Un appartamento può essere adibito a pizzeria? La risposta é si!

La Cassazione stabilisce che le clausole del regolamento di condominio di natura contrattuale,  che contemplano divieti e limitazioni, devono essere interpretate in maniera rigorosa, secondo il contenuto che emerge dal dato  letterale della norma regolamentare. Divieti e limiti devono quindi risultare da espressioni chiare.  Se non è il regolamento condominiale a proibirlo espressamente, non scatta  il risarcimento in favore dei vicini per l’immissione di rumori ed il ripristino alla situazione originaria nel caso in cui il proprietario trasformi l’immobile in una pizzeria, tramite una scala che collega l’appartamento con il sottostante locale.

Ecco i dettagli della questione: un condomino agiva in giudizio per il ripristino dei luoghi contro alcuni condomini i quali, violando il regolamento condominiale, avevano adibito il loro immobile, destinato esclusivamente ad uso abitativo, a pizzeria, mediante la creazione di una scala di collegamento  interna con il sottostante locale, adibito a sua volta a pizzeria-ristorante. Il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo che le limitazioni contemplate nel regolamento valessero solo per i locali  cantinati, non sussistendo quindi analoghi vincoli per l’utilizzo degli immobili posti ai piani superiori. La Corte d’appello tuttavia ribaltava la sentenza di primo grado, attesa la pacifica vincolatività del regolamento condominiale,  in quanto trascritto anche nei registri immobiliari e richiamato nel contratto di compravendita dei convenuti. Secondo la corte distrettuale, in particolare, la previsione di una specifica possibilità di utilizzo solo per i detti locali,  imponeva di ritenere che per gli altri locali, quale appunto l’appartamento degli appellati, fosse vietata una diversa destinazione.

Il regolamento era costruito sul principio dell’espressa elencazione delle destinazioni consentite, sicché in mancanza di un’analoga  previsione anche per gli altri locali diversi dai cantinati e dai terranei, doveva concludersi per il divieto di adibire l’appartamento per cui è causa allo svolgimento di attività commerciale. La Corte di cassazione non ha però condiviso la soluzione fornita dai giudici d’appello. Per i giudici di legittimità, il regolamento  condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva in due modi: mediante elencazione specifica di attività vietate oppure facendo riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà  dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare.  Pertanto, nella corretta individuazione della regola dettata dal regolamento contrattuale non si può prescindere al senso letterale delle parole,  cioè univocità delle espressioni letterali utilizzate. Nel caso di specie, la clausola del regolamento si occupa specificamente solo dei limiti alla facoltà di utilizzo dei locali terranei e dei cantinati,  ricavandosi quindi l’esistenza di un limite estremamente rigoroso quanto alle possibilità di utilizzo degli immobili aventi diversi natura, tra cui  anche l’appartamento dei ricorrenti.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

 

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