da Aduc – di Alessandro Gallucci
La legge di modifica della disciplina del condominio negli edifici, la pomposamente detta riforma, è ormai in procinto di entrare in vigore.
Si susseguono i convegni, le iniziative, i dibattiti, ecc. ecc. ai quali anche noi di Aduc abbiamo preso parte attiva intervenendo, ad esempio, sabato 1 giugno al secondo convegno nazionale dell’A.I.A.C. (Associazione italiana amministratori condomini) incentrato sulla figura dell’amministratore condominiale.
Scopo degli incontri, si scopre l’acqua calda, è quello di far chiarezza su una materia che, è noto, inciderà significativamente sul quotidiano di ognuno di noi. Non mancano, naturalmente, a livello più generale, occasioni di approfondimento ed informazione. In questi casi, viste le novità che ci aspettano, dovrebbe essere fondamentale una particolare scrupolosità nel fornire le informazioni: se qualcosa non la si sa è meglio tacere o chiedere a qualcuno che ne sa di più. Così sarebbe stato meglio fare, per quanto abbiamo potuto apprendere in diretta, in un servizio andato in onda, nel programma televisivo Tg La7 “Cronache”, lo scorso 3 giugno.
Questa la cronistoria per chi non avesse voglia e/o tempo di guardarlo. Intorno al minuto 17 viene lanciato un servizio sulla “riforma” del condominio che, si dice correttamente, entrerà in vigore il 18 giugno. Dopo circa un paio di minuti di “ipersintesi”, non senza qualche sbavatura, delle principali novità, si passa all’argomento caldo: lavori di straordinaria manutenzione. Dando conto delle novità (obbligo della costituzione di un fondo spese pari all’importo dei lavori deliberati) si dice: “Facciamo un esempio: se in assemblea si decide di ripulire la facciata del palazzo, si dovrà pagare prima l’impresa che esegue i lavori…” La giornalista, poi, spiega il perché di questa novità.
La notizia è errata o almeno lo è parzialmente. Vediamo perché.
L’art. 1135 c.c. n 4 del codice civile, così come innovato dalla legge 220/2012 (la “riforma”) prevede la costituzione obbligatoria di un fondo spese pari all’importo dei lavori di manutenzione straordinaria o delle innovazioni deliberate dall’assemblea. Ciò, però, non vuol dire pagamento anticipato dell’impresa. Le norme sull’appalto (art. 1655 c.c. e ss del codice civile) non sono state modificate. Esse si applicano anche ai rapporti tra condomini e imprese. Ai sensi del quinto comma dell’art. 1665 c.c. “salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente”. Il successivo art. 1666, al primo comma, c.c. specifica che “se si tratta di opere da eseguire per partite, ciascuno dei contraenti può chiedere che la verifica avvenga per le singole partite. In tal caso l’appaltatore può domandare il pagamento in proporzione dell’opera eseguita”. Si tratta del così detto stato di avanzamento dei lavori (S.A.L.). La norma è chiusa dal secondo comma che recita: “il pagamento fa presumere l’accettazione della parte di opera pagata; non produce questo effetto il versamento di semplici acconti”. In buon sostanza la costituzione del fondo non va ad incidere direttamente sui rapporti economici con l’impresa: questi resteranno rimessi alla libera contrattazione delle parti nell’ambito delle norme appena citate.
La questione del fondo obbligatorio va così risolta: fermi restando gli accordi con l’impresa in merito alle modalità di pagamento delle opere appaltate, il condominio è tenuto ad istituire un fondo di pari importo all’ammontare dei lavori. Se, poi, il costo dei lavori è calcolato a misura e non a corpo, non può che concludersi che il fondo non potrà che essere pari all’importo preventivabile (es. grazie ad un computo metrico) e non a quello definitivo. Di fatto si tratta di un salvadanaio che serve a tener pronte le somme per i pagamenti. Vista l’attuale situazione di generale difficoltà economica, la norma ha sollevato più d’una critica, tant’è che sono stati già presentati dei disegni di legge per modificare questa disposizione.
Fondo obbligatorio al vaglio dell’assemblea: quali conseguenze?
Posto che i rapporti con le imprese, sotto questo aspetto, non verranno ad essere modificati dalla legge n. 220/2012, il problema è un altro. Che cosa accadrà se l’assemblea non delibererà (per mancanza di quorum o per dimenticanza) la costituzione del fondo oppure delibererà di non costituirlo? S’è parlato di deliberazioni annullabili e come tali impugnabili davanti all’Autorità Giudiziaria nei modi e nei termini di cui all’art. 1137 c.c. (30 giorni che decorrono per i presenti dissenzienti ed astenuti dalla deliberazione e per gli assenti dalla comunicazione del verbale). A ben vedere questa possibilità dovrebbe valere solamente per la seconda ipotesi. Nel primo caso (che senso avrebbe impugnare una non delibera?) le alternative sono due:
a) consentire all’amministratore, che deve riscuotere i contributi di farlo sulla base dei propri poteri (artt. 1130 n. 3 e 1133 c.c.), sopperendo, in tal modo, all’inerzia dell’assemblea;
b) se si dovesse ritenere applicabile la prima ipotesi o comunque nell’inerzia dell’amministratore, consentire a ciascun condomino di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per prendere quella decisione di costituzione del fondo obbligatorio, in sostituzione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1105 c.c.
Visto, infine, che l’art. 1135 c.c. non è inserito tra quelli assolutamente inderogabili elencati nel quarto comma dell’art. 1138 c.c. resta aperta la possibilità, attraverso un accordo tra tutti i condomini, di derogare a questa imposizione. Così come si fa per i criteri di ripartizione delle spese.
Il fondo obbligatorio, c’è da starne certi, creerà più di qualche problema agli amministratori, ai condomini e di conseguenza agli uffici giudiziari.