) su balconi e terrazze, oltre ad abbellirle, svolge un’azione di contenimento delle zanzare, al dire il vero un po’ blanda, che puo’ essere aumentata scuotendo le piante stesse in modo da diffondere nell’ambiente le essenze in esse contenute. Altri rimedi sono quelli che chiamiamo le “sedie elettriche per gli insetti”: sono le lampade a raggi ultravioletti con “griglia” elettrica; vanno di moda le “racchette elettriche” che possono essere agitate nell’aria proprio come una racchetta da tennis; spesso sulla “griglia” finiscono una moltitudine di insetti che sono scambiati per zanzare. Insomma tra zanzariere, creme e insetticidi il sistema di difesa c’e’, basta attivarlo con un po’ di anticipo rispetto all’attacco pungitore.

Il grana padano abbassa la pressione?

da Aduc – di Primo Mastrantoni

All’European Meeting on Hypertension 2012, in Gran Bretagna,  e’ stata presentata la ricerca (1) di un gruppo italiano sugli effetti benefici che il grana padano avrebbe sulla pressione arteriosa. Responsabili sarebbero alcune sostanze contenute nel grana padano che avrebbero una azione inibitoria dell’enzima di conversione dell’angiotensina, che agisce  sulla pressione arteriosa. Gli autori hanno selezionato 29 soggetti in terapia antipertensiva che non assumevano farmaci ed hanno integrato la loro dieta con 30 g di grana padano per due mesi, senza alterare l’apporto calorico totale. Dopo il trattamento non si sono verificate variazioni nell’indice di massa corporea e nei valori del colesterolo totale e HDL, dei trigliceridi, della  glicemia, del sodio e potassio. I risultati raccolti sono comparabili a quelli dei farmaci e superiori a quelli ottenuti con la sola restrizione del sodio alimentare. I risultati migliori si sono ottenuti con i formaggi mediamente invecchiati (9-12 mesi) perché in quel periodo la concentrazione delle sostanze inibenti e’ maggiore. Riguardo ai dubbi sull’eccessivo apporto di acidi grassi saturi e sodio col formaggio, gli autori fanno notare che questo tipo di formaggio non e’ particolarmente ricco di grassi o di sodio, almeno in confronto con altri alimenti consumati: 30 g di grana padano contengono 128-129 mg di sodio e 6 g di grassi (4 g saturi, 2 g insaturi). L’effetto del grana padano non si somma a quello dei farmaci. Insomma, notizia confortante. L’idea di curarsi mangiando e gustando non ci dispiace.
(1) Crippa G et al. Dietary Integration with Grana Padano cheese effectively reduces blood pressure in hypertensive patients. J Hypertension 2012; 30 (e-Supplement A): e376.

Farmaci. Occorre piu’ evidenza alle avvertenze di prescrizione nelle etichette

da Aduc – di Primo Mastrantoni

Gli standard di etichettatura dei farmaci andrebbero riviste alla luce del fatto che le avvertenze su particolari prescrizioni, se presentate in colori non a contrasto sfuggono all’attenzione dei pazienti piu’ anziani. Lo ha dimostrato una ricerca non particolarmente ampia, ma significativa, condotta presso la School of packaging nel Michigan. I ricercatori hanno arruolato una trentina di partecipanti meta’ dei quali di eta’ inferiore ai 20 anni e meta’ oltre i 50 anni. E’ stato chiesto loro di osservare diverse fiale e flaconi su ognuno dei quali era stata apposta, oltre all’ordinaria etichettatura a fondo bianco, un’avvertenza sulla prescrizione (prescription warning label) in diversi colori e con i testi stampati a contrasto.

Poi e’ stato chiesto loro di guardare un set di etichette e dire quali di queste erano presenti su farmaci osservati in precedenza, senza entrare nel merito dei contenuti. Ne e’ emerso che i soggetti piu’ anziani avevano meno probabilita’ di ricordarle, a differenza di quelli piu’ giovani che invece riuscivano a farlo. E non era una questione di buona memoria ma di attenzione: i ricercatori, infatti, studiando i tracciati dei movimenti degli occhi durante le osservazioni, hanno notato che lo sguardo degli anziani aveva meno probabilita’ di posarsi sulle warning label, e, inoltre, tutti i partecipanti erano piu’ concentrati sull’etichetta principale bianca, e non su quella di avvertenza. Indicazione importante per stabilire dove apporre tali indicazioni: “La nostra prima raccomandazione” scrivono gli autori «potrebbe essere quella di spostare tutti gli avvertimenti su adesivi colorati dentro la principale etichetta bianca, che il 100% dei partecipanti ha letto”. Una sollecitazione in tal senso l’abbiamo fatta al ministro della Salute, Renato Balduzzi.

Allergie. Buone prospettive per un vaccino

da Aduc

Le cause del diffondersi del “raffreddore da fieno” non sono chiare. In compenso c’è un vaccino contro le allergie da pollini erbacei che ha dato buoni risultati, quanto meno in un primo studio clinico.
Il raffreddore da fieno o rinite allergica sta diventando un’autentica pandemia. Nei Paesi industrializzati dell’Occidente almeno una persona su tre reagisce ai pollini con lacrimazione, prurito, naso che cola, starnuti. Fenomeno in aumento, tanto da far prevedere che nei prossimi decenni il numero di allergici salirà al 50%-60% della popolazione. Se i motivi della diffusione abnorme di questa malattia da civilizzazione sono ancora oscuri, c’è però una speranza: i vaccini, intorno a cui si lavora da decenni, cominciano a mostrare efficacia.

Come quello dell’azienda viennese Biomay (1), che la settimana scorsa ha presentato i risultati di uno studio di fase II-a su un vaccino contro una settantina di pollini erbacei. E’ considerato sicuro, ben tollerato, capace di ridurre significativamente i sintomi. L’azienda esulta, in quanto i risultati dimostrerebbero la qualità della tecnologia utilizzata. Il vaccino BM32 consiste in una proteina artificiale composta da due parti: una deriva dai pollini che provocano le allergie -si tratta degli ambiti riconosciuti dai linfociti B nell’organismo; la seconda è una proteina trasportatrice, che provoca una reazione e provvede al necessario aiuto tramite i linfociti T. Le due proteine sono state fuse in laboratorio. Nel corpo umano questa combinazione fa sì che si formino degli specifici anticorpi del tipo IgG, i quali si dirigono contro gli anticorpi di tipo IgE -responsabili delle reazioni allergiche- e sono proprio queste conseguenze che la vaccinazione blocca. L’esito scaturisce dal seguente esperimento: i soggetti sono stati sottoposti a una quantità controllata di pollini erbacei e in seguito ne sono stati esaminati i sintomi. In più gli è stato fatto un Prick test cutaneo. In tutt’e due gli esami è stato notato un significativo sollievo delle reazioni allergiche rispetto al gruppo di controllo (placebo). La via che porta a un vaccino commercializzabile è però ancora lunga. Già quest’anno, in undici Centri Allergie europei inizia la fase II-b, con 180 soggetti che saranno vaccinati in due stagioni di pollini. I risultati saranno disponibili solo nel 2014, e prima che il vaccino possa arrivare sul mercato ci vorrà ancora una grande fase III.
(1) Biomay collabora con Medizin-Uni di Vienna e con l’Università di Salisburgo. Inoltre è partner industriale di quattro laboratori Christian Doppler che si occupano di immunologia.
(articolo di Martin Kugler per Die Presse del 16-06-2012. Traduzione di Rosa a Marca)

Farmaci. L’antibiotico azitromicina a rischio cardiaco

da Aduc – di Primo Mastrantoni

L’antibiotico azitromicina puo’ provocare scompensi cardiaci che possono portare alla morte. Durante 5 giorni di terapia con azitromicina, c’e’ stato un piccolo aumento dei decessi cardiovascolari, che e’ stato piu’ pronunciato nei pazienti con un rischio di base di malattie cardiovascolari. La notizia e’ riportata dal New England Journal of Medicine (GB) e ripresa dalla FDA (Food and Drug Administration, USA) che sta approfondendo l’argomento. L’azitromicina e’ un antibiotico di prescrizione che puo’ essere utilizzato per il trattamento della bronchite, delle infezioni polmonari, dell’orecchio, della pelle, della gola e delle malattie sessualmente trasmissibili. Il consiglio e’ quello di sentire il proprio medico per valutare eventuali rischi.

Stop a iniezioni gel per aumentare seno

a Ansa.it

In Gran Bretagna lo definiscono ‘lunchtime breast’, ovvero il ‘seno della pausa pranzo’, perche’ basta meno di un’ora – ovvero il tempo di uno snack – per aumentarne il volume. Il tutto con un trattamento ‘soft’ che prevede un’iniezione di gel rimodellante. Oggi pero’ arriva, da parte della stessa azienda distributrice del gel in questione, il ‘Macrolane, lo stop all’utilizzo del prodotto: non e’ in discussione la sicurezza del materiale, si precisa, ma si e’ visto che il gel determina difficolta’ nella lettura degli esami radiologici, in particolare le mammografie, che servono per lo screening contro il cancro alla mammella.

Un allarme non da poco – e che arriva dopo lo scandalo e la grande paura per le protesi mammarie francesi Pip, ritirate perche’ a rischio rottura – considerando la fondamentale importanza degli esami di prevenzione rispetto a questo ‘big killer’ delle donne che e’, appunto, il cancro alla mammella. E la prevenzione, affermano gli esperti, resta oggi un’arma fondamentale, come ricorda anche la XIII edizione di ‘Race for the cure’, la ‘corsa contro il cancro al seno’, in programma a Roma dal 18 al 20 maggio. Proprio per non mettere potenzialmente a rischio la lettura dei test preventivi, la ditta distributrice, Q-Med, ha dunque deciso di modificare le istruzioni di utilizzo di questo prodotto rimodellante per il corpo, eliminando l’indicazione per il trattamento del seno. In Italia, secondo le stime del chirurgo estetico Giulio Basoccu, responsabile della Divisione di Chirurgia Plastica, Estetica e Ricostruttiva dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano (Ini), sarebbero circa 4mila i trattamenti eseguiti con Macrolane. Ma gli esperti invitano a non creare allarmismi anche se, come sottolinea il presidente dell’Associazione britannica dei chirurghi plastici, Fazel Fatah, ”qualunque trattamento per il seno può essere considerato sicuro solo nel momento in cui si conoscono i suoi effetti a lungo termine rispetto agli screening anti-cancro”. Rassicurazioni arrivano dall’Associazione italiana chirurgia plastica estetica (Aicpe): ”Le pazienti che hanno utilizzato Macrolane – afferma il chirurgo Alessandro Casadei di Aicpe – non hanno nulla da temere. La decisione di sospendere l’utilizzo per il seno è stata presa in base a difficoltà nella valutazione del tessuto ghiandolare mammario in caso di mammografia. Non ci sarebbero problemi, invece, con ecografie e risonanze mammarie. Non è in discussione la sicurezza del prodotto”. Ad ogni modo, afferma Basoccu, “in Italia il prodotto non ha avuto una larghissima diffusione, questo perché può essere utilizzato solo da una cerchia ristretta di donne, ovvero donne con caratteristiche molto precise: il seno, ad esempio, non deve essere rilassato o svuotato, ed il gel può garantire solo un modesto aumento di volume”. Oltre che per le difficolta’ che determina nelle diagnosi radiologiche, conclude l’esperto, ”come molti chirurghi, non consiglio comunque l’utilizzo di tale gel anche perché, oltre che costoso, ha una durata relativa, essendo riassorbibile”.

Mobili e formaldeide

da Aduc – di Primo Mastrantoni

Si apre oggi, a Milano, il Salone internazionale del mobile. E’ anche il momento per fare il punto sulla sicurezza dei mobili. Tornare a casa e sentire un odore aspro che prende alla gola e fa lacrimare gli occhi non e’ proprio salutare. Si puo’ pensare ad una fuga di gas dalla cucina ma non e’ cosi’. E’ invece la formaldeide, una sostanza usata nella produzione delle resine che trovano impiego nelle schiume isolanti, negli adesivi, nelle colle e nelle vernici. In pratica la formaldeide e’ presente nei materiali di costruzione e nell’arredamento domestico. Insomma la maggior parte degli agglomerati o compensati di legno contiene formaldeide, che viene rilasciata nel corso degli anni.

Il Centro internazionale di ricerca sul cancro (Francia) ha definitivamente classificato la formaldeide come cancerogeno certo per l’uomo. L’attivita’ cancerogena riguarda in particolare le prime vie aeree (rino-faringe, fosse nasali, seni paranasali). Cosa fare? Per coloro che gia’ hanno acquistato mobili il consiglio e’ quello di aerare il piu’ possibile, tenendo aperte le ante o i cassetti dei mobili. Per chi non vuole correre rischi consigliamo l’acquisto di mobili senza formaldeide. Esistono e sono certificati, ed e’ bene che i consumatori, che vogliono tutelare la propria salute, inizino a indirizzare il mercato. Ai costruttori, preoccupati per la concorrenza dei mobili dei Paesi asiatici, non possiamo che consigliare di puntare sulla qualita’, anche dal punto di vista della sicurezza dei mobili.