Controlli del Fisco: come tutelarsi.

E’ notizia recente che qualsiasi cittadino privato o professionista possa subire un controllo fiscale sui propri conti al fine di accertare la presenza di redditi non dichiarati. L’Agenzia delle Entrate, in caso di dubbi su azioni sospette, può infatti richiedere alla banca documenti relativi alle operazioni effettuate dal soggetto. Il Fisco infatti può, per legge, “presumere” che versamenti e prelievi su conti correnti possano essere dovuti a ricavi in nero conseguiti durante l’esercizio dell’attività professionale, se il contribuente non riesce a dimostrare il contrario. Ad oggi per separare le operazioni commerciali da quelle private si usa aprire conti correnti diversi: tuttavia molti professionisti utilizzano il conto personale per versare assegni ricevuti come pagamento di prestazioni lavorative o per pagare le tasse.

In tali casi, secondo la legge, la suddetta “presunzione legale” si applica anche all’ipotesi di intestazione di rapporti bancari a terzi che si ha motivo di ritenere legati al reddito del contribuente. Se il reddito annuo del professionista oggetto di controllo non è tale da giustificare l’ammontare dei versamenti sul conto, il fisco può presumere che si tratti di somme derivate da attività svolte in nero, con la conseguente tassazione delle stesse con sanzioni ed interessi. Come difendersi in caso di “presunzione di evasione fiscale”? Bisogna dimostrare la provenienza legittima degli importi: per ogni operazione effettuata tramite conto corrente è necessario compilare la causale indicando nella stessa gli estremi della fattura di riferimento. Per le erogazioni di denaro effettuate tra familiari a titolo di donazione è buona norma sottoscrivere una scrittura privata tra le parti con data certa. Infine bisogna conservare sempre una copia di ricevute, fatture e scontrini per giustificare prelievi e spese effettuate.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Licenziamento sul lavoro e fumo.

Fumare una sigaretta durante una pausa lavorativa può essere motivo di licenziamento? La risposta è affermativa dipende però da alcuni fattori ad esempio dal tempo impiegato e dal luogo in cui si fuma. Durante la pausa, solitamente della durata di dieci minuti, il dipendente può fare in libertà qualsiasi azione bere un caffè, chiacchierare con i colleghi, concedersi una sigaretta senza essere licenziato. Tuttavia per la questione “fumo” il lavoratore è obbligato a rispettare i divieti aziendali posti a tutela dei non fumatori ed andare in uno spazio aperto oppure al di fuori dell’azienda stessa. In caso di comportamento errato si rischia il licenziamento.

Qualche eccezione alla regola esiste: ad esempio, non è possibile fumare all’aperto nei pressi degli ospedali, delle università o delle scuole, a meno che non siano state stabilite dalle stesse strutture apposite aree per i fumatori. Una sentenza emessa dal Tribunale di Monza ordinò il reintegro di un dipendente per colpa di una sigaretta accesa all’aperto in orario di lavoro. Il giudice impose all’azienda anche il pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento illegittimo a quella del reintegro. Veniamo ad un’altra questione: qual è il comportamento corretto del datore di lavoro? Lui è responsabile della tutela della salute dei dipendenti controllando ciò che succede in azienda, nei corridoi, nei bagni. Quindi, chi viene sorpreso in pausa a fumare in un luogo vietato sarà sottoposto ad un provvedimento disciplinare oppure, nei casi più gravi al licenziamento specie se il comportamento viene ripetuto più volte nonostante la presenza di materiali infiammabili. In questo caso si configura la “giusta causa” perché l’abitudine del lavoratore crea un pericolo per l’azienda.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

La truffa del resto.

E’ una truffa vecchia come il mondo, ma attuale come non mai. Colui o colei che la mette in atto punta sulla distrazione del commerciante e sulla folla di clienti che in quel momento è presente nel negozio. Ma non solo: sfrutta un meccanismo psicologico che induce il negoziante a provare un senso di imbarazzo e vergogna nell’aver sbagliato a fare i conti sebbene quei gesti, di aprire e chiudere la cassa per ridare il resto, siano usuali.L’obbiettivo, in sostanza, è quello di farsi consegnare dal cassiere un resto non dovuto. Il meccanismo più usato è pagare l’acquisto del bene con banconote di taglio grosso anche se l’importo della spesa è minimo.
Ecco alcune situazioni tipiche. LA BANCONOTA MANCANTE: al momento di ritirare il resto, il cassiere viene distratto da un complice, mentre il truffatore nasconde una delle banconote ricevute. La truffa scatta quando al cassiere vengono mostrate le banconote che si hanno in mano, che non corrispondono al resto esatto. A quel punto il malvivente invita il commerciante ad aggiungere quanto manca. “MI SCUSI, HO CAMBIATO IDEA” : dopo aver acquistato qualcosa con una banconota di taglio grosso, il truffatore dice di cambiare idea e, con una scusa, chiede di restituire il bene acquistato per riavere i soldi indietro. Al momento del reso il truffatore sostiene di aver ricevuto un resto inferiore al dovuto. “GUARDI LE HO DATO DI PIU’ “: il truffatore paga la merce e riceve il resto, per poi sostenere di aver dato al cassiere una banconota di taglio più grande. “Guardi che le ho dato cento euro ma lei mi ha dato il resto di cinquanta”!

Questa è la frase chiave dell’imbroglio a cui bisogna prestare attenzione. LA BANCONOTA FALSA: il truffatore paga l’acquisto con una banconota falsa, in modo da ottenere beni e servizi gratis e “ripulire” le sue tasche dalle banconote fasulle in possesso. COME DIFENDERSI. Prestate attenzione quando vi porgono banconote di grosso taglio per pagare acquisti di importo basso; in questi casi non lasciatevi distrarre dalla confusione o dalla fila che si crea alla cassa. Date precedenza all’urgenza della situazione per non diventare vittime di truffatori senza scrupoli. Verificate sempre l’autenticità delle banconote poiché, sempre più spesso, si trovano in giro quelle falsificate. Le più comuni sono quelle da 20 e 50 euro. Se aguzziamo l’occhio però possiamo riconoscerle nel momento stesso in cui ci capitano in mano. Ad esempio dalla consistenza della banconota falsa che è diversa da quella vera. La banconota sembra infatti carta straccia e, se la strofiniamo con due dita, ci accorgiamo che non emette lo stesso suono di una banconota normale. Altro modo per testare se la banconota è vera è quella di girarla verso la parte dove c’è la striscia dorata che viene impressa sulla sua superficie. Se la fascia è presente la banconota è vera. Se la fascia dorata non c’è quello che abbiamo in mano è solo un pezzo di carta senza valore.Infine, qualora vi troviate in presenza di un qualsiasi tipo di situazione strana o anomala non esitate a chiamare i carabinieri.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Occhio alla truffa del “Registro Italiano” via mail.

Segnaliamo una nuova truffa che colpisce le aziende che si pubblicizzano on line con siti internet. Ecco il testo della mail che arriva all’indirizzo di posta elettronica del titolare dell’attività: “Gentili signori/e, i dati della vostra azienda necessitano un aggiornamento: si prega di inserire le informazioni (nome dell’azienda, sede, telefono, partita iva e sito web) compilando il modulo in allegato.”State attenti poiché si tratta di una mail ingannevole che vi informa in prima battuta dell’obbligo di aggiornare i dati aziendali. A questa segue in allegato il modulo da compilare ed inviare all’indirizzo del mittente. Si tratta però di una vera e propria truffa ovvero un’offerta commerciale nascosta: inviando il modulo con i dati “aggiornati” dell’azienda si accetta l’inserzione a pagamento in cataloghi di imprese, che può costare cifre notevoli ad esempio quella della “DAD” di Amburgo (Deutscher Adressdienst GmbH), ha un costo di 958,00 euro l’anno.Veniamo ora ad un altro interrogativo: dove hanno preso l’ indirizzo di posta elettronica?

I dati di ogni proprietario di sito web, a meno che non siano stati nascosti a pagamento, sono pubblici nei whois e con un semplice programma, accessibile anche a chi ha cattive intenzioni, è possibile ottenere dati sensibili, da usare per scopi loschi. Negli ultimi mesi l’Autorità ha ricevuto centinaia di segnalazioni di imprenditori e di istituzioni pubbliche che si sono visti intimare il pagamento per l’iscrizione nelle guide, pari mediamente a circa 1000 euro, avvenuto proprio per effetto delle comunicazioni ingannevoli. L’Autorità ha quindi deciso di inviare alla Procura della Repubblica di Roma, che ha aperto un fascicolo. L’Antitrust ricorda che i destinatari delle richieste di pagamento possono presentare formale querela alle Autorità giudiziarie competenti e che la comunicazione ingannevole può rappresentare motivo di invalidità del contratto. Chi riceve le comunicazioni per l’inserimento di dati su guide internet deve quindi leggere attentamente i moduli prima di decidere se sottoscriverli: fate molta attenzione se avete ricevuto comunicazioni via email o lettera in cui vi viene richiesto di confermare o aggiornare i vostri dati, poiché si tratta di vere e proprie truffe.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Dal primo luglio sparirà la scheda carburante.

La nuova legge di bilancio prevede moltissime novità: una di queste riguarda la scheda carburante che dal primo luglio verrà abolita. Al suo posto dovranno essere effettuati pagamenti tracciabili, tramite bancomat o carta di credito, dietro emissione di fattura elettronica a cura del benzinaio dove si effettua il pieno. La decisione presa dal governo in merito riguarderà quindi tutti quei professionisti o aziende che detraggono dalla dichiarazione fiscale i costi del carburante al fine di arginare il fenomeno delle “spese gonfiate” per pagare meno tasse.

La legge, è ancora in discussione, e prevede l’introduzione del comma 1-bis nell’art. 164 del TUIR, secondo cui le spese sostenute per comprare il carburante saranno deducibili solamente se effettuate con carte di credito, prepagate o di debito. Ovviamente la notizia rivoluzionaria ha creato il caos soprattutto per i benzinai che temono di non potersi mettere in regola in così breve tempo. I dubbi sono legati soprattutto all’obbligo di emettere la fattura elettronica, che non potrà essere formulata in tempo reale. Secondo le prime stime ci sarebbe però un rimedio rappresentato dall’uso di carte ricaricabili o di credito emesse dalle aziende petrolifere per pagare i rifornimenti. In questo modo l’acquisto del carburante potrebbe essere fatturato direttamente dalle compagnie a fine mese, consentendo ai professionisti di ricevere in poco tempo i dati necessari per accedere alle detrazioni fiscali.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

Foto di minori su facebook: i genitori rischiano multe salate!

I social network fanno parte della nostra vita quotidiana e con foto e stati d’animo pubblichiamo gran parte del nostro vissuto. Occhio però a postare foto di minorenni: sono previste infatti sanzioni che vanno fino ai diecimila euro! L’avviso è rivolto in particolare ai genitori i quali pubblicando le foto dei loro figli vanno incontro a tale rischio. La sentenza che regola la questione è recente ed è stata emessa dal tribunale di Roma il 23 dicembre 2017. Secondo la stessa, il giudice può ordinare la rimozione delle immagini dei minori postate sui social network e può decidere anche il pagamento di una multa in favore dei figli.

Il caso è quello di un ragazzo sedicenne che ha chiesto “tutela” contro la madre che postava di continuo foto e commenti. Alla madre la sentenza inibirà la diffusione sui circuiti social di immagini ed informazioni relative al figlio, nonché le imporrà l’obbligo di rimuovere, entro il 1 febbraio 2018, tutti i contenuti relativi al minore. Se il comportamento della donna dovesse essere recidivo sarà costretta a pagare 10 mila euro di sanzione. La decisione del giudice prende spunto dall’articolo 96 della legge sul diritto d’autore che prevede che il ritratto di una persona non può essere esposto senza il suo consenso, tranne in alcuni casi eccezionali. Inoltre i minori godono di maggiori tutele come recita l’articolo 16 della convenzione sui diritti del fanciullo approvata nel 1989.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile

E’ tempo di saldi!

In Basilicata e Valle d’Aosta i tanto attesi saldi sono già cominciati, rispettivamente il 2 ed il 3 gennaio, mentre per le restanti regioni italiane la data è fissata a domani 5 gennaio ad eccezione della Sicilia dove il giorno d’inizio coinciderà con la festa dell’Epifania. Per i consumatori è il momento ideale per fare affari e portare a casa beni di qualsiasi genere a prezzi scontati.

Occhio però ad evitare brutte sorprese e, per scongiurare il rischio, ecco alcuni consigli: sul cartellino devono essere obbligatoriamente indicati il vecchio prezzo, la percentuale di sconto ed il prezzo finale; la merce in saldo deve essere tenuta in scaffalature diverse dai prodotti venduti a prezzo pieno; i negozianti sono obbligati ad accettare il pagamento con carte di credito anche durante i saldi. Dopo l’acquisto conservate sempre lo scontrino: anche i capi in svendita si possono cambiare, in caso non sia possibile, ad esempio perché il prodotto è finito, avete diritto alla restituzione dei soldi. In caso di truffe il Codacons consiglia di chiamare i vigili urbani.

Umberto Buzzoni
Direttore Responsabile