Stop alle “bollette pazze”.

La recente notizia riguarda in particolare le bollette dell’energia elettrica che vedranno sospesi gli importi derivanti da maxi conguagli. Non solo: la prescrizione delle stesse fatture da cinque anni si riduce a due. Tali decisioni al vertice sono state prese per agevolare i pagamenti delle famiglie e delle piccole e medie imprese. L’Autorità dell’Energia ha infatti stabilito la riduzione degli importi non ordinari che si applicano alle fatture con scadenza successiva al 1° marzo. Se poi i consumi sono riferiti ad un periodo superiore ai due anni il cliente è legittimato a sospendere il pagamento, previo reclamo al venditore.

Nei casi in cui l’Antitrust abbia aperto un procedimento nei confronti del fornitore, l’utente finale avrà il diritto di ricevere il rimborso dei pagamenti effettuati qualora il procedimento si concluda con l’accertamento di una violazione. Famiglie e piccole imprese in questo modo potranno “respirare” e saranno protette dal rischio di dover pagare “maxibollette” con importi molto superiori al consueto, derivanti da ritardi dei venditori, ad esempio blocco di fatturazione, rettifiche del dato di misura precedentemente fornito dal distributore e utilizzato per fatturare oppure mancate letture del contatore da parte dei distributori, laddove tale assenza non sia riconducibile alla condotta del consumatore stesso.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Casa: interventi che non richiedono la presentazione di Scia o Cila al comune.

Dobbiamo ristrutturare casa: in quale situazione non è prevista la documentazione da portare al comune per dichiarare l’inizio dei lavori? Ciò che regola il tema è l’edilizia libera, campo in cui rientrano i lavori in casa, o fuori, che non necessitano di particolari autorizzazioni quali Cil, Cila o Scia. Rientrano quindi nell’elenco i lavori di manutenzione ordinaria dell’appartamento: tinteggiature interne, sostituzioni di pavimenti, sanitari o impianti, tinteggiature delle facciate senza modifiche, anche di colore se le impalcature non occupano il suolo pubblico, e l’eliminazione di barriere architettoniche purché non si alteri la sagoma dell’edificio. Rientrano nella lista dell’edilizia libera anche le opere di arredo del giardino: muretti, fontane, ripostigli per attrezzi, ricoveri per animali.

Per le tensostrutture ovvero quelle opere realizzate con materiali mantenuti in posizione tramite tensione come, ad esempio, teli e plastica per capannoni e serre, l’installazione richiede la comunicazione mentre la manutenzione, la riparazione o la rimozione resta libera. Fuori dai centri storici è libera da autorizzazioni anche l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici. Sono invece soggette a permesso di costruire tutte le “nuove costruzioni” e gli ampliamenti di casa, salvo eccezioni che rientrano nella Scia. Infine anche l’installazione di gazebo, pergolati o ripostigli non richiedono il permesso solo se “di limitate dimensioni”.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Addio ai centesimi!

A partire dal primo gennaio 2018 il decreto n° 50/2017 ha ufficializzato la sospensione del conio delle monete da uno e due centesimi. Le stesse ancora in circolazione continueranno ad avere valore legale anche nel periodo di sospensione, anzi, l’importo del prezzo verrà arrotondato al multiplo di cinque centesimi più vicino. Se invece al posto dei contanti si preferisce utilizzare il bancomat, o altro tipo di carta, non saranno previsti arrotondamenti ma si pagherà il prezzo preciso del bene acquistato.

La necessità di sospendere il conio di tali monete deriva da esigenze pratiche dovute ad uno scarso utilizzo durante le operazioni quotidiane. Basti pensare a quante volte ci siamo ritrovati il portafoglio pieno di monetine, le stesse che, non vengono neanche accettate dai parchimetri o dai vari distributori. Quale sarà il risultato di tale operazione? La sospensione del conio dei centesimi comporterà allo Stato un risparmio notevole pari a 20 milioni di euro! Una cifra ingente da destinare ad altri progetti.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Bonus nido 2018: come richiederlo.

Il bonus nido è un contributo pari a circa 1.000 euro l’anno che spetta ai figli nati o adottati dal 1° gennaio 2016 per il pagamento dell’ asilo nido pubblico e privato. Il bonus aiuta anche i bambini al di sotto dei tre anni di età,  affetti da gravi patologie croniche fornendo assistenza domiciliare. È erogato direttamente dall’INPS con pagamenti a cadenza mensile: ciò significa che i genitori saranno rimborsati dell’importo sostenuto per iscrizione e rette del nido. Il bonus non è legato al reddito e le domande potranno essere presentate fino al 31 dicembre 2018 per via telematica. In particolare i servizi telematici sono accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN: per l’autenticazione la persona interessata potrà usare il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Si può inoltre contattare il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o 06 164.164 (a pagamento) per presentare domanda oppure recarsi presso un patronato. In caso di famiglie numerose con più figli a carico è possibile presentare una domanda per ciascuno di essi cumulando gli importi disponibili. Sulle domande pesa, comunque, un vincolo di bilancio che per l’anno in corso è pari a 250 milioni di euro Nel caso in cui, a seguito del numero delle domande presentate, venga raggiunto tale limite di spesa, l’Inps non prenderà in considerazione ulteriori domande. L’ordinamento delle domande, ricorda l’Inps, avverrà in base alla data di presentazione telematica delle stesse.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Pensione casalinghe: di cosa si tratta?

La pensione per le casalinghe è un beneficio economico rivolto sia a donne che uomini che si prendono cura, a titolo gratuito, della famiglia e della gestione della casa. In realtà è dal 1997 che esiste un Fondo dedicato a chi svolge quotidianamente tali mansioni e, gli iscritti possono, a determinate condizioni, ricevere una pensione di inabilità o di vecchiaia. Quali sono i requisiti per iscriversi al Fondo? Avere un età compresa tra i 16 ed i 65 anni (vale per entrambi i sessi), svolgere attività di assistenza e cura, di casa e famiglia, senza percepire retribuzione, non essere titolari di pensione diretta, svolgere un lavoro part time con orari conciliabili con il lavoro casalingo.È possibile effettuare l’iscrizione al Fondo per la pensione casalinghe 2018, in qualsiasi periodo dell’anno, presentando domanda per via telematica all’Inps. La domanda può essere effettuata utilizzando tali canali: accedendo ai servizi telematici Inps, se si possiede il Pin oppure contattando il numero verde dell’ente (803.164). Si può inoltre andare presso un Patronato o altri intermediari autorizzati, che provvederanno gratuitamente a trasmettere, per conto del cittadino, la domanda d’iscrizione al Fondo Casalinghe online.

Una volta presentata la domanda, se tutto è tutto in regola, l’Inps accoglie la richiesta inviando all’iscritto i bollettini postali per pagare il contributo mensile. Una volta avvenuta l’iscrizione, questa conserva la sua validità anche se non vengono effettuati tutti i versamenti. In caso di mancato pagamento di qualche bollettino, infatti, l’istituto accrediterà i singoli mesi in base a quelli pagati. L’importo da versare per le persone iscritte al Fondo è libero, ma solo versando un contributo mensile minimo, pari a 25,82 euro, l’Inps può accreditare un mese di contribuzione. In un anno, l’Istituto accredita, pertanto, i mesi che risultano dividendo l’importo totale versato per 25,82 euro, per cui se ad esempio nel corso del 2018 si sono versate 110 euro in totale, vengono riconosciuti quattro mesi di contributi. Il pagamento dovrà essere effettuato tramite bollettini di conto corrente postale inviati direttamente a casa dall’Inps in seguito all’iscrizione. Il pagamento dei contributi può avvenire in qualsiasi momento dell’anno, quindi non per forza al mese. La pensione casalinghe 2018 non è integrabile al trattamento minimo pensionistico e l’importo è da determinare secondo il calcolo contributivo. In particolare, sono a carico dell’Inps la pensione di inabilità, che viene concessa con almeno cinque anni di contributi, a condizione che sia intervenuta l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa e la pensione di vecchiaia, che spetta a partire dal 57° anno di età, a condizione che siano stati versati almeno cinque anni di contributi e viene liquidata solo se l’importo maturato risulta almeno pari all’ammontare dell’assegno sociale maggiorato del 20%. L’importo dell’assegno sociale per il 2018 è pari a 453 euro mensili.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Un appartamento può essere adibito a pizzeria? La risposta é si!

La Cassazione stabilisce che le clausole del regolamento di condominio di natura contrattuale,  che contemplano divieti e limitazioni, devono essere interpretate in maniera rigorosa, secondo il contenuto che emerge dal dato  letterale della norma regolamentare. Divieti e limiti devono quindi risultare da espressioni chiare.  Se non è il regolamento condominiale a proibirlo espressamente, non scatta  il risarcimento in favore dei vicini per l’immissione di rumori ed il ripristino alla situazione originaria nel caso in cui il proprietario trasformi l’immobile in una pizzeria, tramite una scala che collega l’appartamento con il sottostante locale.

Ecco i dettagli della questione: un condomino agiva in giudizio per il ripristino dei luoghi contro alcuni condomini i quali, violando il regolamento condominiale, avevano adibito il loro immobile, destinato esclusivamente ad uso abitativo, a pizzeria, mediante la creazione di una scala di collegamento  interna con il sottostante locale, adibito a sua volta a pizzeria-ristorante. Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che le limitazioni contemplate nel regolamento valessero solo per i locali  cantinati, non sussistendo quindi analoghi vincoli per l’utilizzo degli immobili posti ai piani superiori. La Corte d’appello tuttavia ribaltava la sentenza di primo grado, attesa la pacifica vincolatività del regolamento condominiale,  in quanto trascritto anche nei registri immobiliari e richiamato nel contratto di compravendita dei convenuti. Secondo la corte distrettuale, in particolare, la previsione di una specifica possibilità di utilizzo solo per i detti locali,  imponeva di ritenere che per gli altri locali, quale appunto l’appartamento degli appellati, fosse vietata una diversa destinazione.

Il regolamento era costruito sul principio dell’espressa elencazione delle destinazioni consentite, sicché in mancanza di un’analoga  previsione anche per gli altri locali diversi dai cantinati e dai terranei, doveva concludersi per il divieto di adibire l’appartamento per cui è causa allo svolgimento di attività commerciale. La Corte di cassazione non ha però condiviso la soluzione fornita dai giudici d’appello. Per i giudici di legittimità, il regolamento  condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva in due modi: mediante elencazione specifica di attività vietate oppure facendo riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà  dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare.  Pertanto, nella corretta individuazione della regola dettata dal regolamento contrattuale non si può prescindere al senso letterale delle parole,  cioè univocità delle espressioni letterali utilizzate. Nel caso di specie, la clausola del regolamento si occupa specificamente solo dei limiti alla facoltà di utilizzo dei locali terranei e dei cantinati,  ricavandosi quindi l’esistenza di un limite estremamente rigoroso quanto alle possibilità di utilizzo degli immobili aventi diversi natura, tra cui  anche l’appartamento dei ricorrenti.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

 

Sommersi dalle fidelity card!

Al giorno d’oggi i consumatori sono letteralmente sommersi dalle carte fedeltà che propongono sconti e vantaggi. Il fenomeno non è più esclusivo per i soli supermercati ma si è ampliato a dismisura coinvolgendo molte altre attività commerciali che mirano alla fidelizzazione del cliente. E così anche profumerie, rivenditori di elettrodomestici, grandi magazzini, aziende di trasporti, negozi di abbigliamento e calzature hanno la propria fidelity card. Soffermiamoci però sul meccanismo: le offerte fatte ai consumatori sono davvero convenienti? Spesso capita che non è così infatti, prima di aver diritto al buono sconto previsto, il cliente deve in alcuni casi sostenere una spesa non del tutto indifferente.

Un’altra insidia può nascondersi quando prestiamo il consenso per la compilazione del modulo con i nostri dati personali. Le policy aziendali in termini di trasparenza delle informazioni e di tutela del consumatore spesso non sono ben chiare e ciò comporta che, i nostri dati sensibili, saranno trattati anche da società terze quali fornitori di servizi, distributori, affiliati e consulenti. Come deve comportarsi il consumatore? Prima di entrare nel programma fedeltà di qualsiasi rivenditore bisogna valutare bene pro e contro: si potrebbe essere censiti da una azienda senza aver usufruito di alcun vantaggio, o essere indotti dagli sconti ad incrementare la spesa e trovarsi poi in condizioni di indebitamento. Fate attenzione al fatto che alcune carte fedeltà sono anche carte di pagamento e per questo possono essere collegate a delle finanziarie. Può essere utile valutare bene le condizioni della tessera prima di aderire, per evitare di sottoscrivere anche un finanziamento inconsapevole. Infine è bene leggere a fondo, prima di firmare, il modulo che stiamo compilando: solo così potremo avere un quadro chiaro e capire a cosa andiamo incontro .

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile