Oggi vi vogliamo parlare di un argomento che interessa direttamente o indirettamente milioni di italiani. Ci riferiamo alla ulteriore privatizzazione di una fetta importante di Poste Italiane Spa. Il governo Meloni infatti ha deciso di mettere sul mercato importanti gioielli di famiglia tra cui appunto Poste Italiane e Trenitalia. Cercando di rimanere il più possibile distanti da ogni tipologia di logica politica vorremmo esprimere il nostro giudizio come giornale che si occupa di economia per i consumatori. Partiamo da un dato certo e inconfutabile. Poste italiane da anni genera utili che finiscono direttamente nelle casse dello Stato ed è una fattispecie tutt’altro che scontata quando si parla di aziende a partecipazione pubblica. La domanda quindi sorge spontanea. Qual è la convenienza di questa operazione? A nostro modesto parere non c’è una chiara logica dietro questa privatizzazione. E’ chiaro che se ci confrontiamo con la situazione che era presente negli anni antecedenti al 2000 quando le Poste erano un carrozzone gonfio di personale e poco efficiente poteva essere plausibile mettere sul mercato una importante fetta dell’azienda cosi come poi e stato (circa il 30%) per permettere ai privati di entrare nella proprietà e avviare un processo di miglioramento dal punto di vista logistico organizzativo.
Dopo la privatizzazione, infatti sono aumentati gli indici di controllo dell’operatività e della produzione. Oggi la maggior parte della posta viene tracciata ed e veramente difficile perdere il controllo della giacenza all’interno dei casellari. Ci sono stati però anche dei contro. Il primo è stato sicuramente l’aumento del precariato con l’assunzione di tantissimi ctd (contratto a tempo determinato). Un tempo il postino era legato al territorio e aveva un rapporto empatico con gli utenti. Oggi questo avviene in maniera minore. Tanti ctd si spostano da una zona all’altra ed è difficile risolvere le problematiche relative alla conoscenza del territorio. Tantissima posta torna indietro. C’è un altro elemento però che secondo noi è ugualmente importante ed è la percezione che i cittadini hanno dell’azienda. Poste Italiane viene associata allo Stato ed è per questo che tantissime persone le affidano i loro risparmi. A differenza delle banche che non operano sempre in maniera limpida, le Poste non hanno mai rifilato “fregature” nei loro uffici (vedi bond spazzatura). Il timore è che l’ingresso di nuovi privati spinga sempre più verso la politica dell’utile a tutti i costi. Se le persone perdono la fiducia in Poste le stesse perdono quel ” quid “che le differenzia dagli altri competitor. Dunque, considerando sempre i numerosi ricavi che Poste ha assicurato in questi anni allo Stato per noi la privatizzazione non è stata una scelta giusta. Perché vendere le aziende che vanno bene? La risposta ce la possono dare solo coloro che hanno preso questa decisione. Il tempo sarà giudice.
Direttore Umberto Buzzoni
Avv. Anna Maria Calvano