Condominio e condizionatori.

In vista dell’estate le vendite dei condizionatori sono aumentate ma non in tutti i casi l’installazione di tali prodotti avviene in maniera tranquilla. Se infatti ci capita di alzare il naso all’insù mentre camminiamo per strada, possiamo notare i balconi delle abitazioni, o le facciate di alcuni edifici, dove campeggia, grossa ed ingombrante, l’unità esterna dell’impianto di aria fredda. Quest’ultima può diventare il pomo della discordia e causare spiacevoli conseguenze al proprietario dell’appartamento: le più frequenti cause di litigi sono infatti legate alla rumorosità del condizionatore ed all’alterazione del decoro architettonico. Una delle lamentele più frequenti è legata al rumore generato dall’impianto soprattutto durante le ore notturne. Se il rumore risulta insopportabile, al punto tale da essere fastidioso, i vicini possono agire in giudizio per ottenere un risarcimento. Tuttavia non esiste un “diritto al silenzio assoluto” pertanto la rumorosità dell’impianto deve essere sempre valutata caso per caso. Su questo punto si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3440 dell’11 febbraio del 2011 affermando che “il limite di tollerabilità è relativo alla situazione ambientale, secondo le caratteristiche della zona, per cui tale limite è più basso in zone destinate ad insediamenti abitativi, ma è anche vero che la normale tollerabilità non può essere intesa come assenza assoluta di rumore. Si deve tenere conto della durata delle immissioni sonore se sono occasionali oppure continue”.

L’altro punto riguarda il decoro architettonico dell’edificio: installare il condizionatore comporta l’alterazione della facciata un intervento che, in alcuni casi, non è apprezzato da tutti. La regola generale è che nessuna opera individuale o decisa dall’assemblea può, se non c’è il consenso di tutti i condomini, alterare l’estetica dell’edificio. Il concetto di decoro architettonico si riferisce in sostanza proprio “all’estetica del fabbricato che è data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità”. Secondo la Cassazione l’alterazione “deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere”. L’installazione di un condizionatore può quindi essere illegittima se altera il decoro del palazzo in modo tale da comportare un danno, economicamente valutabile, tanto alle unità immobiliari quanto alle parti comuni. L’installazione dell’unità esterna dell’impianto sulla facciata comune non può avvenire nel caso in cui il regolamento condominiale vieta, in modo assoluto, qualsiasi tipo di modifica alla sagoma dell’edificio.

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Buzzoni Umberto

Il cane abbaia giorno e notte? Attenzione ai danni!

Se il vostro cane abbaia di continuo potreste essere costretti a risarcire i danni nel caso in cui gli altri condomini presentino lamentele. Ciò accade quando viene superata la normale soglia di tollerabilità e, il padrone dell’animale non si attiva per trovare una soluzione al problema. Nel caso specifico la proprietaria di un appartamento cita in giudizio la sua vicina di casa chiedendo al Giudice di porre fine alle immissioni rumorose provocate dall’incessante abbaiare del cane. Il Giudice di pace, ordina alla proprietaria dell’animale di adottare accorgimenti atti alla risoluzione della questione. Il provvedimento però resta inascoltato al punto tale che le due donne si ritrovano nuovamente ai ferri corti. La situazione infatti era divenuta insopportabile poiché, per ben tre anni, l’incessante abbaiare del cane aveva causato ansia e disturbi psichici alla signora che, costretta a subire, aveva maturato un danno biologico/esistenziale. Il Tribunale quindi in ragione delle circostanze venutesi a creare, a fronte delle conseguenze determinate dalla continua sopportazione di tali immissioni rumorose, riconosce il danno all’ integrità psico-fisica dichiarando fondata la domanda presentata dalla parte attrice.

Per quanto riguarda invece la domanda di risarcimento del danno formulata dall’attrice, il Giudice del Tribunale ha ritenuto la stessa fondata considerando che gli attori avevano riportato danni alla loro integrità psico-fisica risarcibili ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione e dell’articolo 2059 del Codice Civile. La sentenza, quindi, ha rilevato che nel caso di specie “si rientra nello schema generale di risarcimento del danno ex art. 2043 e, trattandosi di danno che incide su un diritto inviolabile della persona, il superamento dei limiti di tollerabilità può essere apprezzato quale danno ingiusto”. (Cass.civ. sez. III, 13 marzo 2007, n. 5844). Inoltre, la consulenza tecnica d’ufficio ha evidenziato che la continua esposizione degli attori ad un evento stressante, come quello del continuo ed incessante abbaiare di un cane anche durante le ore notturne, “ha determinato lo sviluppo di un episodio di malattia con caratteristiche sintomatologiche determinando un danno biologico di natura psichica”. Il Giudice ritenendo esaurienti le valutazioni effettuate dalla consulenza ha condannato la convenuta al risarcimento del danno biologico sopportato dagli attori.

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Buzzoni Umberto

Rapporti di vicinato, immissioni e rumori molesti.

L’art. 844 cod. civ. stabilisce che il proprietario puo’ impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dalla proprietà del vicino, se queste superano la normale tollerabilita’. La norma si applica anche nei rapporti tra comproprietari di un edificio in condominio, ed è diretta ad equilibrare i rapporti tra il proprietario che produce le immissioni (per ragioni legate all’esercizio di un’attività economica o al semplice godimento della sua proprietà) ed il proprietario confinante che subisce passivamente tali immissioni.(es. un supermercato ubicato al piano terreno di uno stabile condominiale).La valutazione circa la tollerabilità delle immissioni è demandata al giudice, che dovrà valutare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche di ogni specifica situazione.

La norma codicistica citata ha carattere dispositivo, per cui nulla vieta che i proprietari adottino (ad es. nel regolamento condominiale) norme diverse aventi maggior rigore: in tal caso la valutazione circa l’intollerabilità delle immissioni sarà effettuata alla luce dei criteri stabiliti nel regolamento condominiale. Al contrario, una norma permissiva delle rumorosità intollerabili (benché consentita dal regolamento), invece, dovrà “fare i conti” con l’art. 32 della costituzione, che garantisce il diritto alla salute, bene di rango superiore rispetto a quello del libero godimento della proprietà.

Poiché all’amministratore non compete la tutela del diritto alla salute dei singoli condomini, lo stesso non è legittimato a richiedere all’Autorità Giudiziaria i provvedimenti previsti dall’art. 844 c.c., spettando tale facoltà unicamente ai soggetti che si assumono danneggiati dall’intollerabilità delle immissioni; salvo che le immissioni intollerabili provenienti da un edificio attiguo non danneggino tutti i proprietari dello stabile condominiale, che in questo caso potrebbero autorizzare l’amministratore ad agire per la tutela della proprietà comune.

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Buzzoni Umberto

Condomini, ascensori e disabili.

Il caso preso in esame dalla Cassazione riguarda una persona disabile che, abitando ai piani alti di un condominio, decide di installare un ascensore per agevolare i propri spostamenti. Prima di far iniziare i lavori, il condomino in questione era però ignaro di una deliberazione presa in assemblea che autorizzava un simile intervento. Una volta cominciati i lavori però, il condominio si costituisce parte lesa in quanto l’installazione di un’ascensore avrebbe causato danni ai residenti sia per la limitazione delle aree comuni, sia perchè veniva messo a rischio l’edificio stesso. Di conseguenza il condominio si opponeva ai lavori. La vicenda finisce in tribunale e, la Cassazione esprime il suo verdetto nella sentenza num. 2156 del 14 febbraio del 2012 stabilendo che bisogna creare un equlibrio tra gli interessi in campo per far si che nessuna delle parti coinvolte ne risenta.

Quindi l’installazione è considerata legittima e i lavori, in ragione delle condizioni fisiche dei condomini residenti ai piani alti, dovevano proseguire. Come recita la sentenza: “a fronte del conflitto tra le esigenze dei condomini disabili abitanti ad un piano alto, praticamente impossibilitati, in considerazione del loro stato fisico, a raggiungere la propria abitazione a piedi, e quelle degli altri partecipanti al condominio, per i quali il pregiudizio derivante dall’installazione dell’ascensore si sarebbe risolto non già nella totale impossibilità di un ordinario uso della scala comune, ma soltanto in disagio e scomodità derivanti dalla relativa restrizione e nella difficoltà di usi eccezionali della stessa, ha adottato una soluzione equilibrata e conforme ai principi costituzionali della tutela della salute e della funzione sociale della proprietà, rimuovendo un grave ostacolo alla fruizione di un primario bene della vita, quello dell’abitazione, da parte di persone versanti in condizioni di minorazione fisica, al riguardo riconoscendo la facoltà agli stessi di apportarla proprie spese, una modifica alla cosa comune, nel complesso migliorativa, in quanto suscettibile di utilizzazione anche da parte degli altri condomini.”

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Buzzoni Umberto

Condominio: no al far west ed ai gavettoni tra vicini.

 L’inquilino che, al posto di rivolgersi al giudice, preferisce fare giustizia da sé rischia il carcere! Se risiedete accanto a locali aperti al pubblico durante le ore notturne e siete infastiditi da schiamazzi, via vai di gente e musica a tutto volume, rivolgetevi alle forze dell’ordine. In caso di inerzia da parte di queste ultime restate calmi poiché, anche se avete ragione e volete vendicarvi con atti ritorsivi, potreste essere accusati di reato. L’articolo 393 del Codice Penale sanziona il comportamento di chi, invece di ricorrere alla tutela giurisdizionale per far valere le proprie ragioni, ricorre alla violenza per opporsi a quelli che ritiene atti lesivi dei propri i diritti. La pena da scontare per questo delitto è notevole: il responsabile potrebbe finire in carcere per un periodo di un anno.

Ricorrere alla violenza non significa necessariamente far uso della forza o aggredire fisicamente qualcuno: qualsiasi azione lesiva dell’altrui libertà è considerata un atto di violenza, anche un semplice gavettone! Pertanto, anche gettare dell’acqua, specie se lurida, su qualcuno costituisce un atto violento, e può diventare il presupposto del reato di cui si discute. Il reato in questione tende a sanzionare proprio quei soggetti che credendo di essere nel giusto non tutelano le proprie ragioni nel modo che le norme del quieto convivere impongono, ossia rivolgendosi al Tribunale, ma ricorrono alla giustizia fai-da-te. Quindi state attenti: anche se l’afa notturna non dà tregua sarà meglio chiudere la finestra anziché spalancarla del tutto per affacciarsi col classico secchio di acqua fredda da rovesciare in testa ai presunti molestatori! Pazientate e, il giorno dopo, recatevi dal vostro avvocato o dai Carabinieri per denunciare l’accaduto.

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Buzzoni Umberto

Danni in condominio. Chi paga?

“Chi rompe i cocci paga” recita così un famoso proverbio circa le responsabilità da addossarsi in caso di danni. Cosa succede però quando i danni vengono fatti negli spazi comuni di un condominio? Tocca pagare all’inquilino o al proprietario? Supponiamo che in un condominio ci sia un appartamento in affitto. L’affittuario deve trasportare per le scale un mobile. Lo fa in maniera distratta danneggiando i muri delle scale e la pavimentazione delle stelle. Oppure ipotizziamo che si rompano le tubature di esclusiva pertinenza dell’appartamento provocando delle infiltrazioni a catena nelle parti comuni.  Entrambe le ipotesi prevedono un risarcimento e, a questo punto, chi è che paga?

Nel primo caso, ossia quando l’affittuario pecca di negligenza, è il locatore a doversi assumere tutte le responsabilità in quanto il suo comportamento scorretto ha leso uno spazio comune.  Per quanto riguarda invece il secondo caso entrano in gioco degli elementi strutturali che complicano la questione. Per sbrogliare la situazione viene in nostro aiuto la Corte di Cassazione che, in una sentenza in passato, ha avuto modo di specificare che “diversamente dalla responsabilità soggettiva, per dolo o colpa, prevista dalla norma generale di cui all’art. 2043 c.c., i successivi articoli 2051 e 2053 configurano invece ipotesi di responsabilità oggettiva, basata sul mero nesso materiale di causalità tra la res e l’evento dannoso. Allorquando, […], il fabbricato, dal quale sia derivato l’evento lesivo, sia stato dato in locazione, il riparto di responsabilità, ai sensi dell’art. 2051 c.c., tra locatore e conduttore è determinato dalla disponibilità giuridica e di fatto di esso, con la conseguenza che dell’evento stesso rispondono, alternativamente, l’uno o l’altro secondo il rispettivo ambito di disponibilità”. (Cass. 18 febbraio 2005 n. 3385).

La Cassazione quindi divide la responsabilità in due filoni: quello soggettivo e quello oggettivo. Come fare però a delineare i due ambiti in maniera ancora più netta? In questo contesto è quindi utile citare un’altra sentenza del tribunale di Salerno che aiuta a chiarire quali siano i “rispettivi ambiti di disponibilità”. Secondo tale sentenza “è noto che il proprietario locatore, conservando la disponibilità giuridica e dunque la custodia delle strutture murarie e degli impianti in esso conglobati, è responsabile in via esclusiva dei danni arrecati a terzi da tali strutture ed impianti, mentre il conduttore, acquistando la disponibilità delle altre partì dell’immobile (tra cui gli elementi esterni degli impianti, facilmente ispezionabili e sostituibili senza necessità di demolizioni) è responsabile in via esclusiva verso i terzi per i danni da queste cagionati”(cfr. da ult. Cass. 28.11.2007 n. 24737).  In sostanza, in relazione agli elementi strutturali dell’immobile, l’inquilino dovrà essere considerato responsabile per tutti quei danni provenienti da cose facilmente ispezionabili e riparabili, ossia senza che l’intervento conservativo necessiti di opere demolitive che per la loro importanza restano sempre in carico al locatore proprietario. E’ chiaro che non esistendo un dato legislativo certo per il riparto di responsabilità sarà sempre necessario valutare caso per caso se la regola generale appena esposta possa trovare completa applicazione.

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Buzzoni Umberto

Odori sgradevoli in condominio!

Gli inquilini di un condominio si lamentano continuamente: ogni giorno sentono provenire odori sgradevoli dalla cucina del bar sottostante. Come comportarsi per risolvere il problema? La legge riconosce, in questa circostanza, il reato di pericolo causato dalle emissioni moleste ai danni di terzi. La tranquillità e la quiete dei condomini vengono lese e le ripercussioni hanno un ruolo negativo sullo svolgersi delle normali attività delle persone. L’ articolo 844 del Codice Civile, però, stabilisce che “quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, vige il criterio della stretta tollerabilità condizionato dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l’emissione molesta”.

In questo caso, in mancanza delle disposizioni specifiche per valutare il danno provocato dagli odori molesti, subentra il concetto della tollerabilità che si basa sulle testimonianze dei diretti interessati. Quindi, una volta eseguite le indagini, se il fatto sussiste, il titolare dell’attività è condannato a pagare una multa per l’immissione dei fumi molesti. Ma non solo: egli è anche responsabile di occuparsi del risarcimento dei danni qualora essi si presentassero in futuro.

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Buzzoni Umberto