La rivoluzionaria Spina dorsale bionica per tornare a camminare

Una squadra di 39 ingegneri biomedici e neurologi australiani del Royal Melbourne Hospital, dell’University of Melbourne e del Florey Institute of Neuroscience and Mental Health ha sviluppato una rivoluzionaria spina dorsale bionica che potrebbe permettere a pazienti paralizzati da ferite o malattie di tornare a camminare.

Si tratta di un piccolo congegno detto stentrode di soli 3 cm e con un diametro di pochi millimetri che può essere impiantato in un vaso sanguigno vicino al cervello per poi registrare l’attività cerebrale e convertire i segnali in comandi.

La sperimentazione su pecore ha dimostrato che questa spina dorsale bionica può controllare arti bionici e dopo aver emesso segnali per i 190 giorni della sperimentazione ha fatto registrare un segnale rafforzato quando si è formato e consolidato il tessuto attorno allo stent.

Ora gli scienziati vogliono sperimentare il congegno su pazienti del Royal Melbourne Hospital con paralisi degli arti inferiori e per farlo verrà eseguita una procedura di circa due ore in cui dovranno praticare un piccolo taglio nel collo del paziente per inserire un catetere con lo Stentrode e disporlo poi sulla corteccia cerebrale da cui partono gli impulsi nervosi che attivano i movimenti dei muscoli volontari. Successivamente viene rimosso il catetere, lo stent inizia il processo di individuazione dei segnali e grazie agli elettrodi li trasmettono a un piccolo congegno impiantato nella spalla del paziente.

Grassi ma sani. L’indice di massa corporea è un indicatore di salute difettoso

L’indice di massa corporea (imc) non è una misura affidabile e di certo non basta da solo a stabilire se una persona è obesa o in sovrappeso in quanto può dare risultati fuorvianti come hanno spiegato i ricercatori dell’Universita’ della California di Santa Barbara, sull’International Journal of Obesity, che hanno dimostrato che 34,4 milioni di americani, classificati come in sovrappeso sulla base dell’indice di massa corporea, sono in realtà sani.

Nell’indicazione di obesità serve considerate altri paramenti come la pressione del sangue, il colesterolo e la glicemia che insieme contribuiscono allo stato vero e proprio di malattia. Jeffrey Hunger, coautore dello studio, ha spiegato ”L’indice di massa corporea è un indicatore di salute difettoso. Nella categoria delle persone considerate in sovrappeso sulla base dell’imc, abbiamo visto che in realtà il 47% è sano. Usare l’imc per determinare sovrappeso o obesità quindi non è corretto”.

Una conclusione cui i ricercatori sono arrivati analizzando il legame tra imc (calcolato dividendo il peso di una persona per il quadrato della sua altezza) e altri parametri di salute, come la pressione del sangue, il colesterolo e la glicemia. In questo modo hanno dimostrato che oltre 2 milioni di persone, classificate come “molto obese”, perchè con un imc superiore a 35, in realtà erano sane.

Secondo lo studio, l’uso dell’imc da solo non avrebbe permesso di identificare persone con problemi di obesità e sovrappeso: più del 30% di quelle con un indice di massa corporea normale (pari a 20,7 milioni) non sono infatti risultate sane, sulla base degli altri marcatori di salute. ”Non solo l’indice di massa corporea ha classificato in modo errato 54 milioni di persone come malate, ma ha fatto classificare sane persone, che non lo sono se si considerano altri parametri clinici”, conclude Hunger.

L’anidride carbonica diventerà presto un carburante

L’anidrida carbonica diventerà un carburante grazie alla scoperta dei ricercatori dell’Università della California del Sud che sono riusiti a trasformare il 79% di anidride carbonica in metanolo mediante un processo che avviene a temperature relativamente basse e che è alimentato da energie rinnovabili.

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of The American Chemical Society. Per riuscire nell’impresa, i ricercatori hanno immesso aria in una soluzione acquosa di un composto chiamato pentatilenesammina, aggiungendo un catalizzatore in rutenio per aiutare l’idrogeno a legarsi alla CO2 sotto pressione. Quindi hanno riscaldato la soluzione tra i 125 e i 165 gradi centigradi. In questo modo è avvenuta la conversione del 79% dell’anidride carbonica in metanolo, un eco-carburante per motori a combustione interna. A differenza di altri sistemi, spiegano gli scienziati, il nuovo metodo funziona anche con basse concentrazioni di CO2 come quella presente nell’aria (400 parti per milione, ovvero lo 0,04% del volume). Il vantaggio è duplice: da un lato la capacità di attivare il processo a temperature notevolmente più basse consente l’utilizzo di energie verdi, dall’altro si fa concreta la possibilità di ridurre le quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera.

E’ ancora lunga la strada per rendere il sistema operativo su larga scala. “Dobbiamo imparare a gestire il carbonio, questo è il futuro”, ha osservato il chimico Surya Prakash, autore dello studio. Il metanolo così ottenuto “oggi di certo non farà concorrenza al petrolio, che è a circa 30 dollari al barile. Questo è il futuro”, spiega Prakash. I tempi però non saranno brevi ma gli esperti contano di portare questo sistema a un uso industriale nel giro di 5-10 anni.

di Umberto Buzzoni

Virus Zika: cosa sapere e le raccomandazioni del Comitato d’Emergenza Oms

Il virus Zika (ZIKV) è un RNA virus della famiglia Flaviviridae, genere Flavivirus, gruppo Spondweni, isolato per la prima volta nel 1947 da un primate in Uganda, nella Foresta Zika, riserva naturale vicino Entebbe. Trasmesso da numerose zanzare del genere Aedes, negli ambienti equatoriali soprattutto la Aedes aegypti e in quelli temperati la Aedes albopictus (zanzara tigre), è presente nelle regioni tropicali, in grandi popolazioni di zanzare, circola in Africa, nelle Americhe, in Asia meridionale e nel Pacifico occidentale. Per molti anni erano stati rilevati solo casi sporadici nell’uomo, in Africa e in Asia meridionale. Nel 2007, il primo focolaio documentato di malattia da virus Zika è occorso nel Pacifico. Dal 2013, casi e focolai di malattia sono stati segnalati dal Pacifico occidentale, dalle Americhe e dall’Africa.

Negli esseri umani provoca una malattia nota come “zika” o febbre Zika. Il virus è strettamente correlato a quelli che provocano la dengue, la febbre gialla, l’encefalite del Nilo occidentale e l’encefalite giapponese, tutti trasmessi principalmente da punture di insetto e pertanto definiti arbovirus. Data la diffusione ambientale delle zanzare, facilitata da urbanizzazione e globalizzazione, esiste la possibilità che si verifichino, a livello globale, grandi epidemie urbane di malattia da virus Zika. La zanzara Aedes non può volare a più di 400 metri. Ma può inavvertitamente essere trasportata dall’uomo da un luogo ad un altro (ad esempio nei bagagliai delle macchine, con le piante). Se sopravvive al clima della destinazione, potrebbe in teoria essere in grado di riprodursi lì e di introdurre il virus Zika in nuove aree.

Il virus Zika di solito provoca una forma lieve di malattia; i sintomi compaiono un paio di giorni dopo che la puntura di una zanzara infetta. La maggior parte delle persone con malattia da virus Zika presenta febbricola e rash cutaneo, si possono presentare anche congiuntiviti, dolori muscolari e articolari, e astenia. I sintomi di solito scompaiono in 2-7 giorni. Il trattamento è sintomatico e consiste in farmaci per alleviare il dolore e la febbre, il riposo e bere tanta acqua. Se i sintomi peggiorano, consultare un medico. Non esiste un vaccino specifico contro il virus. Per la maggior parte delle persone con diagnosi di malattia da virus Zika, la diagnosi si basa sui sintomi e sull’anamnesi recente (quali punture di zanzara o viaggi in una zona affetta). Un laboratorio può confermare la diagnosi con esami del sangue.

Le autorità sanitarie stanno attualmente indagando sul potenziale legame tra virus Zika nelle donne in gravidanza e microcefalia nei loro bambini. Fino a quando non si saprà di più, le donne in gravidanza o che stanno pianificando una gravidanza dovrebbero fare molta attenzione e proteggersi dalle punture di zanzara.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della sanità) sta collaborando con i paesi per:

– definire e dare priorità alla ricerca della malattia da virus Zika coinvolgendo esperti e partner
– rafforzare la sorveglianza del virus Zika e possibili complicanze
– rafforzare la capacità di comunicazione del rischio per aiutare i paesi a raggiungere gli impegni assunti nell’ambito del regolamento sanitario internazionale
– fornire formazione sulla gestione clinica, la diagnosi e il controllo del vettore anche attraverso una serie di WHO Collaborating Centres
– rafforzare la capacità dei laboratori per rilevare il virus
– supportare le autorità sanitarie per implementare le strategie di controllo dei vettori volte a ridurre le popolazioni di zanzare Aedes come la fornitura di larvicidi per il trattamento di siti di acqua stagnante che non possono essere trattati in altro modo, come la pulizia, lo svuotamento, e le coperture
– preparare raccomandazioni per la cura clinica e il follow-up di persone con il virus Zika, in collaborazione con esperti e altri enti sanitari.

Non ci sono restrizione sui viaggi e sugli scambi commerciali anche se si raccomanda di prendere precauzioni contro le zanzare. Queste alcune raccomandazioni contenute nel parere del Comitato di esperti Oms e approvate dal direttore Margaret Chan che ieri ha elevato il virus Zika ad Emergenza internazionale.

“Il Comitato – ha dichiarato Chan – ha consigliato che i recenti casi di microcefalia e altri disturbi neurologici riportati in Brasile, a seguito di un gruppo simile in Polinesia Francese nel 2014, costituisce un “evento straordinario” e una minaccia per la salute pubblica in altre parti del mondo. A loro avviso, è necessaria una risposta internazionale coordinata per ridurre al minimo la minaccia in paesi colpiti e ridurre il rischio di ulteriore diffusione internazionale. I membri del Comitato hanno convenuto che la situazione soddisfa le condizioni per una emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale”. Il direttore Oms afferma poi di aver “accettato questo consiglio” dichiarando l’Emergenza Sanitaria pubblica di rilevanza internazionale.

“È necessaria una risposta internazionale coordinata – sottolinea – per migliorare la sorveglianza, l’individuazione di infezioni, malformazioni congenite e complicanze neurologiche. Occorre intensificare il controllo delle popolazioni di zanzare e accelerare lo sviluppo di test diagnostici e vaccini per proteggere le persone a rischio, soprattutto durante la gravidanza. Il Comitato ha trovato alcuna giustificazione di sanità pubblica per le restrizioni sui viaggi e gli scambi per prevenire la diffusione del virus Zika. E allo stato attuale, le più importanti misure di salvaguardia, riguardano il controllo delle popolazioni di zanzare e la prevenzione dalle punture di zanzare in soggetti a rischio, soprattutto le donne in stato di gravidanza”.

di Umberto Buzzoni

Google e la start up Movidius per uno smartphone che riconosce volti e oggetti

Un essere umano oggi puo’ immediatamente riconoscere gli oggetti in una stanza e quantificarli: anche il telefono, un giorno, potrà farlo. Google e Movidius stanno lavorando insieme per rendere i nostri smartphone più intelligenti grazie all’apprendimento automatico.

Google con Movidius renderanno i nostri smartphone più intelligenti. Un essere umano oggi puo’ immediatamente riconoscere gli oggetti in una stanza e quantificarli: anche il telefono, un giorno, potrà farlo. Più in particolare, le telecamere nei nostri smartphone potrebbero presto essere dotate della tecnologia di machine learning (apprendimento automatico) che potrebbe aiutare gli utenti in molteplici situazioni.

In futuro ancora non ben definito, ma comunque vicino, potrà essere il nostro smartphone direttamente, e non una applicazione, a riconoscere il nostro volto o l’oggetto che si inquadra con la fotocamera. Infatti, Google sta collaborando con la start up Movidius, specializzata in chip, per integrare la tecnologia di riconoscimento di immagini e volti direttamente nei telefoni, a livello hardware e non software. E’ quanto riportato dal Wall Street Journal.

Movidius ha lavorato con Google prima su uno dei famosi progetti di Google, Tango Project. Utilizzando un insieme di telecamere e sensori, la tecnologia Movidius in Project Tango permette ai dispositivi di creare mappe tridimensionali di spazi interni, come della cucina o del salotto di una casa. Pertanto, gli smartphone futuri potrebbero avere la capacità non solo di sapere dove si trovano, ma anche dove si spostano nello spazio di un ambiente interno (tecnologia utile per la navigazione indoor).

Questa nuova collaborazione tra Movidius e Google non fa parte di un progetto a cui è stato dato un nome, ma potenzialmente serve a sviluppare un chip hardware da integrare nei telefoni del futuro in modo che riescano a capire cosa stanno guardando attraverso la fotocamera affinchè la fotocamera di uno smartphone sia l’occhio del dispositivo, in grado di capire chi o cosa si trova di fronte.

In qualche modo, questa capacità di riconoscimento di immagini e volti nei dispositivi Android è gia’ disponibile, solo che è a livello di software, contenuta in una applicazione. L’applicazione Google Foto già riconosce le persone e gli oggetti che si trovano nelle foto, a cui associa dei tag in base a cio’ che viene trovato e così le archivia – si possono poi facilmente trovare tutte le foto scattate a New York cercando ‘cnew york’ come parola chiave. L’applicazione di Amazon, invece, permette di cercare prodotti nel catalogo semplicemente inquadrando con la fotocamera il prodotto che si vuole cercare.

L’analisi artificiale delle emozioni tramite i volti umani è un tema caldo tra le aziende della Silicon Valley, in particolare negli ultimi due anni. Aziende importanti come Facebook e Google hanno investito pesantemente nel campo dell’intelligenza artificiale, apprendimento automatico, e riconoscimento delle immagini. Facebook, per esempio, ha sperimentato una tecnologia di riconoscimento facciale: una caratteristica che analizza le foto di un utente e suggerisce gli amici che trova in esse e quindi dovrebbe taggare, mentre un’altra caratteristica analizza il rullino fotografico dello smartphone per trovare le foto con gli amici sul social network. Facebook ha anche rilasciato Moments, un’applicazione che consente agli utenti di organizzare le loro foto raggruppandole per evento e amici.

di Umberto Buzzoni

Facebook e le dirette video aperte a tutti

Dopo aver cominciato a testare la funzione per alcune cerchie di utenti (dai vip alle pagine verificate di gruppi musicali e aziende), il social network in blu ha annunciato che i video Live saranno disponibili a tutti gli utenti. Sulle dirette video in streaming dallo smartphone, quindi, anche Facebook fa sul serio con quasi un miliardo e 600mila utenti. Una mossa che comincia a far tremare rivali ben più piccoli in termini di audience come Periscope di Twitter e Meerkat.

La novità riguarda per ora gli utenti dei dispositivi Apple e gli Stati Uniti. Nelle prossime settimane sarà estesa a livello globale: in Italia alcuni iscritti la stanno già sperimentando. E Facebook è al lavoro per portare i Live anche sulla piattaforma Android, ben più corposa in fatto di utenti. Per condividere i video live sarà sufficiente aggiornare il proprio status e selezionare l’icona Live Video. Sarà possibile aggiungere una descrizione e selezionare i gruppi di amici con cui si vuole condividere il video prima di andare in diretta.

Durante il live si potranno conoscere il numero degli spettatori, il nome degli amici che si sono connessi e si potrà visualizzare il flusso di commenti. Una volta terminata la trasmissione, questa verrà salvata sul proprio Diario. Il video potrà essere eliminato o conservato per permettere agli amici di vederlo in un secondo momento. I video in diretta dei propri amici appariranno direttamente nel proprio NewsFeed e, durante la visualizzazione, si potrà cliccare il pulsante “Iscriviti” per ricevere notifiche ogni volta che uno specifico profilo o una pagina sarà in diretta. Quello dei video è un segmento corposo per Facebook: sul social network si guardano 100 milioni di ore di video al giorno.

di Umberto Buzzoni

E-Kaia: il biocircuito che produce energia elettrica sfruttando la fotosintesi clorofilliana

Si chiama E-Kaia l’invenzione di tre studentesse cilene di ingegneria che sfrutta la fotosintesi clorofilliana per produrre energia elettrica ed alimentare la batteria di piccoli device. Questo biocircuito, una volta installato nel terreno adiacente a una ‪‎pianta‬ in buone condizioni, è in grado di trasformare l’energia solare in energia chimica dell’intensità di 5 volt e 600 milliampere, sufficiente per ricaricare il tablet o lo smartphone.

Il principio è semplice: durante la fotosintesi clorofilliana la pianta produce materia organica che le serve per crescere. I microrganismi presenti vicino le radici scompongono tali agglomerati organici per sprigionare energia, ma durante tale operazione alcuni elettroni vengono rilasciati come sottoprodotti. I raggi del sole, intanto, colpiscono i cloroplasti presenti nelle piante e l’acqua si scinde in ossigeno, protoni e neutroni. E’ in questa fase che interviene E-Kaia: attraverso un elettrodo il biocircuito cattura gli elettroni “in surplus” tramutandoli in energia elettrica. A questo punto, collegando il telefono al dispositivo tramite un’uscita USB si possono ricaricare gli elettroni della batteria in un’ora e mezza circa, senza mettere in pericolo la salute della pianta stessa. Carolina Guerrero, Camila Rupcich ed Evelyn Aravena che hanno inventato questa tecnologia eco-friendly puntano a lanciarla sul mercato a partire da dicembre 2016.

di Umberto Buzzoni