“Lo Scamorzaro” Ai confini dell’Alto Molise

umbmagNel piccolo Comune di Rosello, in provincia di Chieti, si trova l’Agriturismo Lo Scamorzaro, ove mi reco spesso per gustarne la cucina casereccia interamente di produzione propria, servita con simpatia e gentilezza dal personale sempre allegro e sorridente. “Lo Scamorzaro”, tappa obbligata per chi si trova nei dintorni per vacanza o per lavoro, deve il suo nome alle scamorze arrosto che vengono preparate e servite con maestria da chi ormai da diversi decenni si dedica con cura alla cucina casereccia in una location familiare e caratteristica per struttura e arredi che ricordano le tradizioni contadine del luogo. A poca distanza da Agnone, da Capracotta, da Pescopennataro, l’Agriturismo Lo Scamorzaro, non può non costituire un punto di ristorazione ove ritornare spesso per essere accolti con simpatia da Carmela, Concetta e Pina che si contraddistinguono per la loro disponibilità, cortesia e attenzione alle esigenze del cliente a cui consigliare gustose pietanze accompagnate dal vino della casa e concludere con l’ottimo liquore di genziana della casa. Inoltre, per gli amanti del verde e della montagna, di particolare rilievo la vicinanza con l’ Oasi Naturale Abetina presente nel Comune di Rossello, conosciuta soprattutto per il suo abete bianco, il cui esemplare ha raggiunto l’altezza di 47 metri, aggiudicandosi il primato di albero più alto d’Italia.
In un quadro di verde e tradizioni locali, di scoperte dei paesini circostanti e di passeggiate nell’oasi dell’abete bianco, tornare a Lo Scamorzaro è, ogni volta, come respirare il tempo passato, ma
sempre presente per atmosfere paesaggistiche e arte culinaria.

Umberto Buzzoni

foto: Carmela, Umberto,Concetta ePina.

L’Agriturismo Il Corazziere tra le montagne dell’Alto Molise

agrit2Nella ridente cittadina di Agnone, immersa nel verde lussureggiante dell’Alto Molise, ai confini
dell’Abruzzo, sorge l’Agriturismo Il Corazziere di Armando Masciotra.
Nonostante, mi rechi ormai da decenni nella regione Molise, non conoscevo la struttura ricettiva de
Il Corazziere che mi ha ospitato per alcuni giorni con capacità di accoglienza e di ospitalità tipiche
soltanto di una conduzione familiare.
Infatti, l’agriturismo, interamente gestito dalla famiglia Masciotra, si contraddistingue per la
ristorazione tipica molisana, costituita da prodotti freschi e genuini, nonché per la struttura
alberghiera dotata di 22 camere, che si affacciano sul panorama verdeggiante dei monti dell’alto
Molise.
Vacanza all’insegna del relax, dunque, della buona cucina, della gentilezza, cortesia e ospitalità dei
proprietari, nonché delle passeggiate nel verde, degli intrattenimenti lungo le vie dei paesi
circostanti, quali Capracotta, Pescopennataro, Petrabbondante, nota per il Teatro Sannitico e la
stessa Agnone, famosa anche per la Pontificia Fonderia di Campane Marinelli, conosciuta in tutto il
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Lieto di aver potuto assaporare e respirare l’ambiente pulito e gentile dell’agriturismo Il Corazziere,
non mancherò di farvi ritorno quanto prima per poter godere ancora della distensione e della buona
cucina all’interno di una cornice paesaggistica di eccezionale rilievo, ove il profumo del tempo si è
cristallizzato nei sui luoghi incontaminati.

di Umberto Buzzoni (Direttore Responsabile)

Gli alberi per l’acqua: senza foreste avremmo più sete

Ogni volta che aprite il rubinetto dell’acqua per riempire una teiera o una pentola per cuocere del riso o della pasta, pensate a chi lo ha reso possibile: una foresta. Potrebbe essere lontana cento o più chilometri dal luogo in cui vi trovate, ma è assai probabile che dobbiate la vostra tazza di the, almeno in parte, agli alberi che hanno contribuito a catturare l’acqua, e che l’hanno fatta filtrare per un lungo viaggio sino a voi.

L’importanza delle foreste per il ciclo dell’acqua non può essere sottovalutata. Esse rallentano il flusso dell’acqua, facendola filtrare delicatamente attraverso il suolo, garantendo stabili forniture per tutto l’anno, anche durante le stagioni più aride. Allo stesso tempo, le foreste filtrano l’acqua che entra nei fiumi, nei laghi, nei corsi d’acqua e nelle falde sotterranee, aumentando la qualità di questa risorsa vitale. Una ricerca in Burkina Faso ha dimostrato che un singolo albero può aiutare a ricaricare le falde acquifere, facendo sì che l’acqua non evapori dal suolo, grazie alle radici che consentono all’acqua piovana di filtrare più profondamente nel terreno, fornendo così acqua potabile pulita e sicura.

Lo stretto ed essenziale rapporto tra le foreste e l’acqua è il tema della Giornata internazionale delle Foreste di quest’anno, che si celebra il 21 marzo. La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, coglie quest’occasione per evidenziare il ruolo cruciale che le foreste svolgono nella fornitura di acqua di buona qualità per una popolazione mondiale in continua crescita. Oltre a garantire l’approvvigionamento di acqua potabile, la gestione delle foreste riduce la povertà mediante la creazione di posti di lavoro, aiuta a prevenire gli incendi boschivi, protegge i bacini idrografici e fornisce altri servizi, come la rimozione dell’anidride carbonica dall’aria che respiriamo.

fonte La Repubblica

Una giornata nella Pontificia Fonderia di Campane Marinelli

di Umberto Buzzoni

Recentemente sono stato invitato a visitare la famosa Pontificia Fonderia di Campane Marinelli dal proprietario Armando Marinelli. Insieme ad Armando ho potuto assaporare il trascorrere dei secoli nell’antica Fonderia, ove i profumi del bronzo, l’accurata artigianalità, e i suoni prodotti dalle campane sembrano aver fermato il tempo. Mille anni di storia avvolgono la Pontificia Fonderia, famosa in tutto il mondo per le campane costruite per tantissime occasioni.

Fiore all’occhiello della nostra Italia, l’unica Fonderia di quello che un tempo era un vasto settore occupato da molti “campanari”, ed oggi, ma ormai da decenni, è rimasta la sola a detenere il privilegio di costruire le campane apprezzate e richieste in ogni angolo del mondo. Come dimenticare le campane del Santuario di Lourdes e ancora, del Santuario di Medjugorje, e ciò solo per citare alcuni dei luoghi in cui le campane di Agnone fanno vibrare il loro suono e ricordare che la Fonderia Marinelli già agli inizi del secolo scorso, per la sua dedizione al settore religioso, ha ottenuto il titolo di Pontificia dal Papa Pio XI, oltre ad aver avuto il privilegio di ricevere le visite di diversi Pontefici, in ultimo Giovanni Paolo II, che si recò anche a visitare l’annesso Museo della Fonderia.

Biase Totaro, Umberto Buzzoni e Alberto Iaciancio

Biase Totaro, Umberto Buzzoni e Alberto Iaciancio

La visita – guidata direttamente dal proprietario Armando Marinelli – ha visto la presenza di Mauro Marinelli, cugino di Armando. Mauro Marinelli è Comandante della Polizia Stradale di Agnone che con spirito di grande abnegazione ha portato aiuto a tantissimi automobilisti in serie difficoltà durante le recenti nevicate, insieme agli uomini della sua squadra. Lavoro svolto con estrema passione dimenticando persino i giorni di festa. Altra presenza è stata quella di Alberto Iaciancio, Assistente Capo della Squadra Mobile di Isernia, giovane, ma già pluriencomiato per il lavoro svolto, grazie al grande intuito investigativo che lo contraddistingue, oltre ad essere da sempre in prima linea contro la criminalità organizzata.

E per concludere, la comitiva in visita alla Pontificia Fonderia è stata partecipata anche dal mio caro amico Biase Totaro, imprenditore, conosciuto nell’ambiente molisano per le sue spiccate doti di progettazione, di cordialità e disponibilità nei confronti di coloro che costantemente gli si rivolgono per il suo operato.

Una giornata, dunque, all’insegna della distensione, del profumo del tempo cristallizzato nel suono intramontabile delle campane di Angone, e oggi come ieri, come un millennio fa, Agnone fa risuonare l’antica Pontificia Fonderia Marinelli nello scenario mondiale, come se il tempo non fosse mai trascorso.

Cinema,“Il giovane favoloso”: Elio Germano è Giacomo Leopardi

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Dopo l’accoglienza al Festival di Venezia, – dove gli applausi ed i premi collaterali “Piccioni” (migliore colonna sonora) e “Pasinetti” (migliore interpretazione maschile) hanno supplito al mancato “Leone” – , ha raggiunto le sale cinematografiche italiane “Il giovane favoloso” per la regia di Mario Martone, ispirato alla vita ed al pensiero di Giacomo Leopardi.

Il poeta di Recanati rivive nella recitazione di Elio Germano, intensa e teatrale, tanto più nella necessità storica di contestualizzare i dialoghi, ricondotti al linguaggio ottocentesco, e di veicolare, con maggior immediatezza, la riproduzione lirica dei Canti e delle prose leopardiane.

La severità dell’educazione familiare, l’induzione paterna agli studi seppure amatissimi, la permanenza recanatese vissuta in termini di reclusione,  la triste compromissione fisica segnano il protagonista, che tuttavia reclama l’affrancamento delle meditazioni esistenziali dalla propria dolorosa esperienza, per ricondurne il flusso e l’esito all’immanenza del dubbio sulla condizione umana.

La trasposizione sul grande schermo passa per la fedele ricostruzione biografica e paesaggistica, ma soprattutto per la limatura dei nozionismi nel personaggio e dei formalismi scolastici nello spettatore: il reciproco annullamento consente, così, di mutuare la modernità del poeta nel presente e nel tempo assoluto dell’Uomo, come suggerisce la speculazione filosofica innescata dalle “Operette Morali”, delle quali il regista è puntuale conoscitore, nondimeno per l’adattamento per il teatro realizzato nel 2011 con Ippolita Di Majo, con lui sceneggiatrice del film.

Se infatti il primo cimento letterario privilegia la lirica della Natura e dei suoi elementi archetipici, la riflessione delle “Lettere”, dello “Zibaldone”, dei vari “Dialoghi”, incontrando la medesima fenomenologia naturale, ne propone, – nella rilettura di Mario Martone – , l’ingovernabilità e la distanza dagli uomini, gravati dalla sua “condanna” quale cessazione di amore, nell’accezione pasoliniana introdotta dalle “Lettere luterane”.

Così Leopardi-Germano anela invano all’amore della madre e di Fanny-Aspasia; mentre custodisce quello sordo del padre, trova conforto in quello tenero dei fratelli ed in quello leale dell’amico Ranieri, complice nel distacco dalla casa familiare e nel vagabondaggio letterario tra Firenze, Roma e Napoli.

Attraverso le tre città, infatti, si articola l’evoluzione del pensiero e della creazione artistica, dalla delusione dei circoli letterari fiorentini e dei retrivi paludamenti papalini romani fino alla vividezza partenopea, corrotta e carnale come nei passi di Malaparte, circense e cinematografica ante litteram come nelle scene di Fellini, attinta, – più in generale -,  alle stesse origini napoletane di Martone.

Il contrasto tra le buie passeggiate per i “bassi” rionali e la memoria dei colli marchigiani depone l’esasperazione della malattia e spinge, piuttosto, il protagonista verso il parossismo della meditazione cosmica, tra plurimi effluvi: i salmastri della terrazza di Torre del Greco, i febbrili dell’epidemia di colera, gli astrali del moto perpetuo dei cieli, i cinerei della artefatta eruzione vulcanica,  prelusiva alle tematiche de “La Ginestra”.

Oltre la prova attoriale di Germano e del cast, il risultato di congeniale prossimità allo spettatore è agevolato dalla fotografia di Renato Berta, realisticamente costruita sui luoghi biografici, – Casa Leopardi, la biblioteca del padre Monaldo, l’ “ermo colle” dell’ “Infinito”  – ,  e veristicamente pervasa dalla luminosità della pittura ottocentesca, chiamata a modellare plasticamente la rappresentazione femminile nelle pose raffinate, nei ricchi costumi e negli sguardi inquieti.

Ne scaturisce un esperimento concreto e concluso, diverso dall’evasione fantastica nel sogno d’amore di “Bright Star” (2009), il film di Jane Campion sul poeta John Keats. Fuori dagli accostamenti letterari, le due pellicole risolvono infatti la complessità del tema poetico in direzioni distinte: l’una, offrendo il sentimento alla dissolvenza luministica segnata dalla morte di Keats, come inscenata a Roma; l’altra, rimettendo all’immensità dell’Universo la recherche della mente e l’esercizio dell’anima, nella notte stellata del Golfo di Napoli, oltre ogni pessimismo professato.

Ed oltre la morte a Napoli, che il regista tace allo spettatore, traslandone l’assunzione a mito nel titolo del film, tratto dai versi di Anna Maria Ortese in  “Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi”:

 “Così ho pensato di andare verso la grotta, 
in fondo alla quale, in un paese di luce, 
dorme, da cento anni, il giovane favoloso.”

22 ottobre 2014

Petula Brafa