Allergie. Buone prospettive per un vaccino

da Aduc

Le cause del diffondersi del “raffreddore da fieno” non sono chiare. In compenso c’è un vaccino contro le allergie da pollini erbacei che ha dato buoni risultati, quanto meno in un primo studio clinico.
Il raffreddore da fieno o rinite allergica sta diventando un’autentica pandemia. Nei Paesi industrializzati dell’Occidente almeno una persona su tre reagisce ai pollini con lacrimazione, prurito, naso che cola, starnuti. Fenomeno in aumento, tanto da far prevedere che nei prossimi decenni il numero di allergici salirà al 50%-60% della popolazione. Se i motivi della diffusione abnorme di questa malattia da civilizzazione sono ancora oscuri, c’è però una speranza: i vaccini, intorno a cui si lavora da decenni, cominciano a mostrare efficacia.

Come quello dell’azienda viennese Biomay (1), che la settimana scorsa ha presentato i risultati di uno studio di fase II-a su un vaccino contro una settantina di pollini erbacei. E’ considerato sicuro, ben tollerato, capace di ridurre significativamente i sintomi. L’azienda esulta, in quanto i risultati dimostrerebbero la qualità della tecnologia utilizzata. Il vaccino BM32 consiste in una proteina artificiale composta da due parti: una deriva dai pollini che provocano le allergie -si tratta degli ambiti riconosciuti dai linfociti B nell’organismo; la seconda è una proteina trasportatrice, che provoca una reazione e provvede al necessario aiuto tramite i linfociti T. Le due proteine sono state fuse in laboratorio. Nel corpo umano questa combinazione fa sì che si formino degli specifici anticorpi del tipo IgG, i quali si dirigono contro gli anticorpi di tipo IgE -responsabili delle reazioni allergiche- e sono proprio queste conseguenze che la vaccinazione blocca. L’esito scaturisce dal seguente esperimento: i soggetti sono stati sottoposti a una quantità controllata di pollini erbacei e in seguito ne sono stati esaminati i sintomi. In più gli è stato fatto un Prick test cutaneo. In tutt’e due gli esami è stato notato un significativo sollievo delle reazioni allergiche rispetto al gruppo di controllo (placebo). La via che porta a un vaccino commercializzabile è però ancora lunga. Già quest’anno, in undici Centri Allergie europei inizia la fase II-b, con 180 soggetti che saranno vaccinati in due stagioni di pollini. I risultati saranno disponibili solo nel 2014, e prima che il vaccino possa arrivare sul mercato ci vorrà ancora una grande fase III.
(1) Biomay collabora con Medizin-Uni di Vienna e con l’Università di Salisburgo. Inoltre è partner industriale di quattro laboratori Christian Doppler che si occupano di immunologia.
(articolo di Martin Kugler per Die Presse del 16-06-2012. Traduzione di Rosa a Marca)

Farmaci. L’antibiotico azitromicina a rischio cardiaco

da Aduc – di Primo Mastrantoni

L’antibiotico azitromicina puo’ provocare scompensi cardiaci che possono portare alla morte. Durante 5 giorni di terapia con azitromicina, c’e’ stato un piccolo aumento dei decessi cardiovascolari, che e’ stato piu’ pronunciato nei pazienti con un rischio di base di malattie cardiovascolari. La notizia e’ riportata dal New England Journal of Medicine (GB) e ripresa dalla FDA (Food and Drug Administration, USA) che sta approfondendo l’argomento. L’azitromicina e’ un antibiotico di prescrizione che puo’ essere utilizzato per il trattamento della bronchite, delle infezioni polmonari, dell’orecchio, della pelle, della gola e delle malattie sessualmente trasmissibili. Il consiglio e’ quello di sentire il proprio medico per valutare eventuali rischi.

Stop a iniezioni gel per aumentare seno

a Ansa.it

In Gran Bretagna lo definiscono ‘lunchtime breast’, ovvero il ‘seno della pausa pranzo’, perche’ basta meno di un’ora – ovvero il tempo di uno snack – per aumentarne il volume. Il tutto con un trattamento ‘soft’ che prevede un’iniezione di gel rimodellante. Oggi pero’ arriva, da parte della stessa azienda distributrice del gel in questione, il ‘Macrolane, lo stop all’utilizzo del prodotto: non e’ in discussione la sicurezza del materiale, si precisa, ma si e’ visto che il gel determina difficolta’ nella lettura degli esami radiologici, in particolare le mammografie, che servono per lo screening contro il cancro alla mammella.

Un allarme non da poco – e che arriva dopo lo scandalo e la grande paura per le protesi mammarie francesi Pip, ritirate perche’ a rischio rottura – considerando la fondamentale importanza degli esami di prevenzione rispetto a questo ‘big killer’ delle donne che e’, appunto, il cancro alla mammella. E la prevenzione, affermano gli esperti, resta oggi un’arma fondamentale, come ricorda anche la XIII edizione di ‘Race for the cure’, la ‘corsa contro il cancro al seno’, in programma a Roma dal 18 al 20 maggio. Proprio per non mettere potenzialmente a rischio la lettura dei test preventivi, la ditta distributrice, Q-Med, ha dunque deciso di modificare le istruzioni di utilizzo di questo prodotto rimodellante per il corpo, eliminando l’indicazione per il trattamento del seno. In Italia, secondo le stime del chirurgo estetico Giulio Basoccu, responsabile della Divisione di Chirurgia Plastica, Estetica e Ricostruttiva dell’Istituto Neurotraumatologico Italiano (Ini), sarebbero circa 4mila i trattamenti eseguiti con Macrolane. Ma gli esperti invitano a non creare allarmismi anche se, come sottolinea il presidente dell’Associazione britannica dei chirurghi plastici, Fazel Fatah, ”qualunque trattamento per il seno può essere considerato sicuro solo nel momento in cui si conoscono i suoi effetti a lungo termine rispetto agli screening anti-cancro”. Rassicurazioni arrivano dall’Associazione italiana chirurgia plastica estetica (Aicpe): ”Le pazienti che hanno utilizzato Macrolane – afferma il chirurgo Alessandro Casadei di Aicpe – non hanno nulla da temere. La decisione di sospendere l’utilizzo per il seno è stata presa in base a difficoltà nella valutazione del tessuto ghiandolare mammario in caso di mammografia. Non ci sarebbero problemi, invece, con ecografie e risonanze mammarie. Non è in discussione la sicurezza del prodotto”. Ad ogni modo, afferma Basoccu, “in Italia il prodotto non ha avuto una larghissima diffusione, questo perché può essere utilizzato solo da una cerchia ristretta di donne, ovvero donne con caratteristiche molto precise: il seno, ad esempio, non deve essere rilassato o svuotato, ed il gel può garantire solo un modesto aumento di volume”. Oltre che per le difficolta’ che determina nelle diagnosi radiologiche, conclude l’esperto, ”come molti chirurghi, non consiglio comunque l’utilizzo di tale gel anche perché, oltre che costoso, ha una durata relativa, essendo riassorbibile”.

Mobili e formaldeide

da Aduc – di Primo Mastrantoni

Si apre oggi, a Milano, il Salone internazionale del mobile. E’ anche il momento per fare il punto sulla sicurezza dei mobili. Tornare a casa e sentire un odore aspro che prende alla gola e fa lacrimare gli occhi non e’ proprio salutare. Si puo’ pensare ad una fuga di gas dalla cucina ma non e’ cosi’. E’ invece la formaldeide, una sostanza usata nella produzione delle resine che trovano impiego nelle schiume isolanti, negli adesivi, nelle colle e nelle vernici. In pratica la formaldeide e’ presente nei materiali di costruzione e nell’arredamento domestico. Insomma la maggior parte degli agglomerati o compensati di legno contiene formaldeide, che viene rilasciata nel corso degli anni.

Il Centro internazionale di ricerca sul cancro (Francia) ha definitivamente classificato la formaldeide come cancerogeno certo per l’uomo. L’attivita’ cancerogena riguarda in particolare le prime vie aeree (rino-faringe, fosse nasali, seni paranasali). Cosa fare? Per coloro che gia’ hanno acquistato mobili il consiglio e’ quello di aerare il piu’ possibile, tenendo aperte le ante o i cassetti dei mobili. Per chi non vuole correre rischi consigliamo l’acquisto di mobili senza formaldeide. Esistono e sono certificati, ed e’ bene che i consumatori, che vogliono tutelare la propria salute, inizino a indirizzare il mercato. Ai costruttori, preoccupati per la concorrenza dei mobili dei Paesi asiatici, non possiamo che consigliare di puntare sulla qualita’, anche dal punto di vista della sicurezza dei mobili.

PROTESI METALLO SU METALLO PERICOLOSE. IL CODACONS DENUNCIA: GIA’ DAL 2001 LE AUTORITA’ ITALIANE ERANO AL CORRENTE DEI RISCHI MA NESSUNO HA FATTO NULLA

da Codacons

L’ASSOCIAZIONE DENUNCIA IL MINISTERO DELLA SALUTE E AVVIA AZIONI RISARCITORIE IN FAVORE DEI CITTADINI
INDAGARE ANCHE SU RAPPORTI TRA MEDICI E AZIENDE PRODUTTRICI
INTANTO 180 DONNE CON LE PROTESI PIP CHIEDONO 1.800.000 EURO DI RISARCIMENTO CON IL CODACONS E IL DIRITTO A RIFARE IMPIANTO A CARICO DEL SSN

La pericolosità delle protesi metallo su metallo era già nota alle autorità sanitarie italiane a partire dall’anno 2001, ma solo di recente nel nostro paese sono stati adottati provvedimenti a tutela della salute dei cittadini. Lo denuncia oggi il Codacons, che a conferma di tale circostanza riporta un articolo pubblicato nel 2001 su una importante rivista scientifica italiana di ortopedia, che dimostra chiaramente i rischi connessi a tali impianti. Altri paesi come la Francia – ricorda il Codacons – già a partire dagli anni ’90 adottarono provvedimenti relativi alle protesi metallo su metallo, come forma di tutela dei propri cittadini, mentre da noi nessuno si è mosso. Ecco cosa dice l’articolo in questione:

Da una revisione della letteratura, oltre a possibili reazioni allergiche, è emerso il problema della tossicità locale e sistemica in presenza di detriti metallici liberati dai materiali protesici. Ben documentate in letteratura sono le dermatosi su base allergica dopo impianto di materiali metallici: orticarie ed eczemi sistemici o locali 1. Gli ioni metallo vengono rimossi dal sistema linfatico e possono depositarsi nei linfonodi 2-5 oppure possono essere immessi nel torrente ematico come dimostrano gli alti livelli sierici riscontrati in pazienti protesizzati ed il conseguente loro accumulo in organi quali fegato, milza e cuore. Si sono osservate neuropatie legate ad elevati livelli sierici di alcuni metalli, in particolare dell’alluminio 6. Parrebbe esservi la possibilità di comparsa di neoplasie locali, ad esempio sarcomi, e sistemiche, linfomi e leucemie 7-9.
Conclusioni del caso clinico: Nello specifico, riguardo al caso esaminato, gli ioni Cr e Co sono in grado di indurre fenomeni di immunizzazione. Il Cr con il Ni pare avere un’azione citotossica nei confronti di fibroblasti e linfociti. Per quanto concerne il Cr è nota la sua azione nefrotossica, cardiotossica del Co”.

L’associazione, che già difende 180 donne coinvolte nello scandalo delle protesi PIP (le quali hanno chiesto un indennizzo pari a 1.800.000 euro oltre alla possibilità di rifare l’impianto a carico del SSN) ha deciso di presentare un esposto contro il Ministero della Salute alla Procura della Repubblica di Torino, allo scopo di verificare quali provvedimenti abbiano adottato le autorità sanitarie italiane per evitare rischi ai pazienti sottoposti ad impianto di protesi metallo su metallo e se vi siano state omissioni nei controlli, valutando la possibilità di indagare i funzionari ministeriali in caria del 2001 per reati quali lesioni gravi. Non solo. Il Codacons chiede al Procuratore Raffaele Guariniello di fare luce anche su un altro aspetto: i rapporti tra medici, strutture ospedaliere, intermediari e aziende produttrici di protesi, per verificare quali siano i criteri seguiti nella scelta di un produttore piuttosto che un altro. “Tutti i cittadini che hanno subito impianti di protesi pericolosi, dalle Pip a quelle metallo su metallo, possono ottenere un risarcimento anche in assenza di danni fisici, considerati i rischi per la salute corsi e la paura subita – spiega il Presidente Carlo Rienzi – Il Codacons avvierà infatti una serie di azioni risarcitorie contro le aziende coinvolte e contro i responsabili dei mancati controlli, alle quali è possibile aderire seguendo le istruzioni che saranno a breve pubblicate sul sito www.codacons.it e sul blog www.carlorienzi.it”.

Carne separata meccanicamente: ciò che è definibile come carne

da Aduc

“La salsiccia è il cibo degli dei”, diceva il poeta romantico tedesco Jean-Paul, che subito aggiungeva: “poiché solo Dio sa cosa contiene”.
In Usa, nelle ultime settimane il termine “pink slime” ha creato un grande scompiglio e ha buone probabilità d’essere incoronato parola tabù dell’anno. Pink slime, o poltiglia rosacea, deve la sua recente popolarità a un famoso cuoco televisivo britannico, Jamie Oliver, che nella sua trasmissione Jamie Oliver’s Food Revolution ha mostrato quello che l’industria statunitense propina come carne. Con l’ausilio di un’asciugatrice e di detergenti domestici Oliver ha illustrato al pubblico sbalordito come si ottiene un ingrediente aggiuntivo alla carne macinata. Ufficialmente si usa un eufemismo, si parla di “carne bovina magra finemente strutturata” per suggerire l’idea di una particolare carne, pregiata e povera di calorie. Povera di calorie, può anche darsi; pregiata, certamente no. La materia prima sono i residui di carne e di grassi dopo la macellazione, gli stessi utilizzati dall’industria alimentare per cani e gatti. Una centrifuga provvede a separare il grasso dalla carne, e la poltiglia ottenuta è trattata con ammoniaca diluita nell’acqua a scopo igienico, ossia per uccidere eventuali germi.

In Usa non c’è obbligo di specifica etichettatura per quel tipo di ingredienti, e le stime parlano di un 50%-70% di carne macinata prodotta in quel modo. Dopo la repentina diffusione in Internet della trasmissione di Jamie Oliver, le precisazioni dell’industria della carne in Usa sono cadute nel vuoto. La blogger Bettina Siegel ha lanciato una petizione in Rete contro l’uso di pink slime nelle mense scolastiche, sottoscritta in breve tempo da 250.000 persone. Quando poi il tema è stato ripreso dall’emittente televisiva ABC, corredato dalle immagini ripugnanti della poltiglia, i produttori si sono dovuti arrendere. Una catena dopo l’altra di supermercati è stata costretta a sbarazzarsi della carne “incriminata”; McDonald’s, che ha dato prova di buon fiuto, ha informato di avervi rinunciato fin dall’estate scorsa; Burger King e Taco Bell hanno seguito l’esempio; il drastico crollo della domanda ha costretto l’azienda AFA Foods, che lavora 225 milioni di chili di carne all’anno, a depositare istanza di fallimento e il suo collega texano, Beef Inc, ha chiuso tre dei suoi quattro stabilimenti.
La situazione nell’Ue Da noi la lavorazione degli scarti della macellazione è un fatto abituale. Anche qui si usano i resti come in Usa, ma con una differenza: in tutta l’Ue è vietato disinfettare la carne con sostanze chimiche. Il procedimento definito “carne separata meccanicamente” è stato sottoposto a critica durante la crisi della Bse. Attraverso lo sminuzzamento degli ossi e l’alta pressione per amalgamare la massa osso-carne, non si può escludere che tessuto nervoso, tendini e scarti ossei, così come il midollo della spina dorsale, non entrino nel prodotto finito. E’ un guaio poiché sono ritenuti portatori della Bse e all’origine della malattia di Creutzfeld Jakob. Ecco perché nel 2001 sono entrati in vigore divieti particolari per il trattamento della carne bovina. Nel frattempo le norme si sono allentate. Finora solo la Svezia e la Finlandia sono classificate come esenti da Bse; da maggio 2012 lo sarà anche l’Austria. Ciò vuol dire che questi tre Paesi possono separare meccanicamente la carne bovina ed esportarla. Per polli, maiali, pecora, capra e volatili il divieto non c’è mai stato. In questo periodo la Commissione Europea sta preparando una legge alimentare più severa. Da dicembre 2011 è in vigore un nuovo obbligo di etichettatura, che però sarà vincolante solo fra tre e cinque anni. Esso contempla tra l’altro l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza per tutta la carne (finora valeva solo per quella bovina) e scritte sulle confezioni di una certa grandezza. E’ invece ancora in fase di studio una definizione univoca di carne separata meccanicamente.
(tratto da un articolo di Eva Steindorfer per Die Presse del 07-04-2012. Traduzione di Rosa a Marca)

Anticorpo universale riduce tumore

Nei topi e’ riuscito a ridurre o addirittura ad eliminare almeno sette diverse forme di tumore, l’anticorpo ‘universale’ scoperto dal gruppo di ricerca sulle Cellule staminali e la medicina rigenerativa dell’universita’ californiana di Stanford e descritto sulla rivista dell’ Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas.

I risultati sono cosi’ incoraggianti che i ricercatori ritengono di poter cominciare la sperimentazione sull’uomo, sia nella fase 1 sia nella fase 2, gia’ entro due anni.