Stolker e giardino. Quando una brutta abitudine diventa reato.

Sporcare il giardino altrui o la proprietà del vicino è un gesto incivile ma, recentemente, è diventato un vero e proprio reato che rientra nella categoria dello “stalking”. La Cassazione ha emesso un provvedimento che punisce chi è colpevole di tale comportamento se, il gesto di sporcare la proprietà altrui è quotidiano ed ossessivo tale da creare nella vittima uno stato di ansia e paura per la propria incolumità. Nel caso specifico la Suprema Corte ha condannato un uomo che gettava ogni giorno nel giardino limitrofo del fratello, rifiuti di ogni genere (tra cui escrementi di animali o addirittura umani).

Il gesto è stato identificato come un atto persecutorio che ha costretto la vittima, indipendentemente dai rapporti tesi o no con la controparte ed alla natura dei rifiuti gettati, a cambiare le proprie abitudini di vita e non solo. Un comportamento ossessivo quindi legato ad un gesto molesto ha fatto scattare la denuncia che si è tramutata in una condanna per stalking. L’illecito civile nel caso specifico ha determinato nella vittima uno stato d’animo costante di ansia e preoccupazione tale che la Corte ha previsto anche un cospicuo risarcimento. State attenti a dove gettate i vostri rifiuti ed alla frequenza con cui lo fate: potreste diventare degli stalker!

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Stolker e giardino. Quando una cattiva abitudine diventa reato.

Sporcare il giardino altrui o la proprietà del vicino è un gesto incivile ma, recentemente, è diventato un vero e proprio reato che rientra nella categoria dello “stalking”. La Cassazione ha emesso un provvedimento che punisce chi è colpevole di tale comportamento se, il gesto di sporcare la proprietà altrui è quotidiano ed ossessivo tale da creare nella vittima uno stato di ansia e paura per la propria incolumità.

Nel caso specifico la Suprema Corte ha condannato un uomo che gettava ogni giorno nel giardino limitrofo del fratello, rifiuti di ogni genere (tra cui escrementi di animali o addirittura umani). Il gesto è stato identificato come un atto persecutorio che ha costretto la vittima, indipendentemente dai rapporti tesi o no con la controparte ed alla natura dei rifiuti gettati, a cambiare le proprie abitudini di vita e non solo. Un comportamento ossessivo quindi legato ad un gesto molesto ha fatto scattare la denuncia che si è tramutata in una condanna per stalking.

L’illecito civile nel caso specifico ha determinato nella vittima uno stato d’animo costante di ansia e preoccupazione tale che la Corte ha previsto anche un cospicuo risarcimento. State attenti a dove gettate i vostri rifiuti ed alla frequenza con cui lo fate: potreste diventare degli stalker!

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Storica la sentenza della Cassazione che rivoluziona il tema del divorzio!

I tempi sono cambiati ed anche le leggi vanno ritoccate ed adeguate ai nuovi standard di vita moderna. A tal proposito suscita un notevole clamore la recente sentenza della Corte di Cassazione che, pronunciandosi in merito all’assegno di mantenimento, rivoluziona i canoni finora seguiti. La svolta è basata sulla rivisitazione di un paramentro di riferimento fondamenale per l’attribuzione dell’assegno: non sarà più il “tenore di vita matrimoniale” a determinare l’importo dovuto all’ex coniuge. A tal proposito il rivoluzionario concetto introdotto con la sentenza si baserà sul “parametro di spettanza” che valuterà l’indipendenza e l’autosufficienza economica. All’assegno viene ora attribuito un carattere “assistenziale” così il matrimonio non è più la “sistemazione definitiva”, ma un “atto di libertà e autoresponsabilità”.

Vediamo nello specifico cosa cambia: secondo i giudici l’assegno divorzile può essere riconosciuto soltanto se chi lo richiede dimostri di non poter procurarsi i mezzi economici sufficienti al proprio mantenimento. Viene così spazzato via un principio sancito nel 1970 dalla legge 898 che ha introdotto il divorzio. La storica sentenza n. 11504 depositata nei giorni scorsi riguarda il divorzio tra un ex ministro e un’imprenditrice: i supremi giudici hanno respinto il ricorso con il quale la donna chiedeva l’assegno di divorzio già negatole con verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano nel 2014 che aveva ritenuto incompleta la sua documentazione dei redditi e valutato che l’ex marito dopo la fine del matrimonio aveva subito una “contrazione” dei redditi.

Secondo il nuovo parametro l’ex moglie non ha diritto all’assegno perché occorre “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva” perché è “ormai generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita”. Qunidi l’assegno di mantenimento non riguarderà più il “tenore di vita” ma avrà un semplice carattere “assistenziale”.

Cassazione: stop alle multe per i clienti di prostitute in strada

prosda Agi

Stop alle multe per chi viene sorpreso in auto mentre si accosta a una prostituta che attende clienti sul marciapiede. La sesta sezione civile della Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza con cui il giudice di pace di Pescara aveva respinto il ricorso di un uomo che era stato sanzionato per aver violato l’ordinanza del sindaco di Montesilvano che proibiva di “fermarsi con autoveicolo in prossimita’ di esercente il meretricio sulla via pubblica”. Il giudice di pace aveva confermato la sanzione, riducendola della meta’ (da 500 a 250 euro).
La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso dell’uomo sanzionato richiamando la recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, che, nel 2011, ha dichiarato illegittima la norma contenuta nel ‘pacchetto sicurezza’ varato nel 2008 con cui venivano assegnati poteri straordinari ai sindaci per l’adozione di “provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana, anche fuori dai casi di contingibilita’ ed urgenza”. La Consulta aveva sancito che tale disposizione violasse diversi articoli della Costituzione, perche’ non prevedeva “una qualunque delimitazione della discrezionalita’ amministrativa in un ambito, quello dell’imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di liberta’ dei consociati”, con la conseguenza che “gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci”. La Cassazione ha quindi inviato di nuovo gli atti al giudice di pace di Pescara, che dovra’ riesaminare il caso sulla base dei principi dettati dalla Corte Costituzionale.
“Spetta al giudice di merito – si legge nella sentenza degli ‘ermellini’ – il compito di valutare nuovamente la legittimita’ della disposizione posta a base della sanzione comunale, alla luce di principi sanciti dalla Corte Costituzionale in ordine ai poteri del sindaco in materia di sicurezza urbana”. Il giudice di pace “dovra’ quindi verificare – conclude la Cassazione – se l’ordinanza trovasse copertura normativa soltanto nella norma di legge dichiarata incostituzionale o fosse compatibile con il limitato potere in materia, abnormemente ampliato dal legislatore nel 2008”.

Incostituzionalita’ legge droga. Cassazione rinvia alla Corte

cannada Aduc

La Cassazione, 3a sezione, nell’udienza dello scorso 9 maggio, ha accolto la questione  di costituzionalità della legge che attualmente disciplina la droga (Fini-Giovanardi), inviandone il vaglio dei motivi  alla  Corte Costituzionale (il n° del provvedimento della sezione è il 1426 -2013 -000).
L’imputato è V. M., condannato in primo grado dal giudice Monocratico a Trento, dove era difeso dall’avv. Fabio Valcanover, con sentenza  dd 17.3.2010
L’ordinanza non é stata ancora depositata.
E’ la prima Corte di legittimità che si pronunzia affermando la non manifesta infondatezza; affermazione che costituisce una clausola di stile ancorchè con rilevanza giuridica.
E’ significativo che la Cassazione, letta l’argomentazione scritta (curata dallo stesso avvocato Valcanover) a sostegno della illeggittimità costituzionale, abbia deciso la non manifesta infondatezza della stessa.

RISPARMIO: LA CASSAZIONE CONFERMA. LE BANCHE DEVONO RIMBORSARE I RISPARMIATORI PER GLI INVESTIMENTI RISCHIOSI

da Codacons

ORA PIU’ FACILI LE AZIONI VERSO GLI ISTITUTI DI CREDITO CHE HANNO VENDUTO TITOLI SPAZZATURA
CHI POSSIEDE TITOLI PARMALAT, CIRIO, ARGENTINA, ALITALIA, LEHMAN  BROTHERS E TITOLI GRECIA PUO’ AGIRE PER RIAVERE INDIETRO I SOLDI PERDUTI

Con una clamorosa sentenza depositata pochi giorni fa, la Corte di Cassazione ha confermato l’obbligo per le banche di rimborsare i risparmiatori ai quali sono stati veduti titoli ad elevato rischio. Con la sentenza n. 6142 la Terza sezione civile della Cassazione ha ribadito la decisione della Corte d’appello di Genova che condannava un istituto di credito a risarcire due risparmiatori che avevano investito 169.000 euro in bond Argentina. I giudici hanno riconosciuto la consapevolezza da parte delle banche in merito all’imminenza del default  Argentina, e la mancata trasparenza da parte dell’istituto di credito che aveva omesso di informare i due clienti circa la rischiosità dell’investimento. A nulla sono valse le tesi difensive della banca, secondo cui i risparmiatori avevano firmato un modulo nel quale si accettavano espressamente le condizioni di investimento; per la Cassazione la dichiarazione resa dal cliente su un modulo predisposto dalla banca e da lui sottoscritto «in ordine alla propria consapevolezza, conseguente alle informazioni ricevute, della rischiosità dell’investimento e della inadeguatezza dello stesso rispetto al suo profilo di investitore, non costituisce dichiarazione confessoria, in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo». Questa sentenza è molto importante, perché chiarisce in modo definitivo le responsabilità delle banche nella vendita di titoli spazzatura, e facilita le richieste risarcitorie degli investitori – spiega il Codacons – Tutti i cittadini che hanno investito i propri risparmi in azioni e obbligazioni Cirio, Parmalat, Lehman Brothers, Argentina, e titoli Greci, possono agire attraverso l’associazione per riavere indietro i soldi perduti, seguendo le indicazioni riportate sul sito www.codacons.it Per quanto riguarda i possessori di titoli Alitalia – spiega il Codacons – costoro possono inserirsi nel processo in corso a Roma al fine di ottenere il rimborso dei propri investimenti. Già 500 risparmiatori rappresentati dall’associazione sono stati ammessi come parte civile all’interno del processo, e potranno veder soddisfatte le proprie pretese economiche.

La TIA e’ un tributo e non puo’ essere gravato di Iva. Cassazione. Esigere i rimborsi

da Aduc

La Tia1 è un tributo e non è soggetto ad Iva. Non rileva la qualificazione patrimoniale della Tia2, poiché si tratta di due prelievi formalmente distinti. Così la Corte di Cassazione, con sentenza 3756 depositata il 9/3/2012 sull’applicazione dell’Iva sulla tariffa rifiuti in relazione all’articolo 49, del decreto legislativo 22/97 (Tia1).
La sentenza va contro la prassi amministrativa del dipartimento delle Politiche fiscali, che con la circolare 3/2010 aveva ravvisato continuità tra Tia1 e Tia2 (articolo 238, dl 152/06) sì che la Tia1 sarebbe un’entrata patrimoniale, e quindi soggetta ad Iva.
In virtu’ di questo i gestori del servizio rifiuti avevano addebitato l’imposta agli utenti.
La sentenza 238/09 della Corte Costituzionale, pero’, aveva invece dichiarato la natura tributaria della Tia1, ravvisando continuità tra Tariffa e Tarsu, Ma la medesima pronuncia della Corte precisava, in mancanza
dello specifico regolamento attuativo, di non poter prendere posizione sulla Tia2.
La sentenza consenti’ l’avvio di rimborsi da parte degli utenti.
In seguito, con l’articolo 14, comma 33 del Dl 78/2010, si è stabilito che la tariffa è un’entrata patrimoniale e dunque soggetta a Iva, ma questo (per un errore del legislatore?) per la Tia2 e non per la Tia1. E’ quindi intervenuto il dipartimento delle Politiche fiscali che, con la circolare 3/2010, diceva che la Tia2 può essere applicata sulla base dei criteri stabiliti nel Dpr 158/99 su cui si fonda la Tia1. Per cui Tia1 e Tia2 sono entrambe considerate entrate patrimoniali, e quindi soggette ad Iva.
Per la sentenza di ieri della Cassazione le conclusioni delle Finanze “sono frutto di una forzatura logica del tutto inaccettabile”: non si vede come la successione logico-giuridica di due entrate possa generare in automatico l’identità della loro natura.
La sentenza ha pertanto rilevato che la Tia1 e’ un’entrata tributaria.
Per questo i rimborsi possono essere chiesti al proprio gestore del servizio rifiuti tramite raccomandata A/R di messa in mora.