Addio all’Ago per Prelievi e Vaccini grazie alla scoperta del Cerotto in materiale polimerico

di Umberto Buzzoni

Questo cerotto innovativo è stato ideato e messo a punto da alcuni ricercatori inglesi della Queen’s University di Belfast. Si tratta di una scoperta che potrebbe rivoluzionare totalmente la diagnosi precoce e le indagini diagnostiche senza dover utilizzare un presidio invasivo.

Prodotto sperimentalmente in Inghilterra, questo cerotto che andrà a sostituire gli aghi a farfalla e le siringhe, è un presidio monouso in materiale polimerico, da applicare in area topica, dotato di 361 micro-aghi. E’ grande come una moneta da cinque centesimi ed è capace di prelevare la quantità di sangue necessaria senza raggiungere le terminazioni nervose lasciando la pelle intatta. I microaghi penetrando nello strato più esterno della pelle sono in grado di recuperare il fluido interstiziale senza entrare in contatto con i vasi sanguigni e con i nervi quindi senza causare dolore. Inoltre si potrà utilizzare per somministrare i farmaci con i vaccini.

Una scoperta importante per chi soffre di Belonefobia, ovvero della paura degli aghi, ma soprattutto per chi soffre di patologie ematiche, di accessibilità venosa contratta e nell’ambito pediatrico.

Medicina: nuova scoperta italiana nella diagnosi prenatale

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Dopo la pubblicazione sulla rivista “Journal of Prenatal Medicine”, è stata presentata a Roma la “NGPD Next Generation Prenatal Diagnosis”, ultima frontiera degli esami di villocentesi e amniocentesi genomica, in grado di aumentare dal 7% al 80% la attuale percentuale di diagnosi delle malattie genetiche.

Ne sono autori i ricercatori italiani della SIDIP – Italian College of Fetal Maternal Medicine, autorevoli esperti nello studio del DNA fetale, che del nuovo metodo diagnostico hanno illustrato la assoluta rivoluzionarietà.

“Mentre un tempo le normali amniocentesi e villocentesi erano in grado di analizzare solo il numero dei 46 cromosomi, oggi è possibile studiarne l’intima struttura” – ha dichiarato il dott. Claudio Giorlandino, ginecologo e segretario generale SIDIP. “Si possono così escludere, oltre alle anomalie cromosomiche più comuni, anche le più rare e gravissime patologie genetiche, dalle cardiopatie congenite alle malattie cerebrali, ai nanismi, alle forme di autismo conosciute, ai ritardi mentali sindromici e alle centinaia di altre sorprese che ogni giorno si scoprono dopo la nascita” – ha concluso.

Operando direttamente sul DNA fetale, l’esame si avvale di una tecnica già in uso per la diagnosi di una malattia genetica per volta, estendendo la verifica simultanea a centinaia di altre patologie.

“Abbiamo provato ad applicare la NGS Next Generation Sequencing alla diagnosi prenatale in utero ed è stata una scoperta eccezionale, senza precedenti”, – ha spiegato il dott. Alvaro Mesoraca, biologo e ricercatore SIDIP – . “Abbiamo messo a punto un software validato CE che identifica le patologie selezionate da diagnosticare sul feto. La Ngpd prevede lo studio di circa 300 geni che sono alla base della maggior parte delle malattie genetiche rilevabili in utero: patologie cardiovascolari, scheletriche, malformative, neurologiche”.

E ridotto è anche il rischio di abortività, compreso tra lo 0,1% e lo 0,2%, come ha illustrato il dott. Pietro Cignini, ginecologo e consigliere Sidip. “A dimostrazione della assoluta sicurezza della metodica,” – ha dichiarato il medico -, “lavori scientifici di alta evidenza clinica hanno stabilito come la percentuale di aborto tra chi esegue l’amniocentesi o la villocentesi e chi non vi si sottopone non sia diversa”.

Il pericolo eugenetico sembra scongiurato: la ricerca, infatti, punta essenzialmente all’immediatezza della diagnosi con cure intrauterine, non all’artificio di un nascituro perfetto su esecuzione di volontà genitoriali.

“Si mira alla diagnosi delle sole malattie note e non si analizzano i geni legati a malattie ad insorgenza tardiva o che danno solo probabilità di avere una patologia” , ha dichiarato il dott. Claudio Giorlandino, precisando inoltre che “il file con tutte le informazioni genetiche, una volta utilizzato, viene distrutto proprio per evitare un utilizzo non etico di questi dati sensibili e ‘pericolosi” ‘.   

Allo stato, l’esame, effettuabile dall’undicesima alla sedicesima settimana di gestazione, è accessibile in cinque centri privati a Roma, Milano, Bari, Catania e Umbertide (PG) e seguito, nell’ipotesi di rilevazioni a carico del feto, da un colloquio con il genetista per la valutazione delle successive procedure.

Fonti: rainews24, il sole24ore

5 novembre 2014

Petula Brafa

UNIVERSITA’ E RICERCA: LA TUTELA DELL’OLIO DI OLIVA

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Protagonista della dieta mediterranea e patrimonio della tradizione nutrizionale italiana, l’olio di oliva è sempre più esposto agli attacchi mediati dalla globalizzazione alimentare, dagli adeguamenti alle normative comunitarie in materia e dalle sofisticazioni finalizzate a spregiudicati profitti, in danno del marchio di qualità e della salute del consumatore.

A tutela del prodotto, ha già registrato ottima accoglienza l’innovativo metodo messo a punto dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa, in grado di svelare le più comuni frodi sull’olio extravergine di oliva.

Il sistema si avvale di uno spettrometro, – un misuratore di raggi luminosi in lunghezze d’onda – , abbinato ad un contenitore in quarzo, destinato ad accogliere un quantitativo per l’esame: l’analisi spettroscopica dei componenti, – luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene – , e la rispettiva concentrazione di ciascuno riveleranno la natura del prodotto e la sua idoneità all’attribuzione della denominazione tipica.

Il metodo, seguito ad uno studio di quattro anni presso l’Ateneo toscano, ambisce a sostituire, per vantaggio di costi e celerità d’esito, la attuale modalità di verifica riconosciuta dall’UE ed a contrastare la contraffazione internazionale, che ha danneggiato  e danneggia il mercato italiano, tradizionalmente ricco nell’ambito della produzione mediterranea e proiettato verso le esportazioni oltreoceano.

Proprio dagli Stati Uniti è partita, ad inizio del 2014, una campagna denigratoria contro le filiere dell’olivicoltura e l’autenticità del Made in Italy, scaturita da un’inchiesta del New York Times e dalle truffe diffuse.

Per questo, il controllo preventivo interno permane uno strumento di salvaguardia alla vendita del miglior prodotto.

Dai dati della Coldiretti, infatti, sappiamo che l’Italia è il secondo produttore mondiale di olio di oliva, dopo la Spagna, con circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni di ettari di terreno; con fatturato stimato in 2 miliardi di euro; e con esportazioni oltre 1,2 miliardi di euro, per l’anno 2013, in UE e soprattutto negli USA.

Fonte: Focus

30 ottobre 2014

Petula Brafa

GENITORI E … FELICI: QUANDO L’ETA’ FA LA DIFFERENZA

famiglia

Se ad oggi il differimento dell’età genitoriale, nei Paesi occidentali, è stato ascritto all’evoluzione sociale, in via direttamente proporzionale alla tardività della realizzazione lavorativa ed alle preoccupanti valutazioni economiche correlate, diversamente un nuovo studio scientifico ha evidenziato il migliore rapporto tra la scelta procreativa consapevole, la maturità anagrafica e la percezione di felicità.

“Happiness: Before and After the Kids” (http://www.demogr.mpg.de/papers/working/wp-2012-013.pdf) è, infatti, la ricerca dei due studiosi Mikko Myrskyla della London School of Economics e Rachel Margolis della Canada’s Western University, condotta unitamente al German Institute for Economic Research e finalizzata a comparare l’andamento della felicità individuale e di coppia, scegliendo a parametro la nascita di un figlio in relazione all’età genitoriale.

Sulla base dei raffronti tra i soggetti esaminati, – selezionati in Inghilterra ed in Germania e sottoposti ad osservazione nell’arco temporale di ben otto anni – , è stato verificato che “l’età giusta per diventare genitori è quella compresa tra i 35 e i 49 anni”: in particolare, –  ha spiegato la dott.ssa Margolis – , “più si va avanti con l’età, più la nascita di un bambino aumenta il benessere dei genitori”.

Nel rapporto, inoltre, si legge che “coloro che hanno bambini in età più avanzata e hanno un’alta disponibilità economica rispondono più positivamente alla nascita di un bambino rispetto alle coppie più giovani e con un livello d’istruzione inferiore” e che “i bambini fanno la felicità di mamma e papà, (…) ma soprattutto nelle coppie che aspettano a dare alla luce un figlio”.

Diversamente, “chi ha figli tra i 23 e i 34 anni vede scemare l’entusiasmo dopo uno o due anni dall’arrivo del bebè, chi ha un bambino tra i 18 e i 22 anni, invece, vede diminuire la propria felicità non appena diventa genitore”.

Inoltre, nelle coppie d’età compresa tra i 35 ed i 49 anni, “la sensazione di benessere e di pienezza è al massimo livello dopo la nascita del primo bambino e raddoppia dopo la nascita del secondo”, pur rimanendo suscettibile alle problematiche demografiche, all’eventuale avvento di un terzo figlio.

Gli studiosi, infatti, hanno puntualizzato che, in tal caso, la scelta consapevole non può ignorare il contesto economico d’accoglienza del nuovo nascituro, tanto più in quanto trascende la ‘novità’ dell’esperienza e prescinde la naturale profusione dell’amore genitoriale, indubbiamente trasversale a ciascuno dei tre campioni anagrafici.

Fonte: Huffington Post

29 ottobre 2014

Petula Brafa

Essere o avere? Alla ricerca della felicità

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In quale misura la crisi economica e la flessione degli acquisti di beni di consumo incidono sulla felicità individuale percepita? Un budget ridotto ci indurrà a scegliere tra il possesso di un oggetto od un’esperienza?

Questi i quesiti che hanno ispirato la ricerca di Thomas Gilovich e Matt Killigsworth, i cui esiti sono stati recentemente pubblicati negli Stati Uniti dalla rivista “Psychological Science”.

Dalle rilevazioni condotte da Gilovich, professore di psicologia dell’Università di Harvard e dal 2003 studioso degli stati umani in rapporto agli “acquisti esperienziali”, è emerso che vivere un’esperienza, – una vacanza, un viaggio, una mostra, uno spettacolo – , induca ad una felicità più intensa dell’emozione suscitata dal possedere un oggetto benché a lungo desiderato.

La ragione essenziale della gratificazione, infatti, non investirebbe direttamente né il desiderio del bene, preliminare e preparatorio al suo raggiungimento, né la sua detenzione, superata dalla persistenza della precedente o di una nuova richiesta di soddisfazione.

Diversamente, la felicità individuale si esplicherebbe non solo nella consumazione dell’esperienza in sé, ma soprattutto nella sua rinnovazione ed estensione per tutto il tempo della nostra esistenza, ovvero nella sua suscettibilità ad essere rivissuta nella memoria personale.

In breve, lo studio ha evidenziato la traslazione della scelta dal modello “essere/avere” alla individuazione della migliore destinazione di spesa, in termini di appagamento individuale ed anche di riflesso collettivo, dal momento che è stato dimostrato che i soggetti privilegianti gli acquisti esperienziali sono anche i più propensi a svolgere attività sociali.

Infine, a differenza del bene di consumo, l’esperienza gode dell’attribuzione della nostra più privata predilezione: se infatti la comparazione con altri oggetti quand’anche superiori potrà farci dubitare della soddisfazione procurata da quello ormai posseduto, la consapevolezza di quanto vissuto ne porrà al riparo il ricordo da ogni vano confronto.

(Fonte: La Stampa)

Petula Brafa