Anche in viaggio gli italiani temono lo sguardo lungo del Fisco. Lo dimostrano i commenti raccolti sul sito del Sole 24 Ore subito dopo la notizia dell’appello del ministro degli Esteri Emma Bonino a segnalare alla Farnesina le loro destinazioni. Nel pieno dell’estate e della partenza per le vacanze il ministro degli Esteri aveva lanciato a tutti gli italiani un appello: «Per favore registratevi sul sito Dovesiamonelmondo.it perché questo ci rende più facile il lavoro potendo tracciare tutte le informazioni di dove si trovano i connazionali nel mondo». Aggiungendo anche l’invito a non uscire dai villaggi vacanza per chi si trova in Egitto e a consultare il sito www.viaggiaresicuri.it del ministero che fornisce le informazioni e gli aggiornamenti sulla situazione all’estero.
Quella che sembrava una informazione di servizio, una richiesta di indicazioni che andava a favore della sicurezza, è stata immediatamente letta come un altro, l’ennesimo, modo in cui il fisco cerca di raggranellare dati su quello che facciamo, e quindi su quanto stiamo spendendo, per capire se ce lo possiamo permettere oppure no. E se Stefano scrive «così al ritorno ti trovi un bell’accertamento delle Entrate», Luca replica che «interessa solo al fisco per battere cassa» mentre Marcella è tranchant: «le cose, caro ministro, le sai senza che io mi debba registrare» visto, rincara Davide, «che il tuo amicone Obama ci spia 24 ore su 24».
Complice il fatto che l’appello è arrivato quasi in concomitanza con le istruzioni applicative per il redditometro, per gli italiani la richiesta del ministro Bonino è diventato l’ennesimo modo anche dopo l’anagrafe dei conti, per pesare i nostri comportamenti e valutarli anche ai fini fiscali per poi vedere se c’è un rapporto sostenibile tra quello che spendiamo e il nostro reddito. Premesso che la richiesta del ministero degli Esteri non è in alcuna connessione con l’attività dell’agenzia delle Entrate, è bene dire subito che gli strumenti sintetici di accertamento del reddito, quelli cioè che mettono in connessione le nostre spese col il reddito o le disponibilità economiche che abbiamo (eredità, vincite, rendite azionarie o quant’altro) possono essere “smentiti” dal contribuente: che può ben dimostrare – anche se la cosa sempre agevole non è – di aver lecitamente avuto (o guadagnato) quel che spende. E poi resta la franchigia del 20% al di sotto della quale il Fisco comunque non indaga. Per capirci: se ho speso 40mila euro ma ne ho dichiarati 35mila, nessun problema, dal punto di vista del redditometro. Poi in tutto il fisco effettua circa 35mila controlli l’anno e si concentra sui casi di maggior rilievo, quelli, per intenderci, che hanno maggiore probabilità di fare incassare denaro e hanno un buon rapporto tempo usato-risultato per l’erario. Di conseguenza, per chi ha un lavoro dipendente o entrate “certificate” e un tenore di vita coerente con le stesse non ci sono problemi. E si può lasciare che il fisco controlli tutte le nostre spese: dal Telepass alle agenzie di viaggio, dagli elettrodomestici all’eventuale acquisto di una casa, vista anche la possibilità di dimostrare che l’accumulo della provvista è avvenuto nel corso degli anni.
Il problema vero ce l’ha chi spende senza aver avuto entrate dichiarate, cioè che vive usando, in tutto o in parte, risorse “in nero” o comunque non dimostrabili come lecitamente avute. E allora sì che tutte le spese in qualche modo “tracciate” (con ricevuta o fattura) o comunque disponibili agevolmente (ad esempio le bollette energetiche o telefoniche ma anche, ovviamente, rogiti notarili o acquisti di veicoli) diventano “pericolose” dal punto di vista fiscale (tenendo anche conto che le medie Istat di spesa forniscono una base di partenza per i costi personali o della famiglia di cui il fisco tiene conto). Così come acquisti voluttuari, come ad esempio gioielli o opere d’arte (se tracciati e di importi significativi) possono far sballare i conti e rendere necessarie “giustificazioni” al fisco. Un pericolo che in questo periodo, per chi può permetterselo, sta avendo l’effetto di spostare all’estero gli acquisti ma può anche “consigliare” di non chiedere prestazioni agevolate ai comuni (o alloggi pubblici a canone scontato) a chi sa di avere una situazione fiscale non corretta: in caso di controllo, proprio partendo dalle spese, si può agevolmente risalire sia al maggior reddito evidentemente disponibile sia alle prestazioni indebitamente ottenute a scapito della collettività.