Reddito di cittadinanza: nuove regole

Attenzione alle novità relative al reddito di cittadinanza comunicate dall’INPS: è necessario aggiornare l’ISEE altrimenti, a partire dal mese di febbraio l’erogazione del sussidio verrà interrotta. Lo stesso principio vale anche per la pensione di cittadinanza ed il bonus bebè 2020. Ricordiamo che per il modello Isee 2020 bisogna compilare la DSU, Dichiarazione Sostitutiva Unica, nella quale andranno inserite le informazioni relative al nucleo familiare, alla situazione patrimoniale e reddituale.

L’INPS ha avviato la campagna di comunicazione su Facebook con un post scritto per l’occasione: “per ottenere l’ISEE si devono inserire redditi da lavoro del 2018 (Certificazione Unica e dichiarazione dei redditi 2019), giacenze e saldi di conti correnti postali e bancari, al 2018. Il Decreto Crescita prevede la possibilità di optare, se più conveniente, per giacenze e saldi 2019”. Ricordiamo inoltre che la DSU sopra citata può essere presentata al Caf, ad enti che erogano la prestazione sociale agevolata, presso il comune oppure in via telematica collegandosi al sito ufficiale dell’INPS. Anche il modello ISEE può essere compilato in autonomia utilizzando la procedura online.

Direttore responsabile
Buzzoni Umberto

Pensione di garanzia: una possibilità per i giovani precari.

Il Governo sta valutando l’introduzione di una pensione di garanzia rivolta a quanti entrano tardi nel mondo del lavoro o hanno un salario minimo e saltuario. A partire dal prossimo gennaio si avvieranno le trattative con i sindacati per proporre una riforma generale delle pensioni. Non solo: le questioni su cui verrà posta l’attenzione riguarderanno anche i lavori gravosi e la separazione tra assistenza e previdenza. Lo scopo del dibattito sarà quello di creare politiche di welfare efficienti che permetteranno alle nuove generazioni di avere maggiori prospettive. La pensione di garanzia è un esempio di quanto appena detto: i giovani infatti rischiano di non avere accesso al trattamento previdenziale e di non avere una pensione dignitosa a causa di lavori precari.

Uno degli obiettivi principali sarà l’ incremento del fondo previdenziale integrativo pubblico per assicurare ai lavoratori con carriere discontinue una copertura previdenziale. Si tratta di una proposta che prevede che l’assegno pensionistico venga calcolato interamente con il sistema contributivo. I destinatari sono soprattutto i nati dopo il 1970 che in molti casi stanno svolgendo lavori precari, discontinui che difficilmente potrebbero andare in pensione con 20 anni di contributi e prima di aver compiuto 70 anni.

Direttore responsabile
Buzzoni Umberto

Assegno sociale: nel 2019 cambiano i requisiti per riscuoterlo.

L’INPS in un recente comunicato notifica che l’anno prossimo i requisiti per riscuotere l’assegno sociale subiranno delle variazioni. In primo luogo la platea degli aventi diritto sarà più ampia grazie all’innalzamento dell’età anagrafica e grazie alle novità introdotte in merito alla pensione di invalidità civile ed all’assegno di assistenza per gli invalidi parziali.

Le principali novità riguardano coloro che versano in condizioni economiche svantaggiose a partire dall’età che passa a 67 anni, contro gli attuali 66 anni e 7 mesi, mentre, le misure rivolte agli invalidi verranno riconosciute a coloro il cui  reddito è inferiore a 16.664,36 euro per la pensione, 4.853,29 euro per l’assegno, ed età  compresa tra i 18 e i 67 anni, contro gli attuali 66 anni e 7 mesi.

Cambiano anche gli importi degli assegni sociali che passano da 453 euro a 457,99 euro mensili: l’intera cifra spetta a coloro che non possiedono alcun reddito e si annulla al raggiungimento, per il 2018, della soglia di reddito pari a 5.889 euro per il pensionato solo, 11.788 euro se coniugato. Anche per la pensione di inabilità per invalidi totali e per l’assegno mensile invalidi parziali vi sarà un aumento che porterà gli importi dagli attuali 282,55 euro a 285,66 euro mensili.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

In arrivo il bonus per chi assiste familiari con disabilità.

Presto arriverà un sostegno da parte dell’INPS a tutti coloro che, in famiglia, prestano assistenza ad un anziano disabile. Nel nuovo disegno di legge, il bonus, pari a € 1900 annui, verrà elargito sotto forma di contributo economico oppure sotto forma di detrazione fiscale è sarà valido per chi assiste un familiare disabile avente età pari o superiore ad 80 anni. Le altre novità introdotte dal disegno di legge sono riferite al caregiver in merito a: contributi previdenziali figurativi per la pensione, possibilità di richiesta di part-time e telelavoro da casa, riconoscimento della qualifica di “caregiver familiare”, permessi in merito alla legge 104 e ferie solidali. L’importo del bonus può essere erogato in due modalità: con una detrazione fiscale, per coloro che assistono un familiare disabile ottantenne entro il terzo grado di parentela, a patto che sia senza reddito o abbia un reddito Isee inferiore a 25mila euro all’anno.

L’erogazione, in questo caso, comporta una riduzione dell’Irpef pari al 19% delle spese sostenute per l’assistenza, fino ad un massimo di 10mila euro annui. Per l’ottenimento del bonus, il caregiver è tenuto a presentare lo stato di famiglia contenente il nominativo dell’assistito, nonché l’Isee. L’altra modalità è sotto forma di contributo monetario erogato dall’Inps, avente durata di un anno. Hanno diritto al bonus: i caregivers che prestano cura ed assistenza ad un parente entro il terzo grado di parentela, di età pari o superiore a 80 anni, i caregivers in possesso dello stato di famiglia e dell’Isee 2018, i caregivers senza reddito o con reddito Isee inferiore a euro 25mila annui, per fruire del bonus in forma di detrazione fiscale; i caregivers privi di reddito per fruire del bonus come contributo in soldi erogato dall’INPS.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Pensioni: in arrivo le lettere dell’Inps.

Stanno arrivando in questi giorni delle lettere da parte dell’Inps in cui si chiede la restituzione di somme versate erroneamente con la pensione. Spesso tali lettere sono accompagnate anche da un bollettino in cui è inserito l’importo da restituire. L’ente giustifica tale richiesta basandosi su errori commessi durante il calcolo degli importi in quanto, i pensionati, mese per mese ed anno dopo anno, hanno avuto soldi in più rispetto a quanto ora l’istituto stesso crede dovesse essere la pensione reale spettante. Pertanto anni di pensioni riscosse equivalgono ad un debito maggiore.

Dove sta l’errore? Ogni anno, entro febbraio dell’anno successivo a quello in cui si riceve comunicazione, il pensionato è tenuto a dichiarare all’Inps le eventuali variazioni di condizione reddituale utile a percepire le cifre e gli importi aggiuntivi sulle pensioni, utilizzando il modello Red. Per coloro che presentano modello 730 o modello Redditi, l’obbligo di presentazione di Red non sussiste. La mancata presentazione del Red può essere una delle cause per il maturare di questi debiti da parte dei pensionati. Tuttavia l’errore è quasi sempre dell’istituto che può aver sbagliato i calcoli o non ha tenuto conto di quanto comunicato dal cittadino. Cosa fare? Se la colpa dell’errore ricade sull’ente il cittadino non è tenuto a restituire nulla.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

I Giovani che saranno i Poveri del futuro: il 65% in pensione a meno di mille euro

di Umberto Buzzoni

Il Censis, insieme alla Fondazione Generali, ha avviato una ricerca sul Welfare di domani e le stime sono allarmanti. Il 65% dei giovani occupati dipendenti con età compresa tra i 25 e i 34 anni di oggi potrà contare su una pensione sotto i mille euro anche considerando gli avanzamenti di carriera medi e l’abbassamento dei tassi di sostituzione.

Questa previsione pero’ riguarda i più fortunati cioè i 3,4 milioni di giovani che hanno un contratto standard restano poi gli 890.000 giovani (tra i 25 e 34 anni) autonomi o con contratti di collaborazione e i quasi 2,3 milioni di Neet (non studiano e non lavorano). I giovani precari di oggi rischiano di diventare gli anziani poveri di domani soprattutto se si pensa che i giovani tra 18 e 34 anni, definiti millenials, vedono la loro posizione lavorativa e retributiva cozzare completamente con il nuovo sistema pensionistico contributivo.

Nel sondaggio si legge che “Il 53% di loro pensa che la loro pensione arriverà al massimo al 50% del reddito da lavoro” ed in pratica la loro pensione dipenderà dalla capacità che avranno di versare contributi presto e con continuità. Come dichiara il Censis “Ma il 61% dei millennials ha avuto finora una contribuzione pensionistica intermittente, perché sono rimasti spesso senza lavoro o perché hanno lavorato in nero. Per avere pensioni migliori, l’unica soluzione è lavorare fino ad età avanzata, allo sfinimento. Ma il mercato del lavoro lo consentirà? Intanto l’occupazione dei giovani è crollata. Siamo passati dal 69,8% di giovani di 25-34 anni occupati nel 2004, pari a 6 milioni, al 59,1% nel 2014 (primi tre trimestri), pari a 4,2 milioni. In dieci anni, ci sono stati 1,8 milioni di occupati in meno tra i giovani, con un crollo di 10,7 punti percentuali. Una perdita di occupazione giovanile che, tradotta in costo sociale, è stata pari a 120 miliardi di euro, cioè un valore pari al Pil di tre Paesi europei come Lussemburgo, Croazia e Lituania mesi insieme”.

Da questa ricerca emerge che i giovanni non hanno paura di invecchiare ma di perdere l’autonomia: il 43% degli italiani giovani e adulti teme l’insorgere di malattie e il 41% la non autosufficienza. La crisi ha già comportato delle conseguenze in questo senso con 120.000 persone non autosufficienti che hanno dovuto rinunciare alla badante e 2,5 milioni di persone che vivono in abitazioni non adeguate alle loro condizioni di ridotta mobilità e che avrebbero bisogno di interventi per essere trasformate.